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(Ansa)
Calcio

Casini nuovo presidente Lega, ha vinto Lotito

Alla fine i presidenti hanno eletto il successore di Del Pino, con il minimo dei voti possibili, 11 dopo una miriade di nomi bruciati

Per eleggerlo è stato sufficiente il quorum minimo richiesto dalle regole della Lega Serie A, dopo settimane di votazioni andate a vuoto e nomi bruciati. Ne ha presi 11 Lorenzo Casini per diventare il nuovo numero uno della Confindustria del pallone, il successore del fuggitivo Dal Pino – trasferitosi negli States per scelta professionale e di famiglia, ma comunque ormai in rotta con la base amministrata – e l’uomo che dovrà cercare di traghettare la Serie A fuori dal momento di crisi che sta vivendo. Non una novità, anche se i venti della guerra ucraina e delle conseguenze sull’economia generale rischiano di trasformarsi in gelata primaverile rispetto alla timida ripresa degli ultimi mesi.

Professore ordinario di Diritto amministrativo presso la Scuola IMT Alti Studi di Lucca e capo di Gabinetto del Ministero della cultura con il ministro Franceschini, Lorenzo Casini è stato eletto senza i voti delle big. Spinto dall’immortale (politicamente), Claudio Lotito e dal presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, che si è affrettato a salutarne la proclamazione con un messaggio che è la sintesi del perché anche Casini dovrà sudare le sette camicie per provare a interpretare in maniera costruttiva il suo ruolo: “Benvenuto a Lorenzo Casini nuovo Presidente della Lega Calcio. Una figura di grande rilievo e di esperienza strategica. Potrà dare una svolta con l’aiuto di tutti i Presidenti” gli ha scritto. Ecco, il problema è proprio qui.

Salire al trono con la risicatissima maggioranza prevista dall’ultimo quorum non è mai stato il viatico migliore, anzi. Chiedere a chi ha preceduto Casini in questa esperienza con l’aggravante che, questa volta, il fronte si è davvero spaccato. Chi lo ha voluto? A scrivere il suo nome dovrebbero essere state Lazio, Napoli, Fiorentina, Udinese, Venezia, Salernitana, Genoa, Sampdoria, Verona, Empoli e Spezia. Senza voler augurare il male a nessuno, il rischio è che tre di questa a giugno non facciano più parte del consesso perché retrocesse in serie B e non è detto che chi subentra la pensi come loro. Anche perché le big hanno tentato fino all’ultimo a far saltare l’elezione sperando di presentare al turno successivo un nome condiviso da una maggioranza più larga come quello dell’attuale presidente del Credito Sportivo, ed ex capo della Serie B, Andrea Abodi.

Anche lui al centro di un’intensa attività di killeraggio – al pari dello stesso Casini – per discutere l’eventuale candidabilità. Alla fine Lotito, De Laurentiis e gli altri hanno vinto. Per quanto? Si vedrà. La storia recente di via Rosellini consiglia a Casini di non affezionarsi troppo all’ufficio e alla poltrona perché dopo la fine dell’era Beretta (2010-2017 con in mezzo una conferma) le porte hanno cominciato a girare vorticosamente. C’è stato il reggente Enzo Maria Simonelli, i due commissari Carlo Tavecchio e Giovanni Malagò (2017 e 2018), poi Gaetano Micciché dimessosi appena in tempo prima di essere impallinato per i ricorsi sulla modalità della sua acclamazione, quindi Mario Cicala ad interim, Giancarlo Abete altro commissario per qualche settimana e infine il già citato Paolo Dal Pino, operativo dal gennaio 2020 al 1° febbraio 2022. Due anni pieni di casini (con la c minuscola) e guerre interne, dai diritti tv assegnati a una OTT come svolta storica all’ingresso abortito dei fondi fino ad arrivare alla questua (senza esito) per farsi riconoscere ristori dal Governo per un’industria in profondo deficit.

Ora toccherà a Lorenzo Casini (questa volta con la C maiuscola) provarci. L’esperienza al fianco del ministro Franceschini potrebbe essergli utile, visto che spesso in questi mesi i padroni del calcio si sono chiesti come mai cinema, teatri, musei e il mondo della cultura in generale fosse riuscito nell’impresa di farsi riconoscere oltre un miliardo a fondo perduto – causa Covid – contro i pochi spiccioli concessi al pallone. Si parte da qui. Per quanto, vedremo.

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Giovanni Capuano