San Siro, il sindaco Sala all'angolo ma la responsabilità e sua
Milan e Inter a un passo dal trasloco fuori Milano e Palazzo Marino sta cercando una via d'uscita per salvare il salvabile
Lo strappo del Milan che si ha compiuto un passo sostanziale verso il futuro a San Donato Milanese, investendo 40 milioni di euro nell'acquisto dell'area San Francesco e avviando tutte le procedure burocratiche per la costruzione del nuovo stadio, ha impresso un'accelerazione alla vicenda di San Siro e del suo destino. La posizione del club rossonero appare irreversibile, quella dell'Inter è solo un po' più indietro ma non dà segni di cedimento nell'idea di trasferire tutto a Rozzano.
E' comprensibile, dunque, che il sindaco Sala abbia messo la questione stadio in cima alle priorità della sua agenda. E' cambiato l'ordine dei fattori rispetto a quando da Palazzo Marina faceva sapere ai club di doversi occupare di altro e di non avere tempo per concentrarsi solo sul progetto presentato nel 2019 dalle due società e che si basava su un punto fondamentale: nessuno chance di riqualificazione, struttura da abbattere e da rifare a poche decine di metri con investimento complessivo da oltre un miliardo di euro.
Beppe Sala allora ha temporeggiato. Stretto tra le necessità di Milan e Inter e le istanze della maggioranza che lo sostiene, ha perso il momento giusto e si è fatto scivolare via la finestra politica in cui indirizzare una decisione. Poi è cambiato il vento e anche da Roma non è arrivato un aiuto. Anzi. A Milano è sbarcata una soprintendente favorevole al vincolo sul secondo anello (dal 2025) e la strada si è fatta irta e impossibile.
Ora Sala sta gettando sul tavolo le poche carte che gli sono rimaste. Offre il diritto di concessione noventennale a costo bassissimo che equivale quasi alla proprietà. Ha fatto presentare un intervento di restyling a prezzo contenuto (300 milioni di euro) che in teoria dovrebbe allettare le due proprietà. E sta seguendo la strada del ricorso contro il vincolo. Argomenti interessanti ma che non rispondono al quesito unico posto all'inizio da Milan e Inter per restare a Milano e, cioè, di demolire l'attuale stadio per farne uno moderno nella zona più naturale per ospitarlo.
La sensazione è che il margine per ricucire sia minimo, forse inesistente. Legato più che altro alla cortesia istituzionale del Milan o a ribaltoni di proprietà all'Inter. In ogni caso, però, non sarà un successo e Milano dovrà interrogarsi su come la città del fare si sia ridotta a un suicidio politico che rischia di lasciare in eredità un mostro di cemento destinato a deperire se non utilizzato.
Post scriptum - Dovesse restare senza Milan e Inter, il vecchio San Siro sarebbe obbligato a provare a salvarsi moltiplicando gli unici eventi che lo fanno vivere al di fuori del calcio: i concerti. Che da sempre sono l'obiettivo numero uno delle proteste dei comitati di quartiere, fin qui dominanti tanto da imporre limiti al loro numero e alla modalità di esecuzione. Gli stessi quartieri che, minoritari e irrilevanti a livello cittadino, sono diventati strumento ideologico nelle mani di una parte della maggioranza di Sala. Chi gli spiegherà che, senza i calci al pallone, dovranno sorbirsi la moltiplicazione dei decibel?