La Serie A si arrende alle Asl
Il focolaio in casa Torino e il diktat (accolto) di rinviare la sfida con il Sassuolo. Mentre ad ottobre per Juventus-Napoli si è arrivati al processo sportivo
Il Covid costringe la Serie A al rinvio di una sua gara. Niente Torino-Sassuolo venerdì 26 febbraio, la partita sarà giocata il 17 marzo e anche l'impegno successivo dei granata in casa della Lazio, in calendario martedì 2 marzo, è a forte rischio. Una decisione ufficializzata dalla Lega Serie A dopo due giorni di attesa e che consente di evitare qualsiasi pasticcio nell'imminenza della sfida. A decidere per lo stop, però, è stata l'ASL torinese che ha imposto l'isolamento assoluto di tutta la rosa del Torino per una settimana dopo il moltiplicarsi di contagi da Covid: 9 in tutto di cui 7 calciatori con coinvolti anche diversi familiari. Un vero e proprio focolaio sui cui l'autorità sanitaria ha scelto di intervenire con immediatezza e senza dar corso a quanto previsto dai protocolli della Figc, con l'opzione della bolla in cui far entrare i giocatori con deroghe solo per allenamenti e disputa delle partite previo tamponi negativi.
La Lega ha preso atto e disposto il rinvio perché altro non poteva fare. Soprattutto tenendo in conto il precedente della trasferta del Napoli saltata lo scorso 3 ottobre e finita prima al Tribunale della Figc e poi al Collegio di Garanzia del Coni. Quest'ultimo, cancellando lo 0-3 a tavolino per la Juventus e il punto di penalizzazione a carico del Napoli, aveva sancito in via definitiva la prevalenza delle ASL sui protocolli calcistici. Dunque, sarebbe stato impossibile per la Lega fare finta di nulla e comportarsi come accaduto in ottobre, quando le continue richieste di rinvio da parte del Napoli non erano state prese in considerazione fino alla decretazione del Giudice Sportivo e all'avvio di tutto l'iter giudiziario.
Da allora, malgrado alcune promesse, il protocollo della Figc non è mai stato mutato e reso più forte e anche il regolamento della Lega, che prevede la possibilità di chiedere un rinvio in presenza di 10 contagiati (ma l'obbligo di giocare dalla seconda volta in poi se si possono contare 13 tesserati disponibili), è rimasto identico. Il caso di Torino-Sassuolo supera tutte le norme calcistiche e rimette le ASL al centro. Con una differenza sostanziale: i granata non rischieranno mai sconfitta e penalizzazione a differenza di quanto accaduto al Napoli fino all'intervento del Collegio di Garanzia del Coni.
E' probabile che non ci fosse alternativa, di sicuro rappresenta un'anomalia. Soprattutto se il provvedimento di rinvio dovesse interessare anche Lazio-Torino con i calciatori granata già fuori dall'isolamento - seppure solo da poche ore - e un numero di contagi inferiore ai 10 prescritti. Si dirà: per la giustizia calcistica l'ASL di Napoli non aveva mai espresso chiaramente il divieto a partire per Torino. Non è così e la stessa Corte d'Appello, nelle durissime motivazioni di secondo grado, aveva comunque definito "concretizzata" la forza maggiore poche ore prima del match, all'ennesima comunicazione delle autorità sanitarie partenopee. Ma anche in quel momento, nessun rinvio era stato concesso al Napoli.
Un precedente sul precedente. Senza che in questi mesi nessuno si sia preso la briga di chiarire le regole e aggiornarle alla nuova situazione, tra esplosione delle varianti e prescrizioni del Coni. Sarebbe bastato per evitare un cortocircuito che indebolisce tutto il sistema.