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(Ansa)
Calcio

Inchiesta Juventus, un giudice bacchetta i pm sulle prove acquisite da pc, tablet e telefoni

La Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per Agnelli e gli altri indagati, ma intanto le difese hanno ottenuto un'ordinanza di restituzione del materiale informatico con l'obbligo per gli investigatori di dire cosa serve e cosa no per le indagini

La Procura di Roma vuole processare Andrea Agnelli e gli ex dirigenti della Juventus, arrivando dopo mesi di analisi degli atti dell'inchiesta Prisma mandati da Torino - trasmissione decisa dalla Cassazione che ne aveva dichiarato l'incompetenza territoriale - alle stesse conclusioni dei colleghi torinesi. La richiesta di rinvio a giudizio è stata formulata nei confronti dell'ex presidente della società e dei dirigenti coinvolti nell'indagine avviata ormai oltre tre anni fa per fare luce su eventuali irregolarità nella stesura dei bilanci dal 2019 al 2022 tra plusvalenze e le cosiddette manovre stipendi.

A breve si saprà, dunque, se le oltre 15mila pagine dei faldoni spediti da Torino a piazzale Clodio contengono materiale per il quale è necessario un processo. Intanto, però, c'è una giudice per le indagini preliminari che pochi giorni fa ha stabilito che, prima ancora di aprire un procedimento, i pubblici ministeri romani dovranno mettere fine a una procedura non corretta in fase di acquisizione del materiale probatorio. Il dispositivo, che Panorama ha consultato, risale allo scorso 8 luglio 2024 ed è firmato dalla giudice per le indagini preliminari Elvira Tamburelli.

Certifica come agli indagati (Agnelli, Nedved, Paratici, Re, Bertola, Cerrato, Arrivabene, Roncaglio, Vellano, Gabasio e alla Juventus come società per azioni) debbano essere restituite senza indugio le copie integrali del materiale informatico frutto del sequestro "esteso ed onnicomprensivo" di tutto quanto contenuto in computer, tablet, smartphone e in tutti i supporti informatici di cui i magistrati torinesi sono venuti in possesso il 26 e 27 novembre 2021 quando la Guardia di Finanza entrò nella sede del club e nelle abitazioni degli indagati per sequestrare tutto quanto potesse dare riscontro all'ipotesi di reato di aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza e false fatturazioni.

Da quel giorno sono trascorsi ormai quasi tre anni e la mole di dati raccolti non è mai stata restituita nella sua integralità agli indagati nonostante, secondo quanto scrive la giudice nelle 13 pagine del dispositivo, "il periodo temporale di oltre due anni deve ragionevolmente ritenersi tempo sufficiente a trarre da tutto il materiale il massimo risultato possibile per l'accertamento dei reati, tale da non giustificare il trattenimento delle copie forensi integrali".

Non è solo una questione tecnica. Dopo tre dinieghi, questa volta gli avvocati di Agnelli e degli altri ex dirigenti della Juventus si sono visti riconoscere da un giudice che di tutto quel materiale è arrivato il momento che i pm (ora di Roma ma il vulnus risale all'inchiesta torinese) dettaglino in maniera chiara e circostanziata cosa può fare parte degli atti e cosa no. E stralcino tutto il resto perché così prevedono sentenze della Cassazione che hanno disciplinato in maniera rigida tempi ("strettamente necessari"), modi di selezione ("nel più breve tempo possibile") e procedura di restituzione di quello che, secondo la dottrina attuale è riconosciuto come ambito in cui persone e aziende esercitano diritti fondamentali non comprimibili oltre le normali esigenze di indagine.

Pertanto a pochi giorni dalla richiesta di rinvio a giudizio, che non sorprende vista la complessità dell'inchiesta, va registrato che un giudice ha messo nero su bianco come debba essere sanato un vizio nell'acquisizione delle prove derivanti dai supporti informatici degli indagati. Un tema che sarà certamente centrale quando si celebrerà nei prossimi mesi l'udienza preliminare, posto che nel frattempo i magistrati di Roma, che hanno ereditato tutto il materiale da Torino, dovranno ottemperare alla richiesta della giudice. La quale ha fatto notare che i tempi sono scaduti da parecchio, visto che come minimo si dovrebbe considerare tutta l'attività di analisi terminata con l'atto di conclusione delle indagini preliminari che risale al novembre 2022.

Un nuovo tassello nel puzzle della vicenda che ha portato all'azzeramento dei vertici della Juventus e al processo sportivo dal quale il club bianconero è uscito con 10 punti di penalizzazione, l'estromissione dalle coppe europee nella stagione appena conclusa e un patteggiamento da 718.240 euro per le cosiddette manovre stipendi. Dall'inchiesta Prisma sono nati altri filoni di indagine nelle procure di città di squadre coinvolte con la Juventus. Al momento non c'è notizia di approfondimenti da parte della Procura Figc.

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Giovanni Capuano