Cosa significa l'addio della Juventus alla Superlega
Il cambio di posizione dopo aver chiuso le pendenze con la giustizia sportiva italiana, lo strappo con il passato e l'esigenza di avere stabilità e certezze per il futuro: ecco cosa ha spinto i bianconeri alla svolta
La lettera con cui la Juventus ha comunicato a Real Madrid e Barcellona l'intenzione di aprire un dialogo sull'eventuale abbandono del progetto della Superlega ha colto di sorpresa tutti. Un'inversione netta rispetto a quanto sostenuto da John Elkann nelle rare uscite pubbliche, a voce o per iscritto; l'uomo che ha in mano Exor e le sorti del club bianconero si era sempre speso per confermare la necessità di una profonda rivisitazione del modello di business del calcio attuale, con posizioni certamente più vicine a quelle del cugino Andrea Agnelli che a quanto si aspettavano Uefa e Figc.
Nulla lasciava presagire la svolta che, invece, è arrivata a pochi giorni di distanza dal patteggiamento con la Procura federale che ha chiuso una volta per tutto la vicenda giudiziaria sportiva nata dalle carte dell'inchiesta Prisma di Torino. L'accordo benedetto dalla Figc era stato motivato con la necessità di mettere un punto fermo, dare garanzie ai propri stakeholders ed evitare nuovi e incontrollabili scossoni sulla parte sportiva pur ribandendo di non ammettere una responsabilità. Può essere che il disegno che spinge la nuova Juventus a pensarsi fuori dal progetto Superlega o da quello che rimane sia animato dallo stesso spirito.
Che cosa abbandona la Juventus se il processo di recesso fosse portato a termine? Ad oggi non esiste una Superlega o qualsiasi formato di torneo alternativo alle competizioni Uefa, non ci sono club alleati che si siano detti apertamente pronti a seguire un'eventuale scissione e quelli che hanno fatto il passo indietro dopo aver aderito all'idea dell'aprile 2021 hanno firmato documenti vincolanti con la Uefa. C'è una trincea in cui, fino a ieri, si trovavano Juventus, Real Madrid e Barcellona con la Corte di Giustizia UE come campo di battaglia e una causa per affermare l'illegittimità della posizione di monopolio di Uefa e Fifa sul tavolo.
Il verdetto di Lussemburgo tarda ad arrivare, il parere dell'Avvocatura generale (non vincolante) è stato più favorevole a Nyon che ai ricorrenti e lo scenario è a oggi incerto. Questo abbandona la Juventus, se esce per rientrare in un sistema che ha dimostrato di avere un potere di condizionamento enorme anche nei confronti della politica, oltre che di saper usare le leve della moral suasion senza troppi scrupoli.
La Juventus ha smentito di aver ricevuto minacce di esclusione per cinque stagioni (una sorta di pena di morte) dalle coppe europee per la coda delle vicende italiane. A22, la società che gestisce il progetto Superlega, dichiara di averne le prove e che saranno portate in tribunale. Al netto di questa doppia posizione, è evidente che l'inchiesta Prisma ha indebolito enormemente la forza della Juventus nel confronto con le istituzioni calcistiche europee sino a metterla in un angolo. O a convincere proprietà e management che è meglio uscire da quell'angolo per pianificare il futuro.
Che l'attuale sistema di gestione del calcio non funzioni lo certificano le tante cause aperte che riguardano i regolamenti imposti da Uefa e Fifa, le contraddizioni nelle norme (non) applicate ai fondi sovrani, la posizione imbarazzante di alcuni dei club più ricchi e importanti, il doppio binario della Uefa nell'agitare il proprio braccio giudiziario e la consapevolezza che un'industria da 7 miliardi di euro di fatturato all'anno non può continuare a sottostare a modelli organizzativi vecchi di mezzo secolo.
Però la Juventus non poteva e non può intestarsi da sola la battaglia riformatrice. Il passo indietro dalla Superlega, se sarà confermato fino in fondo, può significare l'accettazione di questo principio. Nei prossimi mesi la Corte UE si esprimerà sul monopolio di Nyon e su tanto altro, non è detto che il tema di una gestione diversa non torni d'attualità. Anzi. L'interesse di Elkann, certamente architetto delle scelte degli uomini messi da lui a capo della Juventus, era però di carattere conservativo e programmatico: guardare al futuro facendo un passo indietro rispetto al presente.
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