De Laurentiis contro tutti
Liti con le tv, polemiche a tutti i livelli, scontri con i colleghi e gaffes: la strana stagione (lunga) del patron del Napoli che attraversa il calcio italiano ed europeo con il piglio di un capopolo
L'ultima scenata ha fatto il giro del mondo, anche perché avvenuta sotto gli occhi di mezza Europa. Aurelio De Laurentiis che si precipita a bordo campo dove le tv internazionali stanno raccontando la vigilia della sfida tra Barcellona e Napoli, strappa il suo giocatore Politano all'intervista (da contratto) con Sky Sport, urla, inveisce e poi spintona il cameraman mettendone a rischio attrezzatura e incolumità. Il motivo? L'intervistatore scelto da Sky non era di suo gradimento. Pare.
Una settimana fa aveva messo nel mirino DAZN cacciando un altro operatore che riprendeva la zona degli spogliatoio (immagini da contratto) e aveva annunciato il bando definitivo alla Ott che con 800 milioni di euro a stagione tiene in piedi il calcio italiano. Quale sia la colpa di DAZN non è dato sapere. Di certo c'è che l'allergia del patron del Napoli al rispetto degli accordi presi con le televisioni, e pagati profumatamente in sede di contrattazione collettiva, finiranno per costargli caro. Già il silenzio stampa prima, durante e dopo il match con la Juventus è stato sanzionato dal Consiglio di Lega con una trattenuta di 130mila euro sui soldi che il club dovrà ricevere come spartizione dei diritti tv. Altri ne arriveranno per il 'niet' con il Torino e avanti così con un conto che a fine maggio potrebbe superare il milione di euro. Del resto il bonus silenzi stampa riconosciuto per contratto a tutte le società è già stato ampiamente consumato.
La Uefa, invece, solitamente è molto poco tollerante con chi viola le regole in materia di diritti tv e si vedrà, ma al netto della questione legale l'immagine di un presidente che, in un consesso internazionale, sfiora il contatto fisico con un cameraman e se la prende con un giornalista ha stupito tutti. In Italia sono un po' più abituati, perché De Laurentiis non è nuovo a sfoghi e uscite sopra le righe.
Rimane celebre la fuga in motorino, con contorno di insulti, il giorno della formazione dei calendari stagionali nell'estate del 2011: "Siete delle merde" l'urlo andandosene girando le spalle a tutti i colleghi. Gli stessi che condividono le riunioni di Lega Serie A nelle quali spesso ADL si distingue votando (da solo) contro gli altri, oppure criticando fuori quello che approva dentro.
De Laurentiis che nell'estate torrida dell'addio di Spalletti post scudetto e, poi, della fuga di Roberto Mancini in Arabia Saudita ha vergato un lungo comunicato per criticare il modo con cui il presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, aveva gestito i rapporti con un suo dipendente. Salvo poi ammettere, mesi dopo, di aver scelto lui un allenatore salvo poi pentirsene subito ("Avrei voluto dire "Ve l'ho presentato, però adesso se ne va", perché mi aveva detto di non conoscere il Napoli e di non aver mai visto una partita") e di averlo, quindi, liquidato mandandolo a quel paese - eufemismo - negli spogliatoi. E tornare dallo stesso Gravina a chiedere per favore di poter avere part time il preparatore atletico lasciato andare con troppa facilità e assunto dalla Figc.
Un concentrato di contraddizioni e colpi di scena. C'è chi nei corridoi del calcio italiano sostiene che la colpa sia anche di chi gli regala grande visibilità, ma è difficile non seguire il filo del suo muoversi dentro e fuori dal campo. Ad esempio, si è sempre detto contrario alla Superlega eppure flirta con un modello nuovo di calcio, tanto da aver teorizzato la necessità per l'Italia della nascita di una "Serie E, dove e sta per Élite" composta "di sole squadre di città con un numero rilevante di tifosi" senza promozioni e retrocessioni.
E di Uefa e Fifa è arrivato a dire: "Se io investo centinaia di milioni per partecipare a un circo che distribuisce noccioline, non fa utili e mi costringe a giocare sempre di più per tenere in piedi un carrozzone improduttivo, il gioco non vale la candela". Nemmeno Andrea Agnelli si era spinto a tanto prima di essere emarginato dal calcio europeo. Contro tutto e contro tutti. Sempre. Facendosi forza degli innegabili risultati del ventennio napoletano, dal baratro del fallimento allo scudetto passando per la presenza costante in Europa, ma anche mai veramente amato dalla sua gente.
Ora il caleidoscopio delle sue provocazioni gira velocissimo come mai in passato. Difficile comprenderne il motivo visto che il Napoli è una società sana, produce utili e potrà ammortizzare senza eccessivi stress anche la disastrosa stagione post titolo tricolore. De Laurentiis è, invece, inquieto e riempie la scena. A osservare la reazione degli altri, non rendendo un buon servizio a se stesso e al Napoli che rappresenta ma la cosa non pare suggerirgli prudenza.
La prossima battaglia è già pronta, dietro l'angolo. Non dovesse ottenere il pass per merito sul campo, ha fatto intendere che andrà in tribunale per ottenere l'iscrizione al ricchissimo Mondiale per Club che debutta nel 2025 togliendo il posto alla Juventus. Come? Chiedendo che sia estesa a livello Fifa la damnatio di quest'anno imposta dalla Uefa per le note vicende di bilancio. A Nyon e Zurigo aspettano. Dovesse accadere, prepariamoci a un kolossal.