Inzaghi e il fantasma (cancellato) di Conte
Il ritorno negli ottavi di Champions League dopo dieci anni nella stagione più difficile: così Simone si è preso la rivincita sull'eredità di Antonio
Un anno fa di questi tempi Antonio Conte si stava misurando con il momento più difficile della sua permanenza a Milano: praticamente fuori dalla Champions League, attaccato dai critici e con l'unica via d'uscita di uno scudetto da conquistare per spezzare l'egemonia della Juventus e giustificare l'investimento pesantissimo compiuto dall'Inter per metterlo sulla panchina. Missione poi compiuta e con pieno merito, visto che nell'autunno del 2020 il club era già alle prese con le difficoltà economiche della proprietà, anche se tifosi e opinione pubblica non erano in grado di misurare quanto fosse complicato per Marotta, Conte e il suo staff riuscire ad isolare la squadra dai problemi quotidiani.
Un anno dopo Simone Inzaghi è riuscito nell'obiettivo mancato da Conte e prima ancora da Luciano Spalletti: riportare l'Inter nelle prime 16 squadre della Champions League e regalarsi un inverno di trepidante attesa. Lo ha fatto entrando negli ottavi di finale dalla porta principale, malgrado un pessimo inizio di girone, mostrando un calcio divertente e a tratti molto europeo e regalando alla sua società anche ossigeno per le casse. Perché l'avventura europea dell'Inter è valsa fin qui un tesoretto di 64 milioni di euro cui va aggiunto il botteghino delle tre partite giocate a San Siro nella prima fase e quella che tra febbraio e marzo potrebbe portare una supere big a Milano.
Non a caso l'obiettivo che era stato consegnato a Inzaghi nel momento della sua assunzione, dopo lo strappo di Conte, era stato chiaro: un piazzamento Champions in campionato e superare finalmente lo scoglio di dicembre nella massima competizione europea. Inzaghi ha fatto centro, ma al di là della contabilità si è dimostrato all'altezza di un compito non semplice. Da Conte ha ereditato una squadra vincente ma indebolita dai sacrifici estivi, col rischio che qualche dubbio si fosse insinuato nella testa di chi è rimasto e l'asticella di gioco e risultati della scorsa stagione posta molto in alto.
Alla fine di novembre i conti tornano tutti. L'Inter di Inzaghi viaggia più o meno sulla stessa linea di quella di Conte in campionato (28 punti contro 30) e ha fatto nettamente meglio in Europa (10 contro 5). Soprattutto si sta costruendo un'identità in campo che la toglie dal cono d'ombra del passato: il modulo è lo stesso (3-5-2), le tracce di gioco no e non solo perché davanti manca un totem come Lukaku che garantiva gol e possibilità di appoggiarsi a lui in ogni momento.
Non è stato un passaggio indolore e il lavoro non è finito. Anzi, la parte più difficile arriva adesso perché un anno fa fu proprio a dicembre che l'Inter di Conte prese il volo per planare sullo scudetto, impresa che non è detto sia ripetibile. In Italia la concorrenza si è fatta agguerrita con la crescita di Milan e Napoli e la tendenza a non chiudere le partite è già costata una montagna di punti (11). Il processo, insomma, va completato ma il risultato raggiunto fin qui è sorprendente: l'Inter che sembrava sotto un treno nelle ore dell'addio di Conte è non solo viva e vegeta, ma ha anche girato pagina e dimenticato il suo condottiero.