Champions League, perché Spalletti rischia
Quella del Napoli è stata fin qui una stagione perfetta. Ora il sogno di fare qualcosa di storico, andando in finale a Istanbul: ma è favorito col Milan e nell'eventuale semifinale e se andasse male...
Lo scudetto numero tre della storia è diventata solo una questione di calendario e aritmetica e questo è il merito maggiore di Luciano Spalletti, che ha vissuto fin qui la stagione perfetta del Napoli e che si appresta a goderne i frutti con una lunga festa. E la Champions League? Quanto accadrà da questa sera in avanti, dopo che l'urna di Nyon ha disegnato una metà tabellone senza le super big d'Europa, servirà per determinare il voto all'annata della squadra partenopea e del suo allenatore. Perché se c'è una realtà incontrovertibile è che nel quartetto da cui uscirà la sfidante a City, Real Madrid, Chelsea e Bayern Monaco il Napoli è certamente la più accreditata e da qui in poi anche quella che gioca col peso di rispettare il pronostico.
Arrivare a Istanbul non è più un sogno e nemmeno un progetto: è una possibilità concreta. Non riuscirci, dovendo sfidare nei quarti un'avversaria che nel proprio campionato sta a oltre venti punti di distacco, e magari un'altra identica in semifinale, significherebbe aver gettato al vento una chance più unica che rara. Spalletti e il Napoli rischiano l'effetto-Juve di Conte, quella dei 102 punti record da sempre accompagnata dal "sì, però..." che ricorda l'Europa League buttata via rifiutando di sacrificare qualcosa in un campionato stravinto.
Spalletti ha fatto la stessa scelta nelle settimane prima dell'incrocio con il Milan. L'infortunio di Osimhen e il ko muscolare di Simeone - con anche Raspadori non al meglio - sono un colpo di sfortuna. Ma se a centrocampo si comincia a intravedere qualche segno di stanchezza e inceppamento nella macchina perfetta che è stato il Napoli, qualche riflessione sul turn over quasi nemmeno accennato si può fare.
Il confine è labile e il giudizio sarà dettato unicamente dal risultato. Se va a Istanbul la stagione è da 10 e lode, comunque poi vada a finire. Fermandosi prima, no. Resterebbe una piccola ombra, quasi una macchia sullo smoking da festa indossato in questo e nei prossimi mesi. Nulla che assomigli a una bocciatura, sia chiaro, ma un piccolo rimpianto da trascinarsi oltre. Stefano Pioli, la cui stagione è certamente inferiore a quella del collega di panchina, non porta questo peso sulle spalle. Avrebbe preferito, e con lui tutti i milanisti, ma il campo ha raccontato una storia diversa e si appresta a scrivere i capitoli finali del romanzo.