Il focolaio della nazionale investe la Serie A
I casi più numerosi di quelli annunciati, la tempistica e la ricaduta sul campionato: tutte le ombre dell'ondata di contagi che ha colpito il gruppo azzurro nell'ultima sosta.
Il focolaio che ha colpito il gruppo della nazionale italiana nell'ultima sosta, quella chiusa con la doppia trasferta in Bulgaria e Lituania, allunga la sua ombra sulla Serie A. L'elenco dei nomi dei contagiati si sta allungando con il passare delle ore e dagli staff tecnici e federali è arrivato ai giocatori, come era prevedibile che accadesse vista la vicinanza nel gruppo azzurro che ha trascorso insieme una decina di giorni spostandosi tra Coverciano, Parma, Sofia e Vilnius: viaggi, pranzi e cene. Una bolla che non è riuscita a proteggere i nazionali all'ultima sosta della stagione, la più delicata perché arrivata nel mezzo delle volate scudetto, Champions League e salvezza e con tempi tiratissimi per scontare eventuali recuperi di partite saltate.
La progressione del focolaio dal momento dell'annuncio delle prime positività note (la tarda serata del 31 marzo, appena conclusa Lituania-Italia) è impressionante: prima Bonucci al rientro a Torino, poi Verratti, quindi Florenzi-Grifo-Cragno e un giocatore del Torino (non confermato si tratti di Sirigu) nel lunedì di Pasquetta, per chiudere con Bernardeschi di cui già si sussurrava la possibile positività. Un vero disastro alla vigilia di due recuperi come Juventus-Napoli, la partita saltata a ottobre per l'ormai notissima vicenda del no dell'Asl partenopea, è Inter-Sassuolo, cancellata dall'intervento dell'ATS per il principio di focolaio ad Appiano Gentile prima di Pasqua.
Una situazione oggettivamente imbarazzante e che richiama a diversi livelli di responsabilità. Intanto è chiaro che tra Parma, Sofia e Vilnius qualcosa è andato storto anche se la macchina organizzativa della Figc ha cercato di mettere una pezza isolando e rimandando a casa immediatamente chi aveva sintoni influenzali (alcune positività sono emerse solo in seguito); la bolla non ha tenuto e ora viene passato al setaccio ogni singolo giorno della spedizione provando a capire come possa essersi ampliata la catena dei contagi.
E poi è in discussione quello che è accaduto nel momento dei rientro dei calciatori presso i rispettivi club. Che il clan Italia fosse al centro di un focolaio era chiaro. Si fosse trattato di una squadra di Serie A è quasi certo che l'Asl di riferimento sarebbe intervenuta per fermare tutti così come accaduto nelle ultime settimane con Torino e Inter. Essendosi sciolto il gruppo, invece, ogni società ha gestito i suoi azzurri cercando di avere riscontri frequenti dai tamponi, in un vortice di test, e provando a tenerli isolati dal resto del gruppo. Però sabato si è scesi in campo per il turno pre-pasquale e solo il Sassuolo ha fatto la scelta, coraggiosa e logica, di rinunciare a prescindere a Locatelli e Ferrari anche a costo di creare problemi di formazione a De Zerbi.
Un comportamento lucido e corretto. Gli altri azzurri hanno giocato e, quindi, sono fatalmente entrati in contatto anche con i compagni. Anche per questo il livello d'allarme è altissimo e mette a rischio la disputa delle prossime gare. Praticamente tutte quelle delle 14 squadre che hanno mandato giocatori in nazionale da Mancini in questa sosta. Si poteva evitare? Certamente si doveva gestire meglio il tutto. Alla fine della stagione manca poco più di un mese ed è vero che la precoce eliminazione delle italiane da Champions ed Europa League ha creato qualche spazio nel calendario, ma il rischio è che la regolarità di questo torneo diventi una sorta di roulette russa: Asl diverse, interpretazioni differenti, club che pagano prezzi altissimi. Esattamente quello che non serviva.
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