Quanto rende il malaffare degli ultras di Inter e Milan
Le pagine dell’ordinanza che ha decapitato i vertici delle curve di Inter e Milan consentono di ricostruire dall’interno, con cifre e metodologie, a cosa corrisponda davvero il business della curva di una grande squadra italiana.
Una macchina da soldi con una contabilità parallela ufficiale tenuta da una persona di fiducia. Linee di ricavo diversificate per garantire ritorni a tante persone ma in particolare ai membri del cosiddetto direttivo, il gruppo ristretto che governa la curva e che si è arrampicato fino alla cima della piramide del tifo ultras in una logica di scontro tra gruppi dove a prevalere è il più forte. Che significa quasi sempre quello con l’anzianità di più lungo corso e il profilo criminale più importante. Le pagine dell’ordinanza che ha decapitato i vertici delle curve di Inter e Milan consentono di ricostruire dall’interno, con cifre e metodologie, a cosa corrisponda davvero il business della curva di una grande squadra italiana.
E’ un fiume di denaro alimentato da gestione di centinaia di abbonamenti stagionali, bagarinaggio dei biglietti, organizzazione delle trasferte (soprattutto quelle internazionali), controllo degli ingressi e dei tornelli, vendita di merchandising e commercializzazione all’interno dello stadio di bibite e alimentari, servizi di protezione e guardiania esterni per scoraggiare la presenza di competitori negli affari, rapporti con chi si occupa dei parcheggi. Tutto serve per fare soldi. Centinaia di migliaia di euro – ma la somma delle diverse voci porta a milioni il conto totale – solo in parte reinvestiti nell’attività di sostegno alla squadra. Il resto viene suddiviso tra i capi con bonus a fine stagione da decine di migliaia di euro. Basta leggere le intercettazioni che riguardano Marco Ferdico (capo ultras della Nord) e che risalgono al giugno 2023 pochi giorni dopo la finale di Istanbul: “Allora… stagione calcistica: 265mila fatti, puliti!”. E poi la ricostruzione dei gettoni da distribuire a pioggia: “30 io, 30 a te e 30 al ‘Lungo’; regalo per Matteo… eh? Ok, 25 a Mauro, 15 Papà e 15 Belloebuono”. Nessuno deve essere escluso, un equilibrio va trovato rispettando gerarchie e, secondo gli investigatori milanesi, riconoscendo contributi anche ai Bellocco che dalla Calabria hanno messo occhi e mani sul business di San Siro.
E’ solo la punta dell’iceberg di un’attività che con il tempo si è ramificata oltre ogni livello di guardia. I capi ultras gestiscono centinaia di abbonamenti stagionali, acquistati senza alcuno sconto (la stagione delle gratuità è ormai alle spalle), ma con l’agevolazione di poterseli far riservare “in lotto cospicuo” presentando delle liste e pagando a rate. Nelle carte dell’inchiesta c’è riferimento a 250mila euro girati all’apposito ufficio Inter in parte in contanti e il resto con bonifici o assegni. Tessere che servono per garantire l’ingresso ai fedelissimi, lo zoccolo duro della curva, e per fare la cresta sugli ingressi della singola partita essendo il prezzo frazionale dell’abbonamento particolarmente basso in confronto a quello della vendita match per match. Non solo: attraverso l’ingresso dei cosiddetti “striscionisti” (ultras deputati a preparare coreografie e striscioni), spesso i capi recuperano decine (80/90 a partita) di tessere non vidimate e rivendute all’esterno dello stadio nell’immediatezza del fischio d’inizio. Guadagno netto come per le decine di persone accompagnate personalmente ai tornelli e fatte entrare con la complicità di alcuni stewards. Non è un caso che quando forze dell’ordine e società danno l’ordine di rafforzare la vigilanza ai cancelli, i capi ultrà ordinando la rivolta con disordini per convincere tutti che serve il ritorno alla situazione precedente.
I biglietti restano una delle attività più redditizie. La loro gestione è affidata a un uomo di fiducia del direttivo. E’ lui che si interfaccia con i responsabili dei rapporti con i tifosi all’interno del club e tra favori e allusioni minacciose cura gli interessi della curva: canali preferenziali per la prevendita delle trasferte, pizzo sugli ingressi in curva (10 euro a persona) e nelle grandi occasioni un vero e proprio tesoro da dividersi. E’ il caso della finale di Champions League a Istanbul che serve per dare una dimensione del business, illegale, del bagarinaggio da curva. La vicenda è descritta nei dettagli. La Nord pretende 1.500 biglietti e riceve garanzie solo su 800; protesta, minaccia e attua sciopero del tifo e contestazione, mobilita Inzaghi, dirigenti, giornalisti ed ex giocatori per avere un contingente superiore e alla fine lo ottiene. A chi va? In larga parte diviso tra i boss della curva cui i tagliandi vengono ceduti già con un ricarico enorme (600 euro) e con il via libera per un aumento di ulteriori 200 per gli utenti finali. Siccome la torta interessa a tutti, se non si trova l’accordo ecco la promessa di bonus a fine stagione per arrivare comunque a una cifra congrua: 40-50mila euro di gettone per stare sui 120mila.
LE CARTE DELL'INCHIESTA: ECCO GLI AFFARI DELLE CURVE DI INTER E MILAN
Poi c’è il merchandising. Fuori da San Siro vale da 500 a 1.000 euro a partita casalinga ma nel caso della Nord è il punto vendita di Pioltello aperto da Andrea Beretta, ora in carcere per la morte di Antonio Belocco lo scorso 4 settembre, ad attirare le attenzioni degli altri capi ultras e dei compari calabresi. Vende prodotti Curva Nord 69, il brand che ha raccolto – non senza tensioni tra i gruppi – tutti gli striscioni sancendo il dominio di Beretta e Bellocco sulla curva. Quanto incassa? La stima che emerge è di 600mila euro all’anno puliti. Soldi che sono all’origine della lite che porta alla sparatoria di Cernusco sul Naviglio. Il giro d’affari è così ingente, però, da aver consentito versamenti in contanti da 85mila euro tra il 2019 e 2021 all’allora leader Vittorio Boiocchi, lo “Zio” poi ucciso a freddo sotto casa nell’ottobre 2022.
Nel processo di diversificazione dei loro affari, gli ultras della Curva Nord avevano anche dato vita a una società di nome “We are Milano” affidata a persona di estrema fiducia e utilizzata per poter interloquire con la società. L’ordinanza che ha portato in carcere i vertici della Nord ricostruisce i movimenti e aiuta a disegnarne un ordine di grandezza: i flussi finanziari tracciati dal 2020 al 2022 ammontano a 882.051,23 euro in entrata (prevalentemente vendita di gadgets) e 865.591,97 euro in uscita.
A questo si aggiungono i rapporti con chi gestisce i parcheggi, chiamato a versare un contributo mensile di alcune migliaia di euro (4mila) e il controllo pressoché totale ricercato di qualsiasi attività abbia a che fare con il territorio della curva dentro San Siro. Per dare un’idea, è utile leggere cosa accaduto nella Sud milanista dove uno dei responsabili di una società che ha in gestione i baretti interni spiega di aver ricevuto pressioni per consegnare ai capi centinaia di buoni birra a prezzo ‘politico’ (1.500 euro per 500 consumazioni) poi rivenduti da questi nel corso della partita. Pressioni arrivate al “blocco” dell’attività senza che stewards e forze dell’ordine facessero nulla e che aveva causato perdite da 12 a 26mila euro.