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Calcio

Tutti gli errori umani del caso-Var in Juventus-Salernitana

Non un buco nel sistema ma una catena di sbagli, tutti umani: ecco cosa ha provocato il caos dello Stadium. E non è vero che la colpa è del numero delle telecamere presenti a Torino... - IL NAUFRAGIO DEL VAR

Il pasticcio che ha falsato il risultato della sfida tra Juventus e Salernitana, dando vita a uno tsunami di polemiche che rischia di travolgere la credibilità del Var, è stato il prodotto di una serie di errori umani e non di sistema. Errori in campo, in sala Var e in tribuna perché lo studio dei protocolli e dei documenti che regolano la produzione delle partite della Serie A, i rapporti con la Var room di Lissone e che ogni settimana sono alla base di quanto arriva nelle case degli italiani, consentono di affermare che l'angolo cieco in cui si è infilato Candreva (giocatore della Salernitana che, se visto, avrebbe sanato la posizione dello juventino Bonucci) in realtà non esiste. Non c'è un bug, ci sono errori umani che hanno prodotto il cortocircuito privando la Juventus della vittoria e dando argomenti agli oppositori della tecnologia.

La bibbia da tenere in mano per capire cosa è successo e cosa, invece, sarebbe dovuto accadere è il 'Regolamento Produzioni audiovisive' rilasciato dalla Lega Serie A nell'agosto 2021 e valido fino al 2024: 48 pagine di schemi, prescrizioni tecniche e descrizione del funzionamento della macchina che garantisce ripresa e ritrasmissione di ciascuna delle 380 partite del campionato. E che fino al minuto 95 dello Stadium ha funzionato: 5 lunghi anni e 1.959 gare su 1.960. Quella tra Juventus e Salernitana. Mai un calciatore è 'sparito' dalla vista dei radar televisivi come accaduto con Candreva.

LE TELECAMERE ALLO STADIUM ERANO SUFFICIENTI PER IL VAR

I vertici arbitrali hanno spiegato che l'immagine larga (quella circolata a fine partita) che avrebbe scagionato Bonucci non è mai stata disponibile in sala Var. Hanno detto la verità, pur essendo una ripresa ufficiale della Lega Serie A, codificata nel piano telecamere del regolamento (pagina 19) come servizio fornito ai club per comprendere il movimento delle squadre sul campo. Non destinata alla messa in onda ed evidentemente non spedita a Lissone anche perché - spiegazione ufficiale - non calibrata per tracciare le linee del fuorigioco con il software dedicato.

Queste sono in tutto 5 (più altre 2 d'appoggio) e sono presenti con qualsiasi standard di ripresa dei tre in cui sono suddivise le gare del campionato: A (18 telecamere), B (16) e C (12) a seconda dell'importanza che viene data al match. A Torino lo standard scelto era il C (12 più quelle della Goal Line Technology più quella 'tattica' della Lega), ma è falso dire che il pasticcio sia nato dall'assenza di punti di ripresa di quanto accadeva.

tratto dal Regolamento Produzioni audiovisive

Basta confrontare il piano camere dei due standard per capirlo: la differenza tra A e C sta in telecamere dedicate a testimoniare primi piani, slow motion, particolari oppure larghi ambientali di tutto lo stadio. Nulla che abbia a che fare con le funzioni utili anche al Var per la rilevazione del fuorigioco che sono demandate a quella centrale e principale, alle due posizionate sui 16 metri e alle due che servono anche la Goal Line Technology.

Semmai c'è da chiedersi perché chi stava riprendendo l'esecuzione del calcio d'angolo di Cuadrado, con Candreva davanti a lui, abbia poi stretto l'inquadratura fino a togliere la coppia iniziale dalla visione. Secondo quanto raccolto da Panorama.it, risulta che a lungo l'obbligo di considerare sempre il penultimo difendente come riferimento da riprendere, anche tenendo larga l'immagine, sia stato inserito nelle prescrizioni per registi e cameraman al servizio della Lega. Difficile che l'ordine sia stato revocato, rendendo volontariamente 'cieco' il Var. Molto più probabile che semplicemente ci sia stato un errore umano nella produzione della partita.

GLI ERRORI UMANI IN SALA VAR

Se questa è la ricostruzione, è chiaro che non si può addebitare alcuna colpa a chi si trovava nella sala Var di Lissone. Dove, però, un grave errore umano è stato commesso perché nel numero delle inquadrature a disposizione ce n'erano comunque almeno due che certificavano la presenza in zona di un calciatore della Salernitana che, invece, è stato completamente dimenticato. Errore difficile da comprendere vista anche l'esperienza del Var, il livornese Banti. Eppure non è così insolito che su un calcio d'angolo qualche giocatore rimanga vicino alla linea di fondo: perché non cercarlo? E in assenza di certezze, perché non fidarsi della scelta di campo dell'assistente che aveva convalidato la rete?

E' stato lui l'unico a vedere bene, però Marco Trinchieri della sezione di Milano è a sua volta sparito nel momento del caos. Non abbastanza lucido dal comunicare ai colleghi quanto aveva visto o impegnato troppo a sedare l'inizio della rissa da saloon che si stava sviluppando in mezzo al campo. Altro errore, questa volta di comunicazione.

L'ERRORE DELL'ARBITRO MARCENARO

E poi si arriva al terzo e ultimo errore umano della catena che ha provocato il tilt: quello del direttore di gara; Matteo Marcenaro. Genovese, 29 anni, alla 6° direzione in Serie A e meritatamente col futuro nelle proprie mani. Ha l'alibi di essere stato portato sulla cattiva strada dal Var e di essere andato allo schermo in una situazione psicologica di fortissima pressione, tra calciatori e staff urlanti e impegnati a confrontarsi dopo aver invaso il campo. Gli schemi erano saltati, insomma, ma questo non toglie che nei pochi (troppo) secondi davanti alle immagini Marcenaro abbia preso la decisione sbagliata.

Se Bonucci fosse o in posizione attiva - al netto della questione Candreva - può essere materia di discussione. Di sicuro la sosta al Var è stata così rapida da lasciar intendere un'analisi superficiale di un episodio molto complesso nel quale, ad esempio, si potevano anche ravvisare gli estremi per altre scelte essendoci una serie di trattenute molto evidenti da giudicare.

Il casino dello Stadium è nato così. Una pagina nera ma non un fallimento del sistema Var. A Torino non ha sbagliato la tecnologia, hanno fallito gli uomini. Rendersene conto è il primo passo per non sacrificare all'altare di chi lo ha sempre osteggiato la credibilità di uno strumento utilissimo. E per correggere gli sbagli. Ad esempio, non si capisce perché il segnale della cosiddetta 'Camera Tattica' non sia integrato anche per la Var Room aggiungendo uno sguardo d'insieme utile anche se non risolutivo per questioni di compatibilità con il software di rilevamento del fuorigioco. E non si capisce perché si debba mettere in dubbio la credibilità del Var quando, dopo 1959 partite di onorato servizio, per la prima volta, chi si occupa di riprendere il gioco ha agito contro logica: stringendo l'inquadratura, togliendo Candreva dalla vista e accecando chi doveva decidere.

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Giovanni Capuano