Crisi Juventus, perché è giusto pensare all'esonero di Thiago Motta
Il bilancio dei bianconeri a metà stagione è negativo. Gli errori di Giuntoli, quelli del tecnico e l'idea che metterlo in discussione possa essere l'unico modo per trovare una soluzione
Dopo sette mesi di lavoro e 32 partite giocate, il bilancio di Thiago Motta sulla panchina della Juventus dice che la percentuale di vittorie langue al 37,5%: 12 in tutto tra campionato (8), Champions League (3) e Coppa Italia (1). La Supercoppa è sfumata nella folle semifinale con il Milan, la lotta scudetto è ormai argomento del passato, mai sviluppato in concretezza, e anche il pass per i playoff è stato strappato con il minimo sforzo e un 20° posto complessivo che non è in linea con i programmi.
Basta mettere in fila i numeri per capire come la stagione della Juventus si stia colorando di grottesco alla voce risultati. Che non sono un dettaglio, nemmeno se la cornice dichiarata è quella del progetto che parte, non necessariamente vincente da subito e tutto il resto che è stato raccontato da agosto in poi. Non è più nemmeno una questione di confronti con il passato recente o remoto. Per intenderci, l'Allegri cacciato a maggio chiuse con il 53,66% di vittorie, quello dell'anno prima - nel mezzo della bufera societaria poi e di un avvio disastroso prima - al 51,79% e il primo dell'esperienza bis al 55,77%. E tutti erano molto più avanti di adesso alla partita numero 32: 59,37% un anno fa, solo per citare un dato.
CHAMPIONS LEAGUE: COSI' LA JUVENTUS DOVRA' AFFRONTARE LA SECONDA FASE
E, dunque? La verità è che della Juventus attuale preoccupa tutto, non solo i risultati. Il processo di crescita, se mai avviato, si è interrotto, la squadra cade sempre negli stessi errori cui si è aggiunta l'abitudine a uscire dal campo per almeno un tempo. E' accaduto a Napoli, con il Benfica, con il Milan a Riyadh, contro Fiorentina, Bologna come in un loop senza senso che è rimasto anche senza spiegazioni anche nelle parole di Thiago Motta.
Il tecnico ha perso il filo della storia. Nella sua narrazione ha inserito argomentazioni che assomigliano ad alibi (infortuni, età giovane, errori dei giocatori) e nelle scelte ha avviato una centrifuga che non può non aver confuso il gruppo. E' la stessa diagnosi fatta da Alex Del Piero a bordo campo dopo aver commentato il ko con uragano di fischi contro il Benfica: "Disordinata e disattenta". Con affondo di Fabio Capello, un altro che a Torino conoscono bene: "Hai detto che era disordinata… Ma come puoi pretendere che cambiando 6 calciatori potesse essere ordinata? I giocatori della Juve fanno il compitino. Sembra che l’allenatore non voglia lasciarli liberi di esprimersi e loro abbiano paura di disubbidire gli ordini impartiti”.
La fotografia della realtà. Contro i portoghesi, ad esempio, è stato fatto rialzare dalla panchina Vlahovic, reduce da tre esclusioni tecniche, messo fuori (finalmente) lo spento Koopmeiners e richiamato sulla scena Douglas Luiz, il bocciato per eccellenza del mercato estivo. McKennie ha vestito la fascia di capitano, lui che ad agosto era sulla lista degli epurati, e pochi minuti dopo che Giuntoli dichiara chiuso il mercato Kalulu cadeva vittima di un infortunio muscolare con Locatelli riadattato centrale in una difesa che dal 2 ottobre attende il vice Bremer, poi seguito da Cabal nel festival dei legamenti rotti, e che ha avuto in dote a gennaio un giovane esterno destro e un prestito dal Chelsea.
Significa che non tutte le colpe sono di Thiago Motta, ma che sia lecito chiedersi se lui abbia ancora in mano la situazione. E se non serva una scossa decisa per provare a cambiare passo. Evocare la parola esonero, ad esempio, se non altro per far uscire allo scoperto una dirigenza che continua a giurare di non avere dubbi sul progetto e che non ci saranno scossoni neanche in caso di mancata qualificazione alla Champions League (inverosimile) col risultato di aver anestetizzato l'ambiente.
Thiago Motta sta fallendo l'approccio al mondo Juventus. E' un dato di fatto, non una malizia. Il malcontento crescente dei tifosi dovrebbe far suonare le sirene dell'allarme, ignorate a lungo anche nel corso dell'autunno. Confermare il tecnico a prescindere, in maniera quasi acritica, altro non fa che aumentare il distacco tra realtà e percepito. Metterlo in discussione anche in maniera forte può aiutare tutti, lui per primo, a prendere coscienza della dimensione del problema. Avrà voglia di farlo la Juventus di Ferrero, Scanavino e Giuntoli?
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