Serie A e stadi, incassi record (ma ai club resta la metà)
Il calcio italiano vive un boom di presenze e ricavi, ma non è tutto oro quello che luccica. Ecco come funziona l'equilibrio tra spese, tasse e affitti e perché alle società rimane il 50% di quanto incassano al botteghino
Un record dopo l'altro, il calcio italiano sta riscoprendo il piacere di andare allo stadio. La stagione in corso è la migliore degli anni Duemila per presenze sugli spalti e viene dopo un 2022/2023 che ha fatto segnare il primato di ricavi alla voce ticketing: oltre 400 milioni di euro. Un segnale positivo e insperato visto che per lunghi decenni la curva del numero degli spettatori era stata calante e l'impatto degli incassi da botteghino sempre più marginale nei conti disastrati del nostro pallone.
La pandemia Covid rischiava di essere la mazzata definitiva e, invece, è solo stato l'anno zero da cui ripartire. Se è vero che gli stadi italiani rimangono i più vecchi in Europa e sono in larga parte non adeguati alle esigenze di fruizione moderna dello spettacolo calcistico, la risposta dei tifosi ha mostrato che l'interesse per il pallone è sempre vivo.
L'andata del quarto di finale della Champions League tra Inter e Atletico Madrid dello scorso 20 febbraio ha fatto registrare per i nerazzurri un incasso lordo di 9.218.859 euro, il secondo della storia dopo i 10.461.705 dell'Euroderby del maggio 2023. E Inter-Juventus, partita scudetto di questo inverno, ha toccato i 6.296.245 euro mettendosi al secondo posto nell'elenco storico della Serie A. Due esempi tra tanti in una stagione in cui quasi tutte le squadre possono vantare numeri importanti e la media presenze è salita a 30.763 per gara. Il 30% in più rispetto a dieci anni fa (erano 23.351 nel 2014) e il 57% in più sul primato negativo della stagione post calciopoli, quella dei 19.307 che aveva spinto la Serie A ai margini d'Europa.
INCASSI RECORD, QUANTO RESTA DI NETTO AI CLUB
Ovviamente non è tutto oro quello che luccica. Non tutto quello che viene dichiarato come incasso lordo finisce nelle disponibilità delle società perché ci sono tasse, spese e oneri che ne riducono gli effetti. Quanto? La stima è che, rispetto al lordo che entra come voce nel fatturato, alla fine la quota che rimane netta si aggira intorno al 50%.
Quando un club comunica il dato del match day di una partita, solitamente comprende quanto ricavato al botteghino dalla vendita dei biglietti singoli per quella sfida, la quota abbonamenti (molte società utilizzano ormai il numero chiuso delle tessere per poter poi ottimizzare gli incassi dalla vendita libera), quanto ricavato dalle ricche hospitality - sempre per quota parte laddove sono cedute per tutta la stagione - e l'incasso dei parcheggi.
Trovato il dato lordo, per arrivare al netto bisogna cominciare a detrarre spese e oneri partendo dal 22% di IVA che deve essere riconosciuto al Fisco. Ci sono poi i costi vivi per attivare i servizi proposti (hospitality, hostess, steward, catering e allestimento delle aree dell'impianto che accolgono i tifosi delle zone corporate) e quelli legati alla sicurezza che dentro gli impianti è a carico delle società: security, ambulanze, Vigili del fuoco e controlli ai cancelli). Queste due macro voci portano via, nella media, circa il 9% di quanto incassato.
Ciascuna squadra, poi, deve conteggiare i costi di affitto dello stadio visto che pochissime lo hanno di proprietà. Prendendo come esempio Inter e Milan, entrambe versano circa 4,5 milioni di euro all'anno al Comune di Milano per la concessione di San Siro. Stimando in una trentina le partite stagionali tra campionato, Coppa Italia e coppe europee, ecco che l'impatto dell'affitto si aggira intorno ai 150.000 euro ogni volta che si gioca. Un'altra fetta dell'incasso, infine, serve per coprire i costi di gestione dell'impianto e delle società che se ne occupano: nel caso di Milano, per esempio, la MiStadio che è stata creata da Inter e Milan per occuparsi di San Siro.
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