Superlega, così cambierà (per sempre) il calcio
Tra una settimana, il 21 dicembre, la Corte di Giustizia UE si pronuncia sul monopolio Uefa e non solo. Una data che, comunque vada a finire, condizionerà il pallone europeo e mondiale per almeno mezzo secolo
La data e l'ora sono fissate e non ci saranno slittamenti. Sono passati 17 mesi dal dibattimento e un anno esatto dal parere dell'Avvocato Generale della Corte Athanasios Rantos: un tempo lunghissimo per elaborare e scrivere il verdetto destinato a condizionare il calcio europeo e mondiale almeno per il prossimo mezzo secolo. Giovedì 21 dicembre 2023 è il giorno in cui la Corte di Giustizia dell'Unione Europea renderà note le sue decisioni sui temi sollevati con la nascita e morte prematura del progetto Superlega. La posizione della Uefa, ente regolatore, organizzatore e legislatore allo stesso tempo, è in linea con i principi della libera concorrenza previsti dai trattati europei? O si cade nel monopolio?
LA VERA POSTA IN GIOCO
Questa la posta in palio che a cascata significa se sia possibile o no per la football industry immaginare un modello alternativo a quello degli ultimi settant'anni. Che si chiami Superlega o in modo diverso e qualsiasi sia la sua forma. La Corte di Giustizia UE si esprimerà anche su un altro caso affine, sollevato dall'Anversa che ha contestato le norme Uefa che obbligano all'inserimento di giocatori locali nelle proprie liste. E' evidente che i giudici del Lussemburgo vogliono dare orientamenti generali che disegnino la cornice entro cui il calcio si potrà e dovrà muovere da qui in poi.
E' curioso che l'Avvocatura Generale abbia dato pareri molto diversi sulle due vicende. Nel 'caso Superlega' l'avvocato Rantos ha sostanzialmente riconosciuto alla Uefa il ruolo di garante del modello sportivo europeo aperto a tutti e, per questo, ha indicato per lei la possibilità di operare in deroga ai Trattati sulla libera concorrenza, pur essendo di fatto una società di genere privatistico con sede legale extra UE in Svizzera. L'avvocato Maciej Spuznar che si è occupato, invece, del 'caso Anversa' ha invece argomentato il suo parere criticando la concentrazione di funzioni e poteri in capo all'Uefa e definendola in contrasto con gli ormai celebri articoli 101 e 102 del TFUE.
IL NODO CENTRALE: IL POTERE SANZIONATORIO DELLA UEFA
Impossibile prevedere l'orientamento della Corte di Giustizia UE, qualche segnale che la decisione finale possa non ricalcare interamente né l'una né l'altra posizione si coglie. La realtà è che tutto ruota intorno a quanto la Corte scriverà a proposito dei poteri sanzionatori della Uefa, visto che l'eventualità di creare una competizione parallela non è stata messa in discussione nemmeno dall'avvocato Rantos lasciando, però, a Nyon il potere di escludere i club partecipanti da qualsiasi altra attività e salvaguardando solo i calciatori, garantiti nella facoltà di passare da un sistema all'altro in nome della libertà di circolazione dei lavoratori.
Gli scenari sono semplici. Se la Corte di Giustizia UE conferma per la Uefa il potere sanzionatorio blinda per i prossimi decenni lo status quo, con buona pace di chi lo vede come fumo negli occhi. Togliendolo, invece, darebbe il via a uno tsunami in grado di travolgere in un attimo l'attuale sistema, con il rischio che accada in assenza di un'alternativa pronta. Oppure, potrebbe esserci un posizionamento più sfumato per aprire a modelli già esistenti nell'industria dello sport come Formula Uno o basket.
Per intenderci, se Lussemburgo dovesse incidere su alcuni dei ruoli della Uefa (commerciale), lasciando in piedi le funzioni di regolatore e legislatore, ecco che nell'arco di pochi anni investitori privati potrebbero entrare nel calcio europeo così come accade per la F1 a due teste: FIA (federazione mondiale) e Formula One Group (controllato da Liberty Media). Di fatto il via libera alla Superlega in qualsiasi forma possa tornare a vivere dopo la rapidissima parentesi dell'aprile 2021.
PUO' RINASCERE LA SUPERLEGA?
Il verdetto del 21 dicembre è atteso con ansia sia a Nyon che negli uffici di A22 Sports Management, la società che gestisce il progetto alternativo. Da quanto trapela, negli ultimi mesi ci sono stati decine di contatti e dialoghi con club di tutta Europa in vista di un'eventuale proposta nuova, elaborata anche tenendo in conto gli errori del 2021. Così ridisegnata interesserebbe anche a tanti che sono fuoriusciti nei mesi scorsi. Superato il tema dei membri permanenti, potrebbe trattarsi di una competizione allargata e su più livelli, in parte interagente con i campionati nazionali e attenta ai diritti dei tifosi a partire dai costi sempre crescenti che devono sopportare per l'eccesso allo sport che preferiscono, tra abbonamenti e piattaforma streaming o tv.
Un meccanismo che rimetterebbe al centro il potere delle società aumentando il loro peso nella gestione dei ricavi, senza ammazzare la base della piramide che, peraltro, anche con l'attuale modello Uefa continua a distaccarsi inesorabilmente rispetto al vertice. Perché la verità dei numeri è che il calcio europeo è ormai polarizzato in maniera irreversibile: da una parte la Premier League insieme ad altre, poche, multinazionali foraggiate spesso da denaro proveniente da fuori, dall'altra tutti gli altri sempre più in difficoltà anche in territori dove il calcio è sport nazionale come Portogallo, Italia, paesi slavi o dell'Est Europa. Siamo sicuri che una nuova organizzazione li danneggerebbe ulteriormente rispetto allo status quo?
UN REFERENDUM PRO O CONTRO CEFERIN
Sullo sfondo ci sono i protagonisti di questa vicenda. Fin qui il grande vincitore è stato Alksandr Ceferin, presidente della Uefa, e il grande sconfitto Andrea Agnelli, ex numero uno Juventus poi spazzato via dall'inchiesta sui bilanci bianconeri. Il primo è a una sorta di bivio epocale perché può veder confermato il suo trionfo oppure essere il testimone della caduta di un sistema durato decenni. Oggi appare forte, ma le ultime mosse dimostrano come anche a Nyon i giochi non siano blindati.
L'idea di modificare lo statuto Uefa per cancellare il divieto a ricoprire il ruolo di presidente per più di 12 anni, che significa per lo sloveno dover abbandonare nel 2027, appare un atto altamente impopolare. Quasi la conferma di quanto sostengono i suoi nemici e cioè che l'interesse ultimo è preservare la propria posizione di potere. Voci contrarie si sono levate, almeno tra i commentatori esterni: basterà per bloccare il progetto?
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