Var e veleni, è la Serie A delle proteste
Quattro allenatori espulsi in una giornata, polemiche a San Siro per il rigore che dà alla Juventus il pareggio: le difficoltà della classe arbitrale si riversano su un campionato apertissimo
Quattro allenatori espulsi in una domenica rappresenta un piccolo record, soprattutto se il quinto (Mihajlovic) ha evitato il cartellino rosso solo perché le sue perplessità le ha esposte in maniera energica davanti alle telecamere e non in campo. Un primato per una singola giornata di campionato che deve far suonare il campanello d'allarme. C'è tanta, troppa, tensione in Serie A e la ragione può essere duplice: da una parte la sensazione di un campionato contendibile e senza il cannibale degli ultimi anni, dall'altra una classe media arbitrale che fa fatica a tenere una linea di indirizzo univoca. In epoca di video assistenza e di moviola in campo è un lusso che nessuno si può permettere.
Gasperini, Mourinho, Spalletti e Inzaghi - in rigoroso ordine temporale di cartellini rossi - sono stati espulsi per motivi diversi. Tutti, però, hanno mostrato la stessa diffidenza verso le direzioni di gara della propria partita e hanno messo nel mirino gli arbitri evocando l'assenza di uniformità di giudizio, problema irrisolvibile, e la necessità che le linee di comunicazione siano aperte per un confronto in cui le scelte vengono spiegate. Anche per ammettere l'esistenza di un errore, qualità che i nostri fischietti non hanno in ossequio alla teoria del "tutto supportabile" che sta permeando anche queste stagioni di sviluppo del Var e delle sue norme applicative.
Il problema è che la scarsa uniformità di intervento e di giudizio, già fastidiosa prima, è diventata una compagna di viaggio sgradita adesso che il problema si è spostato a monte e cioè al momento della scelta su intervento o non intervento della sala Var. Senza entrare nel merito del rigore concesso nel finale a San Siro e che ha sancito il pareggio della Juventus contro un'Inter furibonda, perché lo stesso metro non è stato applicato mandando al video Massa in Roma-Napoli per un contatto esistente e, quindi, un potenziale penalty non fischiato in campo? Si può accettare qualsiasi delle due letture, non che siano state diverse spostando punti pesanti nella corsa scudetto.
Rocchi, fresco allenatore della squadra degli arbitri, ha davanti a sé un compito gravoso: far crescere un gruppo che ha perso in questi anni i suoi leader e che non dimostra di avere qualità eccelse. Sta lanciando dei giovani, sperimenta anche in gare di buon livello ma viene tradito anche da quelli più anziani e, colpa grave, non riesce a farsi capire e seguire dai suoi nelle linee guida della sua visione di calcio. A inizio stagione ha parlato di "soglia alta" per l'assegnazione di un calcio di rigore: le ultime settimane hanno visto un moltiplicarsi di rigorini.
Siamo solo a fine ottobre, il peggio deve ancora venire. Di questo passo cosa accadrà in inverno, quando si decidono i campionati e ogni fischio pesa il doppio? Rocchi ha scelto la linea del silenzio e fa parlare le sue decisioni. Quasi mai ferma gli arbitri dopo gli errori, che può essere anche una forma di difesa ma rappresenta certamente un modo per far arrivare all'esterno il messaggio che la colpa è quasi sempre degli altri. E' il succo dello sfogo di Gasperini, certamente esagerato per quello che era avvenuto in campo: serve che i direttori di gara o qualcuno per loro esca dalla torre d'avorio e parli. Spieghi. Argomenti. Aiutando se stessi e gli altri, ad esempio, a chiarire come venga applicato da noi un protocollo Var che sembra invecchiato precocemente e male.
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