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Calcio

La guerra della Fifa per il Mondiale donne che nessuno vuole

Il presidente Infantino pronto a oscurare il torneo della prossima estate in Europa: offerte ribassate del 99% rispetto al torneo maschile. Eppure nel 2019 ci fu un boom di ascolti (anche in Italia)

L'ultimo messaggio di Gianni Infantino è stato di sfida: "Se le offerte continueranno a non essere accettabili, ci vedremo costretti a non vendere i diritti del Mondiale femminile di calcio nelle Big 5 europee" che sono Italia, Inghilterra, Spagna, Germania e Francia. Il cuore pulsante del football televisivo, i mercati che storicamente trainano la raccolta fondi di Fifa e Uefa perché in grado di garantire ricavi miliardari. Non si è trattato della prima uscita pubblica del presidente della Fifa, preoccupato perché il Mondiale donne della prossima estate (20 luglio-20 agosto le date) non sta raccogliendo attenzione dai broadcaster del Vecchio Continente. Colpa anche della collocazione geografica in Australia e Nuova Zelanda, che rende il tutto meno attrattivo per le televisioni europee. Ma colpa anche di una mentalità molto maschilista che considera il calcio femminile ancora come una sorta di passatempo a livello dilettantistico o quasi.

E' per questo che le offerte arrivate a Zurigo in questi mesi sono state considerate indecenti. Cifre ufficiali non circolano, ma da quello che si apprende siamo nell'ordine di un ribasso tra il 95% e il 99% rispetto a quello che gli stessi mercati hanno riversato sui Mondiali maschili di Qatar 2022. Tradotto in dollari, se un Paese ha pagato 200 milioni i diritti del torneo che ha visto Messi trionfare davanti a Giroud e sotto gli occhi dello sceicco, per trasmettere il Mondiale donne della prossima estate non va oltre i 10 milioni. Ad andare bene. Perché pare che ci sia anche chi - Italia - non vada oltre un misero 1%: 2 milioni contro 200.

C'è il tema degli orari notturni con partite che si giocheranno con il fuso orario peggiore possibile per chi sta in Europa. Ma c'è anche una certa miopia, se è vero che l'edizione 2019 in Francia si rivelò sorprendente dal punto di vista degli ascolti televisivi. In Italia la sfida delle azzurre del ct Milena Bartolini contro il Brasile arrivò a raccogliere un'audience di 7,3 milioni di telespettatori essendo stata programmata su Rai 1, la prima volta nella storia dell'emittente di Stato. Tutte le gare della nazionale furono un successo Auditel e a livello globale la Fifa contò 1,12 miliardi di utenti tra tv e piattaforme digitali con un aumento del 30% rispetto al 2015.

Il calcio femminile, insomma, può avere un suo spazio così come il resto dello sport che, rifacendoci a vecchi cliché, continuiamo a definire in rosa. Eppure i numeri dicono altro. Quelli raccolti ed elaborati dall'Osservatorio di Pavia, che monitora quanto passa per le televisioni italiane, sono ad esempio mortificanti. L'attenzione mediatica rivolta allo sport femminile negli ultimi anni si è attestata al 5% e al di fuori dei grandi eventi è scesa al 4%. Nel 2020 il monitoraggio di 38 testate nazionali ha restituito un 3% alla voce "Professioniste sport nelle news" con un picco nelle rubriche Rai del 25,8%. Tutto il resto è al maschile e il racconto delle donne, anche delle campionesse che ci hanno regalato trionfi e medaglie, viene troppo spesso associato a stereotipi di genere: corporeità, ambiente familiare, contrapposizione tra l'essere donna e l'essere atleta.

La fotografia è stata presentata nel corso del lancio di #100esperte per lo sport, un progetto per dare voce sui media all'expertise femminile in ambito sportivo. Un'altra faccia della medaglia se è vero che le donne hanno visibilità pari solo al 14% del totale di quanto pubblicato (86% uomini) e non sono quasi mai interpellate come esperte. Non ci credete? Ripassate mentalmente studi e post partita che accompagnano i nostri campionati maggiori.

C'è un problema che va oltre la battaglia di Infantino perché il Mondiale 2023 non sia invisibile in Europa. La Fifa ha deciso di appellarsi soprattutto alle emittenti pubbliche perché si facciano carico di un ruolo sociale e investano per dare visibilità e piena dignità alla rassegna di Australia e Nuova Zelanda. Da parte sua Zurigo ha stanziato un montepremi di 152 milioni di dollari che triplica quello di Francia 2019 e decuplica le cifre del 2015. Perché la forbice del "gender gap" nel calcio si accorci, però, serve che ci si creda e che anche per le donne si inneschi il circolo virtuoso reso possibile quasi unicamente dagli investimenti dei grandi broadcaster televisivi.

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Giovanni Capuano