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Calcio

Champions League, la sfida (im)possibile dell'Inter

A Istanbul i nerazzurri sfidano la squadra più forte e ricca d'Europa. Pronostico chiuso, serve un miracolo più che un'impresa sportiva ma vale comunque la pena crederci fino in fondo - INTER, LA CAVALCATA CHAMPIONS VALE 135 MILIONI

Se il calcio fosse una scienza esatta, l'Inter farebbe meglio a stare a casa e ad evitarsi la trasferta a Istanbul per una finale di Champions League che sembra scontata tale è la forza del Manchester City di Guardiola. L'esibizione degli inglesi nella notte contro il Real Madrid ha solo confermato qualcosa che già si conosceva: il City gioca un calcio a tratti inarrivabile per tutti in Europa e nemmeno la qualità ed esperienza del Madrid hanno potuto arginare la superiorità tecnica e tattica degli uomini di Guardiola.

Può riuscirci l'Inter di Inzaghi? Secondo i bookmakers, che offrono il successo dei nerazzurri a quote superiore al 6 e quello dei Citiziens sotto l'1,50, la risposta è no. Lo squilibrio in partenza è evidente e riporta con la mente alla primavera del 1989, quella dell'esodo al Camp Nou per vedere il Milan di Sacchi strapazzare lo Steaua Bucarest in una finale senza storia. I rapporti di forza sono quelli, sulla carta: in campo vedremo.

Pep Guardiola ha cominciato a preparare la sfida di Istanbul evidenziando tutti i problemi che l'Inter potrebbe creargli, a partire dall'idea che una squadra italiana sia il peggiore avversario possibile in una partita secca. Ci conosce bene, il tecnico del Manchester City, e sa che evocare l'abilità tattica sviluppata da noi e la capacità innata di fare difesa e ripartenza siano argomenti sempre buoni da spendere. Ovviamente, nel calcio ormai modificato degli anni Duemila molte cose sono cambiate e lo stesso City ne è una dimostrazione: ha conoscenze e capacità tattiche tutt'altro che inglesi, gioca un calcio raffinato, moderno, veloce e verticale cui ha aggiunto lo strapotere fisico e tecnico di Haaland.

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E' vero che si scontreranno il miglior attacco della Champions League (31 reti segnate dal Manchester City) e una difesa capace di rimanere imbattuta in 8 delle 12 partite affrontate di cui 5 su 6 nella fase ad eliminazione diretta, ma la sintesi rischia di tradire il contenuto. L'Inter di Inzaghi non è una squadra difesa e contropiede, ama occupare la metà campo avversaria anche se sa adattarsi e ha giocatori in grado di lavorare sul campo aperto e negli spazi. Il primo che viene in mente è Lukaku, forse più adatto di Dzeko all'occasione.

Semmai è l'aspetto psicologico quello su cui è più interessante fare un approfondimento. Il City è un progetto pensato, finanziato e costruito per alzare al cielo la coppa più importante. Ha sfiorato la Champions League nel 2021, battuto a sorpresa dal Chelsea, e ne ha fatto quasi un'ossessione per la proprietà emiratina che dal 2007 spende a piene mani. Guardiola è stato preso nel 2016 proprio per questo e le sue stagioni, senza trofei in Europa, sono state foraggiate da 1,2 miliardi di euro di spese sul mercato. Il palmares si è arricchito di Premier League vinte (6 cui si aggiungerà presto quella in fase di conquistato), FA Cup, Coppe di Lega e Community Shield: tutto bello ma insufficiente per giustificare lo sforzo degli sceicchi.

Istanbul è il giorno in cui Guardiola dovrà chiudere il cerchio e questa consapevolezza lo rende diverso da Inzaghi che ha il vantaggio di poter vivere la finale quasi come un regalo. Non c'è nessun indicatore che possa mettergli pressione. Il City è più ricco (731 milioni di euro di fatturato contro 308 secondo l'ultima classifica Deloitte), ha un monte ingaggi imparagonabile (215 a 130) e un valore della rosa più che doppio (1,05 miliardi a 0,534 secondo Transfermarkt). Se il calcio fosse alta finanza o una scienza esatta non ci sarebbe partita. Per tutto il resto rimane quello che è: uno sport. Con una favorita logica ma novanta minuti da riempire di significati.

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Giovanni Capuano