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Calcio

Cosa significa il ritorno di Lukaku all'Inter

E' la storia di calciomercato dell'estate e, al di là di come andrà a finire, è la storia di un fallimento totale: dell'attaccante belga e di questo calcio in cui contano solo i milioni

E' la grande storia di calciomercato dell'estate 2022, non un ever green perché di pentimenti e ritorni ne sono stati raccontati tanti, ma la dimensione e spettacolarità dell'inversione a U di Romelu Lukaku tra Londra e Milano non ha quasi precedenti. In poche parole: il gigante belga, che un anno fa aveva puntato i piedi per andare a prendersi soldi e gloria nel Chelsea campione d'Europa, scaricando in piena estate l'Inter appena trascinata sul tetto d'Italia, ci ha ripensato. E non da oggi, visto che la sua strategia di corteggiamento della vecchia fiamma è partita a Natale con un'intervista-confessione capace allora di far perdere le staffe sia al Chelsea che ai vecchi tifosi, innamorati delusi.

Una sorta di suicidio programmato da cui Lukaku è uscito con una forte multa e poi una strategia di logoramento che ha travolto tutto e tutti, compreso il rapporto con il quasi ex procuratore. Unico obiettivo: arrivare a giugno a giocarsi tutte le carte per il clamoroso ritorno, anche a costo di rinunciare a una montagna di denaro dimezzandosi l'ingaggio. E anche a costo di sfidare la logica perché, in attesa di conoscere il finale del romanzo, l'unica certezza è che le basi per il ritorno all'ovile non ci sono e non si sarebbero nemmeno se implicato fosse un club con meno vincoli economici da risolvere rispetto all'Inter.

Invece se ne parla, eccome. E spallata dopo spallata, qualche breccia nel muro della logica emerge. Perché quella di Lukaku e di chi gli sta vicino assomiglia alla strategia di chi entra in autostrada contromano e ha quasi zero chance di uscirne vivo. E però sa che è l'unico modo per provare ad arrivare alla mèta prescelta. Perché il romanzone di calciomercato dell'estate 2022 non è una questione né di logica né di testa, ma unicamente di cuore. Una storia che racconta più fallimenti e nessun successo, a prescindere da quale sarà il finale.

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Ha fallito Lukaku che, ingaggio record a parte, un anno fa pretese il ritorno al Chelsea per saldare un vecchio conto del passato e chiudere il cerchio del fallimento tecnico di allora. Sognava di riscattarsi in Premier League, non ci è riuscito e muovere le montagne per tornare in Italia altro non è che l'ammissione da parte sua di questo fallimento. Non perché Lukaku non sia abbastanza forte da stare con i migliori, ma perché ha quasi sempre sbagliato tempi e modi di inserimento in quel mondo.

Lezione che dovrebbe essere mandata a memoria da tanti campioni o presunti tali che si fanno attrarre dalle vetrine più luccicanti del pianeta calcio, senza considerare dettagli alla lunga decisivi. E' convenuto a Lukaku infilarsi nel ricco spogliatoio del Chelsea? No. Infatti per uscirne sta mettendo in piedi un tentativo totalmente fuori dagli schemi. E' convenuto a Donnarumma tradire il Milan per i milioni del PSG? Nel primo anno no, poi si vedrà. Ma, come ha spiegato recentemente il presidente del Barcellona, Joan Laporta, riferendosi a un altro grande scontento di nome Neymar "chi firma per club come il Paris Saint-Germain quasi firma la propria schiavitù".

Non tutto si misura con la dimensione del bonifico mensile in banca, insomma, tanto meno la felicità. Una lezione nemmeno piccola che dovrebbero imparare anche dirigenti e società che fanno incetta di top player e debiti pur di dare in pasto alle rispettive tifoserie qualcosa per cui godere qualche ora, giorno o settimana facendo la fila nello shop dello stadio. Salvo poi pentirsi in fretta e scoprire che il saldo non è mai positivo o a costo zero e che la strada per vincere e guadagnare è la programmazione, non l'ingordigia.

In teoria riguarda anche il calciatore, in questo caso Lukaku, con l'unica attenuante nel caso del belga che si tratterebbe di ravvedimento operoso e nemmeno indolore economicamente, perché i milioni cui rinuncerebbe si contano a decine spalmati sui prossimi anni. Resta il tema della comprensione della realtà esterna e di un contesto di ragionevolezza, altro fallimento fragoroso, visto che nel mondo reale a nessuno sarebbe concesso di distruggere un investimento da 250 milioni di euro tra cartellino e stipendio semplicemente alzando la mano per dire "ci ho ripensato". Questo però è il calcio: una realtà parallela e incompatibile con gli standard della normalità.

Se la corsa contromano e a fari spenti di Lukaku lo condurrà dove vuole, cioè all'Inter, è possibile che nell'immediato il fallimento non sia del club nerazzurro. Anzi. Bisognerà poi vedere le condizioni perché, con qualsiasi sconto o formula, è evidente che il ritorno di Romelu a Milano rappresenterebbe un colpo secco nel percorso dell'Inter post-Lukaku. E, dunque, porterebbe in dote domande senza risposta, almeno non prima di aver tratto il bilancio della prossima stagione. Ad esempio: funzionerebbe con Inzaghi come ha funzionato con Conte? Vale l'eventuale sacrificio di Lautaro Martinez? E' il partner giusto di Dybala? Vendere un big e prendere un giocatore in prestito, sul lungo periodo arricchisce o impoverisce il club?

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Giovanni Capuano