Oaktree nell'Inter, l'ultima scommessa di Zhang
Il fondo entra nel club con un finanziamento che chiude la crisi di liquidità (per ora). Cosa accadrà nei prossimi mesi e perché i cinesi sono vicini all'addio - TUTTI GLI ERRORI DI ZHANG DOPO LO SCUDETTO
Non è un semplice finanziamento, ma nemmeno la svolta radicale ipotizzata per mesi nel corso dell'inverno. L'Inter resta nelle mani della famiglia Zhang, ma l'ingresso nel capitale del fondo Oaktree assomiglia al preannuncio di una svolta a medio termine. Qualcosa che ricorda nella traiettoria degli eventi lo sbarco di Elliott nella galassia della Serie A, anche se ogni paragone tra Suning e il misterioso Yonghong Li è improprio e il finale non è nemmeno scritto in partenza. Di sicuro l'operazione che porta nelle casse dell'Inter 275 milioni di euro si trasforma in un acquisto (oneroso) di tempo da parte della proprietà cinese che ha riportato lo scudetto a Milano dopo undici anni e che ha scelto di non uscire dal business, forse per non cristallizzare una perdita da alcune centinaia di milioni di euro.
Il termine scritto perché Suning rimborsi i 275 milioni di euro a Oaktree, che potrà diventare il socio di minoranza del club rilevando il 31,05% in mano al fondo LionRock Capital, è di tre anni: o Zhang avrà rimesso in sesto i conti dell'Inter e ristabilito liquidità anche per le sue aziende in Cina, così da poter garantire l'arrivo di denaro in Italia, oppure Oaktree escuterà le azioni datele in pegno in questa operazione che, di fatto, limita da qui in poi il raggio d'azione di Suning. Non è il massimo per una società che, uscita dalla bufera, dovrà comunque prima o poi riprendere la strada degli investimenti per crescere ma non è nemmeno lo scenario peggiore perché sarà interesse primario del creditore (Oaktree) evitare che quanto ha in pegno perda valore. Un equilibrio sottile che da qui in poi accompagnerà il lavoro quotidiano dei dirigenti nerazzurri, obbligati a sbagliare il meno possibile le scelte sportive per non dilapidare il patrimonio di credibilità acquisito con fatica e ingenti sforzi.
E' impensabile che l'Inter possa vivere ancora mesi sul filo come quelli che si è messa alle spalle. Dovrà garantire al mondo del calcio che la circonda, prima ancora che a se stessa, di aver ritrovato solvibilità e credibilità. La condivisione della crisi pandemica che ha investito il calcio italiano e internazionale ha creato le condizioni perché Marotta riuscisse a pilotare il club tra proroghe e deroghe, accordi e facilitazioni. Non potrà essere così in eterno. Steven Zhang, per se e per conto del padre, è chiamato a sfruttare il tempo acquisito con l'operazione Oaktree facendolo fruttare ed evitando gli errori degli ultimi mesi, la lontananza fisica e non solo dai collaboratori italiani, l'incapacità di comunicare una strategia e una visione pur nel sacrificio, l'irruenza nel chiedere a calciatori e dipendenti tagli non rispettando il momento della festa che è, in sintesi estrema, il momento della gratificazione dopo il lavoro svolto.
Il primo banco di prova è il confronto con gli uomini che, in sua assenza, hanno cucito il tricolore sulla maglia nerazzurra: Beppe Marotta, Antonio Conte, Alessandro Antonello e Piero Ausilio. Per una volta il vertice, come ce ne sono mille nella storia di un club, è asimmetrico; non c'è un allenatore da convincere o visioni diverse da mettere insieme prima di cominciare un lavoro. Ci sono gli operativi di una società (tutti) che dopo mesi al buio pretendono che sia tracciata la strada. Qualunque essa sia. Per poi decidere se cominciare a percorrerla o lasciare la famiglia Zhang da sola con la sua ultima scommessa.
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