Juventus e Milan, quanto costano gli esuberi fuori rosa
La celebrata svolta nel modo di gestire la rosa da parte di Giuntoli e Furlani altro non è che un balzo nel passato: con ricadute pesanti sui bilanci societari
Gentilmente accompagnati alla porta, sollecitati, pregati (non in ginocchio), blanditi e anche un po' minacciati. Messi fuori rosa, tenuti giù dagli aerei che portano verso le ricche tournée estive in giro per il mondo, l'ultima frontiera dall'ex idolo, bandiera, magari capitano e comunque obiettivo di mercato della scorsa estate o poco più in là. Fa niente se a terra restano calciatori corteggiati per mesi e poi bruciati in un paio di stagioni, con stipendi che li rendono invendibili e che costringono il club di turno a manovre lacrime e sangue sul bilancio per cercare di uscire dall'investimento sbagliato.
Benvenuti nella novità dell'estate 2023 che poi tanto novità non è. Mettere fuori rosa l'esubero, spingerlo in un angolo sperando che accetti una qualsiasi delle offerte esotiche in arrivo al suo procuratore. Chance di riuscita? Poche. A volte nessuna. Nulla di nuovo sotto il sole, semmai sorprende che l'idea dello strappo estremo sia celebrata come svolta (finalmente) nel modo di gestire la rosa extra large ereditata dal passato e che deve essere sfoltita per far posto ai prossimi acquisti che, in alcuni casi, altro non saranno se non i prossimi esuberi da esodare.
E' il caso di Milan e Juventus, società più in vista nel racconto del mercato. I rossoneri hanno messo fuori Origi, prelevato un anno fa a parametro zero da Liverpool e mai inserito nel calcio di Pioli, Rebic, Caldara, Lazetic e Ballo-Touré. Quest'ultimo è l'unico con in piedi una vera trattativa per lasciare Milanello, gli altri chissà con buona pace di chi in primavera garantiva entusiastiche adesioni a offerte dalla Turchia, sempre lì, meta preferita per chi si vuole liberare dei pesi morti in squadra.
Non c'è nulla di nuovo e di rivoluzionario nel mettere fuori rosa l'esubero. Vale per il nuovo corso juventino di Giuntoli e Manna e per quello milanista di Furlani e Moncada. Lo fece l'inter con Icardi, Perisic e Nainggolan nell'anno primo di Conte, mille volte Lotito nelle sue vertenze dentro la Lazio e tanti altri ancora. Un classico. Come un classico rimane il conto salato da pagare a queste mosse della disperazione perché a essere confinati sul campetto laterale d'allenamento mentre gli altri volano per il mondo sono buste paga spesso a sei zeri, con impatti notevoli sui bilanci.
Un esempio? Origi, Rebic, Caldara e Lazetic insieme costano al Milan non meno di 15 milioni di euro al lordo. Bonucci, Zakaria e Arthur (per il quale si tratta il prestito alla Fiorentina con stipendio compartecipato) si spingo almeno a 20. Loro puntano i piedi, dirigenti, allenatori e tifosi si spazientiscono perché spesso mancano spazio e risorse per nuovi colpi. Ma la colpa in fondo è loro perché l'errore è stato a monte, prendendo calciatori non adatti ai quali sono stati promessi stipendi fuori mercato quasi ovunque, oppure a valle, rifiutando la seconda chance per integrarsi. In ogni caso non il massimo in materia di gestione di progetto sportivo e conto economico. Viene spacciata come rivoluzione, altro non è che un vecchio vizio (non solo italico).