Crisi Dybala: così alla Juventus non serve
L'argentino in ritardo di condizione, scavalcato da Morata e punzecchiato da PIrlo per l'impegno (anche in allenamento). Sullo sfondo un rinnovo da 15 milioni di euro
Paulo Dybala è diventato un caso nella Juventus, ben oltre le difficoltà in campo e una condizione che tarda ad arrivare. L'argentino si è perso nei meandri dell'inizio della stagione, dopo aver chiuso quella passata con un brutto infortunio rimediato nel tentativo di dare una mano negli ultimi minuti della sfida con il Lione, la partita dell'addio alla Champions League e a Maurizio Sarri. Era il centro bianconero (Ronaldo escluso), si è ritrovato ai margini e non è stato nemmeno fortunato perché la sua preparazione è stata complicata dai viaggi in nazionale e da un'infiammazione che lo ha costretto a un bombardamento di antibiotici che tolgono forza alle gambe.
Però c'è di più nel momento nero di Dybala, che da migliore dell'anno scorso, premio meritatosi soprattutto nello sprint di luglio a suon di gol e punti, è scivolato indietro nelle gerarchie. Superato da Morata, insediato da Kulusevski e da altre soluzioni tattiche che Pirlo ha provato in sua assenza. C'è anche una questione caratteriale che emerge in maniera prepotente nel momento in cui l'argentino è impegnato in una lunga trattativa per il prolungamento del contratto in scadenza nel 2022 e che da mesi chiede di portare al 2025 con uno stipendio simbolico dentro lo spogliatoio bianconero. Che siano i 15 milioni netti da cui è partita la trattativa in era pre-Covid, oppure qualcosa in meno adesso che le tariffe sono state aggiornate dalla crisi, è chiaro il messaggio: Dybala vuole la certificazione nero su bianco del suo ruolo di faro nella squadra alle spalle di CR7 e crede di essersi meritato nelle scorse stagioni una progressione violenta di salario. Anche perché nel frattempo Paratici e Nedved hanno elargito stipendi notevoli a nuovi arrivati come nel caso di De Ligt.
Una situazione complessa che i dirigenti juventini stanno cercando di risolvere passaggio dopo passaggio. Ufficialmente la Joya non si vede lontana da Torino e la Juventus non pensa minimamente a separarsi dal suo attaccante. Oggi. Perché in realtà nell'estate 2019 Dybala era finito sul mercato, ceduto almeno due volte a Tottenham e Manchester United e poi rimasto quasi per caso e per mancati accordi su ingaggio e diritti di immagine. Poi il campo ha dato ragione a lui, ma è come se una frattura nell'autostima si fosse aperta e non più rimarginata.
Morata ha stravolto gli scenari. Sbarcato alla Juve quasi come terza scelta dopo il caso Suarez, lo spagnolo è letteralmente esploso. Chi lo segue quotidianamente lo definisce maturo e all'apice della carriera, pienamente coinvolto nel progetto, felice di essere tornato laddove aveva già fatto bene prima di essere costretto ad andarsene e felice. Quello che Dybala oggi non è, come è chiaro anche solo a prima vista.
Il prodotto è che mentre uno (Morata) segna a raffica e si è preso il ruolo di spalla di Ronaldo, riconosciuto anche dal portoghese, l'altro (Dybala) fatica a ritagliarsi spazio e quando lo fa spesso non brilla per approccio alla partita e per brillantezza. Così, però, Dybala è un lusso che la Juventus non si può permettere perché la terza punta serve come il pane, a patto però che sia funzionale a tutto il disegno.
Il problema è conclamato e anche la comunicazione intorno alla Joya sta cambiando. Pirlo lo ha invitato ad "andare oltre" non solo in campo, ma anche "in allenamento". Già nel dicembre 2017, altro momento di down della sua carriera juventina, Nedved aveva ripreso pubblicamente il giocatore per l'impegno durante la settimana. Allora Dybala aveva risposto. Adesso la Juve attende segnali, anche per capire che strada prendere.
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