Londra, Italia
Wimbledon e Wembley per celebrare la domenica dell'orgoglio dello sport azzurro. Nell'estate delle Olimpiadi e riscoprendosi fuori dal tunnel di una crisi che ha colpito l'intero sistema
Wembley e Wimbledon, anzi il contrario cronologicamente parlando perché prima palpiteremo per Matteo Berrettini sull'erba sacra del Centrale e poi accompagneremo gli azzurri nella bolgia di uno stadio iconico e che sarà pieno di inglesi. E' difficile immaginare una domenica così per lo sport italiano, così densa di emozioni e di simboli, sorprendente perché non la nazionale e nemmeno il tennista romano erano partiti per essere lì a giocarsi la storia. Non entriamo da favoriti nelle due finali di questo meraviglioso 11 luglio che riporta alla mente un altro 11 luglio rimasto nel cuore degli italiani, quello della notte Mundial di Madrid nell'ormai lontano '82, di Pertini in tribuna e Zoff ad alzare la coppa.
Non è detto che la condizione di sfidanti sia un limite, ora che siamo arrivati all'ultimo passo verso il Paradiso. Toglie pressione alla nazionale di Roberto Mancini, cresciuta col passare delle settimane e attesa da una sfida in campo avverso in cui i significati sportivi si mischiano pericolosamente a quelli politici e di politica sportiva. E consegna a Berrettini la dimensione del sogno dopo aver cancellato un'astinenza lunga 61 anni (da tanto un italiano non entrava nelle semifinali a Wimbledon) e rotto un tabù che durava da 134. Dall'altra parte ci sarà Nole Djokovic, il numero uno che gioca per diventare il numero uno assoluto, sogna a sua volta il titolo Slam numero 20 della carriera come Federer e Nadal e di aggiungere un altro tassello alla collezione 2021 così da tentare poi in agosto la scalata al Grande Slam che non riesce a nessuno dagli anni Sessanta.
Se c'è qualcuno che dormirà male la notte prima della finale, insomma, sarà il serbo. E saranno gli inglesi che dal '66 non vincono nulla e il cui successo è dato così per scontato dal popolo di Sua Maestà che molti datori di lavoro hanno preventivamente concesso il lunedì libero perché si possa smaltire la sbornia da vittoria. Se c'è una certezza è che in Inghilterra non conoscono la scaramanzia. Noi sì, quindi diciamo chiaramente che è difficilissimo per una nazionale violare Wembley nelle condizioni ambientali con cui si misureranno gli azzurri. Difficilissimo, non impossibile.
C'è un senso di straordinarietà nella domenica che trasforma Londra nella capitale d'Italia. E' straordinario che accada in questo 2021 in cui lo sport italiano si è ritrovato più povero che mai, quasi terremotato dentro un post conflitto (la pandemia) in cui tutto il settore è stato abbandonato a se stesso. E' vero, calcio e tennis ne rappresentano per certi versi due eccezioni per ricchezza e per specificità, visto che i professionisti della racchetta sono delle industrie che vivono, viaggiano e costruiscono la propria carriera in autonomia da ciò che li circonda. Però il simbolo è potente e da questa estate da sogno aspettiamo conferme da Tokyo e dalle Olimpiadi: qualche lampo di speranza già si intravvede.
Le restrizioni Covid di Johnson, alle prese con la nuova ondata di contagi, ci risparmiano la corsa dei politici al carro dei (si spera) vincitori. Ci sarà il Presidente Mattarella a rappresentare tutti noi, come Pertini fu presente in quella notte spagnola dell'82 e Napolitano a Berlino nel 2006. Basta e avanza lui, gli altri restino rispettosamente a terra magari impegnando il loro prezioso tempo nel cercare di tirare fuori dal guano lo sport bistrattato nei mesi del lockdown. Quando si saranno spente le luci di Wimbledon e Wembley resteranno sul tappeto i problemi. Servono soldi, tanti, e idee per evitare che tutto venga giù e riportare centinaia di migliaia di bambini e ragazzi in palestra e sui campi da gioco. Dove si forgiano prima uomini e poi campioni, quelli capaci di regalarci una domenica in cui la bandiera che sventola in cima al Big Ben è quella tricolore.