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Calcio

Crisi Inter, tutti gli errori di Conte

Dalla gestione dei rapporti con il club alle difficoltà con Eriksen: così il tecnico ha logorato il suo rapporto con Marotta e con i club - FLOP INTER, E' IL FALLIMENTO DI CONTE

Il fallimento (quasi certo) in Champions League e le difficoltà nella fase d'approccio della stagione hanno aperto il processo ad Antonio Conte. Questa è la sua Inter ed è difficile non trovare responsabilità nelle scelte di un tecnico sbarcato a Milano perché fortemente voluto dal suo mentore Beppe Marotta, pagato più di ogni altro nel calcio italiano e che solo raramente ha inciso come valore aggiunto sul rendimento della sua squadra. Tracce di Conte si sono viste all'inizio, quando ha cominciato a lavorare imponendo nuove regole in un ambiente da troppo tempo senza mentalità vincente. Poi il buon finale della scorsa stagione, il secondo posto a meno uno dalla Juventus e la finale di Europa League persa contro il Siviglia. In mezzo un lungo momento di flessione e tante, troppe, parole polemiche rivolte al club.

Poi questo autunno che rischia di bruciare le speranze di un ambiente ormai maturo per cercare di vincere e che, pur facendo i conti con la crisi da Covid, ha comunque investito tanto per consegnare al suo allenatore una rosa forte e competitiva. I risultati non stanno arrivando e il senso di smarrimento è forte.

TROPPA RIGIDITA' TATTICA

La prima critica che viene rivolta a Conte è di natura tattica. Si è ancorato al suo 3-5-2 e non cambia mai, al massimo usa la variante con un centrocampista che sale alle spalle delle due punte (Barella). E' vero che ha avuto pochissimo tempo per allenare tra estate compressa, impegni delle nazionali e un calendario folle, ma è pur sempre al secondo anno e non si vede un piano B al modulo principale.

La rigidità si traduce in campo in una ricerca spesso ossessiva della palla su Lukaku, imprescindibile, con difficoltà a trovare equilibrio. Il tentativo di alzare il baricentro ha tolto protezione alla difesa: 20 gol incassati e due soli clean sheet. Con l'aggravante che i problemi si sono ripetuti anche una volta fatto un parziale passo indietro certificando l'impossibilità di giocare con due esterni offensivi in contemporanea.

MANCA FURORE

All'Inter manca furore ed è una sorpresa viste le caratteristiche del suo tecnico. E' come se si fosse spenta la luce e il simbolo di questa apatia è Vidal, voluto fortemente dallo stesso Conte e deludente ogni immaginazione. Non solo il cileno, però. Anche un altro uomo d'esperienza come Kolarov sta fallendo, mettendo in discussione il dogma contiano che all'Inter servisse un'iniezione di carattere anche a costo di penalizzare la carta d'identità.

Il leccese spesso si è lamentato del mercato interista. Negli ultimi due mesi ha smesso di farlo, pur non mancando di sottolineare le difficoltà dovute al periodo, e però è un fatto che le sue scelte sono state fin qui non funzionali a un miglioramento. A questo si aggiunge la gestione di Eriksen, talento non voluto e mai integrato. Ci sono anche colpe del danese, ma la passerella negli ultimi minuti della sfida con il Real Madrid è parsa un atto di sfregio inutile.

LE TANTE PAROLE FUORI POSTO

Conte della scorsa stagione era un martello e spesso le sue parole hanno messo in difficoltà l'Inter. Continui attacchi alla dirigenza e alla proprietà, delegittimazioni dei suoi giocatori (ricordate le sferzanti riflessioni dedicate a Barella dopo Dortmund), i panni sporchi continuamente lavati in pubblico. Ad agosto ha rischiato il licenziamento, prima dell'incontro di villa Bellini e della conversione.

Conte di questa stagione è diventato un temporeggiatore. Ama parlare del "percorso" senza citare il traguardo che non può che essere lo scudetto. Ha come anestetizzato l'ambiente, obbligando se stesso e tutti gli altri a negare l'obiettivo dichiarato. E' un altro modo di scaricare responsabilità di fronte alle attese che non possono che essere alte e che, invece, vengono rifuggite puntualmente nascondendosi dietro a spiegazioni a volte incomprensibili. Un esempio? Il Real corsaro a San Siro era piegato dalle assenze e lui ha detto che finalmente era stata l'occasione per vedere la "differenza" tra i due gruppi.

SE SI TORNASSE AD AGOSTO...

Tanti tasselli fuori posto e il tempo per sistemarli che ormai sembra essersi consumato così come la pazienza dei tifosi interisti. La tensione dei mesi scorsi ha logorato anche il rapporto con Marotta, suo principale alleato tanto da aver scommesso su di lui convincendo Zhang a riconoscergli un triennale da 60 milioni lordi. Soldi che ora sono una prigione e che lo sono stata anche in estate. Al di là delle spiegazioni ufficiali, è evidente come il club non se la sia sentita di esonerare un tecnico così pesante sul bilancio, già peraltro gravato da due anni di stipendi a vuoto pagati a Luciano Spalletti.

Ecco. La madre di tutte le colpe è stata quella. Non creare le condizioni ragionevoli perché in agosto Conte e l'inter si salutassero. Sarebbe stata la soluzione migliore per tutti e avrebbe fatto arrivare ad Appiano Gentile Massimiliano Allegri che ha aspettato e continua ad aspettare i nerazzurri. Un tecnico diverso, un normalizzatore rispetto a Conte. Certamente meno spigoloso e più adatto a gestire la seconda fase del progetto Suning di quanto non si stia rivelando l'ex ct della nazionale.

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Giovanni Capuano