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L'inutile processo al Milan di Pioli

Le difficoltà in Europa mettono sul banco degli imputati il tecnico dello scudetto. Molti tifosi lo vorrebbero allontanato dalla panchina, ma resta il migliore interprete delle scelte del club - LEAO, COSA MANCA PER ESSERE UN CAMPIONE

La sconfitta di Parigi, che segue quella con la Juventus in attesa di andare al Maradona a sfidare il Napoli, ha riacceso il processo a Stefano Pioli. C'è una fetta di popolo milanista che ormai identifica il tecnico dello scudetto come il problema principale nel processo di crescita della squadra, accusandolo di rigidità tattica, presunzione e scarsa lucidità nella lettura delle partite. Sul banco degli imputati, Pioli è finito dopo aver visto il suo Milan consegnarsi con le stesse modalità a Inter, Juventus e Psg: avversari forti e veloci, che tatticamente hanno sfruttato a proprio vantaggio la scelta milanista di difendere aggredendo e accettando confronti uno contro uno tra attaccanti e difensori.

E' l'accusa che anche capitan Davide Calabria ha mosso, forse non accorgendosi del peso delle sue parole, nel post gara al Parco dei Principi. Pioli lo ha rimbrottato in tempo quasi reale, ma lo sfogo di Calabria è stato benzina sul fuoco dei contestatori. E' un giusto processo quello che sta subendo l'allenatore che ha riportato il Milan a conquistare lo scudetto e che ha da poco festeggiato i quattro anni dal suo sbarco a Milanello?

No. Almeno per tre motivi. Che da parte sua ci siano stati errori di impostazione e che non tutte le sue letture siano state lucide è fuori di discussione, ma è anche fisiologico. Non esiste tecnico che sia esente da sbagli e che non sia innamorato del proprio modo di intendere calcio correndo il rischio di trasformarsi in integralista di un'unica idea di pallone. La bravura sta nel sapersi correggere e fin qui Pioli ha dimostrato di esserci sempre riuscito, anche nei momenti più difficili. Deve, dunque, avere ancora credito per poter operare in maniera funzionale.

Le ragioni per cui il processo è esagerato, però, sono altre e risiedono nella qualità e quantità dl materiale umano messogli a disposizione dal club la scorsa estate. La prima: il Milan è passato attraverso una rifondazione tecnica imponente che ha ridisegnato la rosa e cambiato nel dna il gruppo a sua disposizione. Sono arrivati giocatori di livello medio-alto, alcuni da valorizzare nelle potenzialità che mostrano, e soprattutto a centrocampo lo spartito è da ridisegnare completamente. Tre mesi di lavoro non sono sufficienti e il bilancio non è nemmeno negativo, visto che in campionato la squadra viaggia a 2,33 punti di media pur avendo avuto un calendario denso di insidie.

La seconda: il Milan aveva bisogno di un grande attaccante che finalizzasse il gioco e non lo ha avuto. Scelta della società che Pioli sta assecondando senza fare storie. Quanti altri allenatori starebbero in silenzio dovendo basare una stagione su un meraviglioso 37enne come Giroud, quasi senza alternativa? Non è aziendalismo, ma condivisione di un percorso più ampio che non può non tenere in considerazione la maniacale attenzione alle questioni di bilancio che valeva per Elliott e vale oggi per Cardinale.

La terza: licenziati Maldini e Massara, il Milan ha scelto un'organizzazione dell'area sportiva che non prevede un dirigente forte di collegamento tra campo e mondo esterno. Pioli si trova sempre da solo in prima linea, soprattutto quando deve spiegare sconfitte brucianti. E' una situazione alla lunga logorante, della quale il tecnico è vittima. Furlani e Moncada non hanno lo standing per ricoprire quel ruolo. Mai come in questo momento servirebbe la figura adatta.

In conclusione, che auspica il #PioliOut ha perso il senso della realtà e mette sul conto dell'allenatore tutte le frustrazioni per risultati che, dopo lo scudetto, non sono stati a livello del meraviglioso 2022. C'è un fondo di verità, ma il colpevole unico è una via d'uscita troppo semplice e poco funzionale per risolvere i problemi. Semmai sarebbe utile farsi e fare un paio di domande: chi al posto di Pioli, se mai dovesse essere allontanato? E quale parte di responsabilità hanno le colonne della squadra (Theo Hernandez, Leao, lo stesso Calabria) che a turno bucano gli appuntamenti che contano non trasferendo in campo il loro valore di mercato?

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Giovanni Capuano