Milan e Inter, ultima chiamata per il nuovo San Siro
Il dibattito pubblico prima del via al cantiere, che non arriverà prima della fine del 2024. Costi, tempi e l'idea di dare a Milano un nuovo quartiere e non solo uno stadio moderno
La certezza è che il tempo corre veloce e sta scadendo. Il progetto del nuovo stadio di Milan e Inter approda al dibattito pubblico e l'aspettativa dei due club è che tutto fili liscio, aperti al confronto e anche a reperire proposte migliorative ma non a rimettere in discussione l'impianto del dossier ripresentato al Comune di Milano dopo tre anni di intensa dialettica. Un progetto in cui i volumi edificatori sono stati tagliati sacrificando 47.000 mq rispetto ai 145.000 previsti nel 2019, quando l'indice era 0,51 mq/mq e non 0,35 come imposto da Palazzo Marino, il verde portato a coprire un terzo dell'intero piano di intervento (103.000 su 280.000 mq) e una parte del comparto dedicato a progetti commerciali ed attività terziarie ridotto.
Non c'è spazio, insomma, per altri interventi se non a costo di rimettere in discussione l'intero investimento. Milan e Inter, unite anche nell'ultimo passo pubblico di questo lungo iter, non lo nascondono tanto da tenersi aperti anche eventuali piani alternativi, qualora il confronto - passaggio obbligatorio - si rivelasse un muro contro muro aprendo la strada a una stagione di ricorsi. "Siamo impegnati sull'area di San Siro, crediamo in questo progetto e non abbiamo piani B ma solo piani A perché è giusto che le società guardino anche altrove per avere un'eventuale alternativa o scoprire che esistono opzioni con punti di vantaggio" è la sintesi di Paolo Scaroni, presidente del Milan, l'uomo che nel settembre 2019 immaginava che si potesse procedere rapidamente "perché Milano è la città del fare" e tre anni più tardi si è dovuto ricredere.
NESSUNA SPERANZA PER IL VECCHIO SAN SIRO
Tra le certezze, nonostante l'ampio dibattito che continua ad attraversare tifosi e addetti ai lavori, è che non può esserci spazio per un ruolo futuro del vecchio San Siro. Andrà abbattuto perché una sua ristrutturazione, si legge nella sintesi del progetto depositato in Comune, "non è in grado di fornire le condizioni ritenute essenziali per il rinnovo della concessione": costi eccessivi, limiti strutturali insuperabili e la difficoltà di immaginare un intervento che costringerebbe Milan e Inter a convivere con un cantiere aperto per tre stagioni o ad emigrare non si sa dove perché nelle vicinanze di Milano non esiste un impianto da almeno 50.000 posti che possa ospitare rossoneri e nerazzurri.
Niente spazio per i nostalgici ma, come ha spiegato anche Paolo Maldini, il calcio milanese ha bisogno di guardare al futuro e può farlo solo dotandosi di uno stadio al passo con i tempi, che garantisca maggiori ricavi (120 milioni stimati) rispetto ai 40 attuali e che sia inserito in un distretto multifunzionale in cui, oltre alla cittadella dello sport e al verde ci sia spazio anche per quelle attività commerciali che servono a garantire la sostenibilità di un investimento da 1,3 miliardi di euro in project financing con contributi in equity dei due club.
Il render del progetto Populous per il nuovo San Siro di Inter e Milan: è il futuro? Ansa
IL DESTINO DELLA CATTEDRALE DI POPULOUS
Nel rendering che accompagna il dossier al centro del dibattito pubblico - fine prevista a metà novembre - il nuovo stadio di Milan e Inter ha sembianze molto diverse rispetto alla Cattedrale dello studio Populous, che le società hanno scelto e annunciato come soluzione architettonica. Non è un passo indietro, ma è una delle novità di questo passaggio dell'iter perché l'idea della Cattedrale, una volta che sarà dato il via alla realizzazione del progetto definitivo, dovrà essere calata dentro i nuovi parametri usciti dal lungo confronto con Palazzo Marino; questione di volumetrie e non solo. Possibile qualche novità.
Nessuna deroga, invece, sulla capienza studiata per il nuovo impianto: sarà di 60-65.000 posti di cui 9.000 premium, in linea con i benchmark europei e con soluzione che limiteranno l'impatto visivo e acustico della struttura: si passerò dagli attuali 65 metri di altezza a 35 con una tenuta del rumore che aiuterà la convivenza con il quartiere circostante, rispondendo anche a molte delle critiche dei residenti. Sostenibilità è un concetto caro a Milan e Inter che cercano di convincere gli indecisi non solo con gli investimenti sul parco urbano, ma anche con gli interventi per abbattere il consumo energetico dello stadio che oggi on è autosufficiente a produce 2.000 tonnellate di CO2 all'anno.
QUANDO SARA' INAUGURATO IL NUOVO STADIO?
Il tema delicato resta quello dei tempi. Dopo il dibattito pubblico serviranno altri 60 giorni per la relazione, il via libera alla realizzazione del progetto definitivo (costerà non meno di 50 milioni di euro che i club investiranno solo con la certezza di arrivare alla realizzazione dell'opera) che occuperà non meno di 8-9 mesi. Poi l'ok finale, la messa a gara per la concessione e finalmente l'apertura dei cantieri che non potrà arrivare prima della fine del 2024.
Gli ingegneri stimano in 1.400 giorni il tempo necessario per tirare su il nuovo stadio, della torre uffici, del centro congressi e dei parcheggi (inaugurazione nella stagione 2027/2028) e in altri 1.000 giorni quello che sarà utilizzato per demolire San Siro, a quel punto non più funzionale, e realizzare centro commerciale, aree a verde e cittadella dello sport che si trovano proprio in quell'area del comparto. Le Olimpiadi invernali del 2026 vivranno la loro cerimonia inaugurale nell'attuale Meazza e le squadre non lo abbandoneranno almeno per altre cinque stagioni. Tempo per metabolizzare l'addio, insomma, non manca.
L'obiettivo di Milan e Inter è procedere senza ulteriori intoppi burocratici. Il distretto multifunzionale intorno allo stadio ("Rimane l'assoluta vocazione sportiva" ha precisato Alessandro Antonello, amministratore delegato corporate dell'Inter) è in realtà un vero e proprio piano di rigenerazione urbana e, dunque, dovrebbe stare a cuore anche ai residenti. Fin qui le critiche e opposizioni sono state feroci, ora è arrivato il momento del confronto aperto: "Quei 280.000 metri quadrati di area oggi rappresentano una ferita dal punto di vista del territorio, una distesa di asfalto - parole di Beppe Bonomi, manager di grande esperienza sul territorio milanese messo a capo del progetto - che va ricucita col resto del territorio perché non rappresenti più una barriera".
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