Nessuno tocchi Juventus, Milan e Inter
La Superlega morta in due giorni, le minacce del presidente Uefa Ceferin, le richieste dei club minori: il calcio italiano deve difendere le sue big sotto attacco - LE RIFORME CHE SERVONO CONTRO LA CRISI
La morte in culla della SuperLeague, nata e spirata nell'arco di due giorni anche se i più combattivi ancora la considerano possibile, ha lasciato in eredità un clima di regolamento di conti in cui il tutti contro tutti è divenuto la regola superando anche alcune norme basilari di etichetta comunicativa. Accade così che il presidente della Uefa Ceferin, in teoria garante di tutto il sistema, contini a dare del bugiardo al dirigente della massima società italiana, che allenatori e giocatori parlino a ruota libera bocciando un'idea che serviva, prima di ogni altra cosa, a continuare a garantire i loro stipendi ormai fuori mercato e che dentro lo stesso paese ci siano società che si schierano apertamente contro altre, chiedendone la punizione.
Un clima avvelenato in cui è difficile riuscire a cogliere alcuni punti base di partenza. Il primo è che, magari sbagliando nella forma, i promotori della Superlega hanno posto sul tavolo delle domande urgenti di sostenibilità e gestione del business del pallone cui nessuno è stato fin qui in grado di dare risposta. Non il già citato Ceferin, che sta utilizzando il suo tempo nell'esercizio di dividere i cattivi in diverse categorie preannunciando castighi divini 'ad personam' (o ad squadram, chissà sulla base di quale principio) e che è pronto anche a togliere dalla riforma della Champions League del 2024 quella minima concessione fatta per dare garanzie e continuità ai club storici più grandi. Esattamente il contrario di quanto servirebbe.
E non lo stanno facendo nemmeno gli addetti ai lavori, impegnati in una restaurazione totalmente antistorica. Capita così che l'esercito delle provinciali o poco più immagini di poter fare a meno di Juventus, Milan e Inter. Non in campo - dove servono altrimenti la Serie A varrebbe un quarto e sarebbero dolori per tutti -, ma nelle stanze dei bottoni lasciando che a decidere le strategie industriali di aziende da centinaia di milioni di fatturato sia chi in Serie A ci transita per caso ad anni alterni. Siamo oltre la democrazia poco funzionale della Lega, siamo al ritorno a un passato ormai inesistente.
Dentro questo clima, con la Uefa che minaccia Juventus, Milan e Inter di bandi dalla Champions League o multe salatissime, sarebbe bene che il calcio italiano facesse quadrato. Nessuno tocchi le locomotive del sistema, perché se le tre 'ribelli' saranno messe nelle condizioni di non poter sostenere il proprio ruolo e la propria grandezza a perderci saranno tutti. Non solo loro. Figc e Lega dovrebbero ragionare su questo. Juventus, Milan e Inter insieme coprono oltre la metà dei ricavi della Serie A, ne sostengono l'appeal commerciale con i loro investimenti (anche quelli sbagliati), foraggiano a cascata chi si trova sotto con le loro spese di mercato e consentono a tutti di vivere al di sopra delle proprie possibilità. Anche a quelli che oggi si descrivono come 'virtuosi' ma che da soli incasserebbero le briciole da tv e partner. Altro che guerra ai ricchi scemi.
"Nessuno tocchi Juventus, Milan e Inter" deve essere il motto di tutti in queste giornate di regolamento di conti. Deve essere l'istanza che il numero uno della Figc, Gabriele Gravina, porta in Uefa dove è meritatamente ascoltato perché capace di visione e scelte ponderate. Se saltano Juventus, Milan e Inter salta il sistema. In Inghilterra e Spagna non si sognano nemmeno di mettere in ginocchio le loro grandi. Chissà perché i tafazzi abitano solo alle nostre latitudini.
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