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Ansa
Calcio

"Mondiale biennale? Ecco perché Infantino ha ragione"

La battaglia tra Fifa e Uefa, le opportunità di crescita del business del calcio e la sfida per catturare l'attenzione delle nuove generazioni: Floridi favorevole alla rivoluzione che Zurigo vuole varare

Mondiale biennale sì o no? La rivoluzione che Infantino e la Fifa cercano di imporre al calcio è il grande punto interrogativo di un periodo storico di cambiamenti, in cui anche il pallone cerca di immaginare se stesso proiettato nel futuro avendo la consapevolezza che corre il rischio di perdere la sua centralità. Un dibattito a tratti lacerante, che nasconde un contrasto politico ed economico tra due giganti (Fifa e Uefa) e che si intreccia con le spinte degli altri attori di questo mercato miliardario sempre meno identificabile come sport e sempre più azienda di intrattenimento.

Trovare qualcuno che sia favorevole alla riforma Infantino in Europa non è semplice. Emanuele Floridi, consulente di calcio, media e telecomunicazioni, lo è ma più ancora è interessato a tutto il tessuto che si trova nella parte meno pubblica e nota della discussione sull'idea del Mondiale ogni due anni che nei prossimi mesi arriverà alla resa dei conti e sarà votata (bocciata o accolta?) a Zurigo.

Da dove partiamo?

"La premessa è che da anni assistiamo a una differente velocità di crescita e cambiamento tra Fifa, Uefa e le singole federazioni. E poi noi in Italia e in Europa siamo già alla saturazione dell'offerta del prodotto calcio mentre altrove c'è fame di pallone e possibilità di investimenti e crescita. Noi siamo logorati, in larga parte del resto del mondo no"

Emanuele Floridi

E' uno dei cavalli di battaglia della Fifa per cercare di superare la contrapposizione della Uefa al Mondiale biennale

"Ci sono evidenti differenze di visione politica tra le due entità, con la Uefa che oggi è più grande della sua stessa casa madre. Ecco perché sarebbe una grande opportunità raddoppiare il Mondiale e non solo, perché varrebbe anche per l'Europeo o la Copa America. E' una questione di occupare spazi che altrimenti restano liberi e sono destinati ad essere occupati da altri"

Non solo dentro lo sport?

"No. Guardate cosa ha fatto l'ATP che si è inventata le Finals per prendersi una parte del calendario prima scoperta"

Ci sono arrivati anche cancellando e razionalizzando

"Vero, ma anche nel calendario del calcio si può e si deve intervenire. E' sotto gli occhi di tutti che l'attuale sistema delle soste internazionali sia faticoso e poco produttivo"

Si rischia sempre di fare progetti senza tenere in conto chi paga, cioè i club?

"Sono gli stessi club che per primi possono guadagnare dal Mondiale biennale e da una nuova organizzazione. L'industria delle sponsorizzazioni sportive e dell'intrattenimento avrebbe un grande vantaggio nel sapere che esiste una programmazione certa e che si ripete, senza tempi morti. Un prodotto che se non si alimenta rischia di spegnersi da solo e oggi una fetta del prodotto calcio non è organizzato ed è in mano solo ai privati. Accentrato e organizzato varrebbe di più e sarebbe un vantaggio per tutti"

L'obiezione è che storicamente il sistema a cascata della suddivisione dei ricavi dalla Fifa ad arrivare alle società non ha funzionato

"Cambierebbe il valore e dovrà cambiare anche il sistema di suddivisione, con un nuovo modello e un nuovo meccanismo che, però, potrà godere di un vantaggio e cioè di poter gestire una torta molto più grande. Quello che succede oggi non è un sistema perfetto"

In che senso?

"Oggi gran parte del valore viene creato dai primi 4-5 campionati che sono concentrati tutti in Europa, dalla Premier League fino alla Ligue1 se si vuole inserirla. Sono loro a produrre valore che poi la Uefa suddivide in maniera politica a tutte le federazioni, anche se per molti eventi c'è poco interesse sportivo perché già non esiste competitività rispetto a tutto il resto d'Europa"

E' il principio che ha mosso i creatori della Superlega

"L'idea in sé non era e non è sbagliata, è stato errato il modo e il tempo in cui è stato proposto. Togliere il merito sportivo, ad esempio, è stato un autogol. Ma immaginare qualcosa che abbia un valore complessivo superiore alla fine avvantaggerebbe tutti e l'idea di riformare il Mondiale è la stessa cosa. La Fifa pensa che riempendo gli spazi vuoti e razionalizzando il resto delle attività, dando così meno fastidio a campionati e coppe, alla fine il bilancio sarà positivo per tutti: risparmio economico, meno stress per impegni e trasferimenti e un prodotto più vendibile"

I critici di questo ragionamento sostengono che non è detto che moltiplicare un evento come il Mondiale possa aumentarne il valore. Ci sono sport che hanno perso aumentando i propri momenti top come il combattimento per un titolo mondiale…

"Vero, però dare più opportunità significa anche coinvolgere un maggior numero di calciatori e allargare la base. Oggi solo tre giocatori su cento arrivano davvero a un Mondiale, domani potrebbero essere molti di più dando un senso anche all'investimento complessivo che si fa su tutto il sistema. E poi dobbiamo sempre ricordarci che non esiste solo l'Europa"

Non sempre in passato queste operazioni di trapianto della cultura calcistica in territori nuovi ha funzionato. Anzi

"Questa volta la Fifa sta facendo il ragionamento inverso rispetto a quanto tentato da Blatter in Africa o Nord America. Prima semina e poi proverà a raccogliere cercando di rendere grandi aree geografiche luoghi in cui il calcio possa diventare sport prevalente, cosa che in questo momento non è col rischio che si perda questa ultima occasione, soprattutto nei confronti delle nuove generazioni che ormai hanno interessi trasversale molto diversi e molto lontani dal calcio"

Infantino quante chance ha di riuscire a convincere tutti della bontà del suo progetto?

"Penso che possa farcela anche perché c'è una forte spinta dai paesi che hanno margine di crescita e in Europa il fronte contrario non è così compatto come sembra. Se tu non riempi quegli spazi, finirà per prenderli qualcun altro ed è un rischio che non si può correre per non finire come in Italia dove ormai il prodotto calcio lo acquistano quasi solo gli over 40 e i ragazzi non si avvicinano. A livello mondiale tutto questo è moltiplicato come ordine di grandezza"

La NBA, sistema sportivo evoluto più di tutti, è in realtà un sistema chiuso che non riconosce nemmeno il contesto in cui è inserito. Ad esempio nega i giocatori alle nazionali. Perché non potrebbe funzionare anche nel calcio?

"Anche la NBA sta attraversando una crisi di sistema. E' fortissima sul mercato interno, molto meno quando si esce dagli Stati Uniti con criticità ad essere visto e seguito come prima. Tutti i modelli possono essere rivisti. Il tema centrale è che la digitalizzazione e la revisione dei contenuti obbligano a fare i conti con strutture e approcci che devono essere riprogrammati per intercettare nuove generazioni e nuovi clienti. Ho una convinzione"

Quale?

"Che molti alla fine si riposizioneranno sul tentativo che sta portando avanti la Fifa con Infantino. Non è detto sia un modello centrato, ma è un tentativo di riprendersi una centralità che rischia di svanire con ricadute e benefici anche per il resto del contesto"

Il famoso Pil indotto dal grande evento

"Portare il Mondiale in un paese significa stimolarne la crescita e il calcio, in questo momento, ha meno segnali negativi rispetto ad altre grandi manifestazioni in crisi come le Olimpiadi che nessuno vuole più organizzare per costi e benefici. Per il Mondiale no, c'è fame e spazio per muoversi e innovare"

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Giovanni Capuano