La rivolta della Serie A al protocollo: tutte le ragioni del no
I club bocciano le regole scritte dalla Figc con il Comitato tecnico. Ecco i nodi della bocciatura e l'elenco delle società contrarie - ECCO COSA PREVEDE IL PROTOCOLLO FIGC
Inter e Milan a guidare il gruppo, ma anche Napoli, Atalanta, Cagliari, Verona, Sampdoria, Genoa e - seppure con posizioni sfumate - Fiorentina, Sassuolo e altre società. Tutti contro il protocollo per gli allenamenti collettivi dal 18 maggio licenziato dalla Figc dopo durissimo confronto con Governo e Comitato tecnico scientifico. Un no clamoroso nei tempi e nei modi, non nella sostanza perché le perplessità erano circolanti già da settimane e sono venute a galla giusto nel momento in cui, con il documento di 15 pagine in mano, i club si sono trovati al bivio.
La richiesta è di riscrivere tutto o, almeno, le parti più controverse. Richiesta girata in prima battuta alla stessa Federcalcio e che sarà trasferita poi anche sui tavoli dei ministri competenti (Spadafora e Speranza) e del Comitato tecnico scientifico. Di sicuro il 18 maggio i cancelli dei centri sportivi non si chiuderanno alle spalle delle rose, degli staff e del gruppo di persone ritenute indispensabili per gestire la fase di preparazione. Oltre questo, però, il buio perché non è ipotizzabile al momento immaginare un passo indietro così clamoroso da parte del Governo e dei suoi consulenti.
PERCHE' I CLUB BOCCIANO IL PROTOCOLLO
La sintesi brutale fatta dalle società della Serie A è che, così come scritto, il protocollo è "non applicabile" e non garantisce reali chance di ripartenza del campionato. Per la quale, va inoltre sottolineato, continua a mancare l'indicazione di una data certa visto che nemmeno quella del 13 giugno votata in Lega è stata recepita dal Governo.
NO AL RITIRO PROLUNGATO - Il primo no viene espresso nei confronti del ritiro lungo per creare quella bolla sanitaria in cui far allenare le squadre. Nel protocollo si immagina dal 18 maggio per due o tre settimane ma la prospettiva non piace ai calciatori e nemmeno ai dirigenti anche perché viene considerato inutilmente punitivo verso ragazzi che sono appena usciti da due mesi di lockdown. Molti calciatori sono contrari e lo hanno espressamente fatto sapere. Altri potrebbero anche farsi certificare una sorta di impossibilità psicologica a rinchiudersi per un periodo così lungo. La speranza delle società è che un ritiro possa essere fatto eventualmente nei 10-15 giorni precedenti l'avvio del campionato.
ALLENAMENTI A GRUPPO COMPLETO - Anche perché l'idea di potersi allenare al massimo in gruppi di 7-8 giocatori è considerata limitante e non funzionale dal punto di vista tecnico. I club, anche sotto la pressione degli allenatori, vogliono poter partire da subito con partitelle e schemi assumendosi la responsabilità del comportamento dei propri giocatori, liberi di tornare a casa a fine seduta seppure con la prescrizione della massima attenzione.
IL MODELLO TEDESCO - C'è poi il grande nodo di cosa fare in caso di positività. Chi va in quarantena? Il protocollo dice tutto il gruppo, i club vogliono il modello della Bundesliga che lascia la possibilità di stabilire se è sufficiente isolare la persona trovata non negativa ai controlli (sulla cui capillarità non sono state fatte obiezioni).
STRUTTURE E RESPONSABILITA' PENALI - Il tema della responsabilità in capo al medico sociale è un altro punto dolente, soprattutto laddove non c'è la possibilità di gestire un eventuale ritiro blindato dentro un centro sportivo. La stragrande maggioranza delle società, non solo le piccole, dovrebbe prendersi in esclusiva un albergo a uso foresteria e in quel caso - è l'obiezione - diventerebbe impossibile assumersi la responsabilità del comportamento di chi lavora nella struttura ma non dipende dal club. Perché un medico dovrebbe farlo e di riflesso coinvolgere anche i suoi dirigenti?
LA DATA CERTA DI RIPRESA DELLA SERIE A - Per ultimo, ma solo in ordine temporale, il tema della data di ritorno in campo della Serie A. Il Governo non accetta di scriverla, nemmeno in via di ipotesi. Le società la pretendono per rimettere in moto tutto con anche il passaggio formale delle convocazioni che peserebbe poi sulla questione del taglio degli stipendi che quasi ovunque si è trasformata in una dura vertenza sindacale con i calciatori.
La sensazione è che i club abbiano alzato il muro cercando lo scontro definitivo. Da una parte la possibilità di ricominciare, dall'altra lo scenario dello stop imposto dall'alto che è l'unica forma che li tutelerebbe nei confronti delle televisioni, l'altro grande fronte aperto. In mezzo il presidente della Figc, Gabriele Gravina, che si è battuto per evitare che il ministro Spadafora chiudesse tutto seguendo l'esempio della Francia.
Non è un mistero che la rivolta dei club colpisca alle spalle la sua strategia e lo metta in una posizione di difficoltà e di imbarazzo. il partito del 'No calcio' ha molti più iscritti di quanto non si pensasse e in tanti hanno lavorato nell'ombra in queste settimane. Ora è il momento della verità.