Nasce il Milan di Ibrahimovic (e Fonseca allenatore)
Lo svedese rompe il silenzio, annuncia il nuovo allenatore, e spiega il suo ruolo e la visione di un club che deve ricucire il rapporto con i tifosi con l'ambizione di tornare in fretta a vincere
Primo flash: "Voglio fare la differenza". Secondo messaggio: "Ho tanto da crescere e imparare, ma anche tanto da dare". Benvenuti nella nuova vita di Zlatan Ibrahimovic che corrisponde anche al progetto del nuovo Milan. Lo svedese come centro di tutto anche se, come ha voluto ribadire per primo, non da "dipendente" ma da operating partner della proprietà. Così nel lungo colloquio con cui lo svedese si è presentato e ha cominciato a delineare cosa attende il club rossonero, succede che Cardinale sia sempre e solo Gerry. E che Ibrahimovic si sforzi di distillarne visione e mentalità uscendo anche dalla quotidianità delle cose di mercato.
Quello che ne esce è un mix in cui il vuoto comunicativo degli ultimi mesi ("Perché non ho parlato fino ad ora? Prima di tutto bisogna avere qualcosa da dire. So che in Italia parlare davanti a una telecamera significa essere importanti, ma non è il mio modo di lavorare. Abbiamo scelto di non entrare nelle comunicazioni dirette perché ho guardato come funzionava e non era il mio show, "adesso arrivo e risolvo") viene riempito e allo stesso tempo si stende la rete di proiezione su quello futuro.
L'annuncio di Paulo Fonseca come tecnico della prossima stagione - per lui contratto triennale - non è il piatto forte. Conta più la motivazione e che faccia e firma sotto la scelta la metta l'uomo cui i tifosi rossoneri hanno guardato anche con crescente perplessità nella primavera della seconda stella dei cugini dell'Inter. "E' l'uomo giusto per noi, siamo fiduciosi - dice Ibrahimovic -. Per noi è il top, altrimenti non l'avremmo scelto. Abbiamo studiato bene cosa cerchiamo e abbiamo voluto lui per portare la sua identità, per come vogliamo che giochi la squadra in modo dominante e offensivo, dare qualcosa di nuovo ai giocatori dopo cinque anni". Niente Lopetegui e niente Conte. Perché? Semplicemente perché non rispondeva ai criteri di ricerca.
Un velo protettivo che sarà fondamentale nei primi mesi di lavoro. Zlatan si fa garante di quel progetto parlandone in prima persona come accanto a lui ci fosse "Gerry". Prima confessione: "Ho spiegato semplice a Gerry: se dentro entrare nel Milan deve essere un progetto vincente. Chi mi conosce sa che non accetto di perdere, non è che non mi piace. Devo vincere, voglio vincere e vincerò. Gerry mi ha risposto: benvenuto". Seconda: "Con Gerry abbiamo parlato tanto prima di iniziare questa avventura. Parliamo la stessa lingua, è un vincente perché quando prende le cose vuole fare a modo suo, con ambizione e bisogna creare un progetto vincente non solo per il presente ma a lungo. Gli ho detto: sono l'uomo perfetto".
Ma il mercato? L'attaccante? I rinnovi? Si va per sensazioni, mettendo insieme quello che viene detto e ciò che invece rimane sospeso, da interpretare tra le righe. I tifosi accusano RedBird di avere il braccio corto nell'investire sulla squadra, non voler superare un certo tetto negli stipendi (falso) e di pensare al bilancio prima che al campo. Ibrahimovic lo reinterpreta così: "Nelle situazioni di Maignan e Theo Hernandez tutto è possibile. Da quando è entrato RedBird i risultati sono positivi e questo dà la possibilità di fare queste cose, senza andare in difficoltà economicamente. Ci sono sempre due parti: se uno viene e dice che non vuole restare è un problema perché l'ambizione è vincere e loro due sono molto contenti, hanno già fatto la storia con il Milan e devono continuare". Dunque, restano e ci si metterà d'accordo.
Su Zirkzee e in generale sull'approccio a un mercato che prevede anche richieste a volte sin troppo onerose di agenti e mediatori, invece, la posizione è più distaccata: "Non facciamo beneficenza". L'olandese piace da morire, ma non è l'unico attaccante sulla faccia della terra e la lista è lunga. Tradotto: attenzione a tirare la corda perché poi si spezza.
Tutto il resto è la visione di una proprietà che ha in mente di restare a Milano a lungo, lavora sullo stadio a San Donato anche se ascolterà eventuali notizie dal Comune di Milano, avvierà in questa stagione l'Under 23, ridisegnerà da zero il settore giovanile e continua a pensare di avere margini enormi di sviluppo per garantire una crescita costante e stabile al club. Per andare dove? "Si gioca per vincere trofei. Quanti ne abbiamo l'anno prossimo? Quattro? Si gioca per quattro" dice Ibrahimovic. Non è detto sia possibile, anzi, ma ora che il vuoto comunicativo è colmato sarà più semplice anche per il popolo rossonero provare a capire la strada che è stata imboccata. Può sembrare poco, ma dopo mesi del grande freddo è già un discreto passo avanti.
PS - Ibrahimovic non riesce a pronunciare correttamente in italiano la parola "competitivo". Ci lavorerà.