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EPA/GERBEN VAN ES / DUTCH DEPARTMENT OF DEFENSE

I cambiamenti del clima e i loro effetti sulla vita quotidiana

A Trieste con Focus per Panorama d'Italia viaggio tra uragani, terremoti, inondazioni, frutto dell'inquinamento e del riscaldamento globale

Cosa sta succedendo nell'ambiente in cui viviamo?
I disastri e i fatti di questi giorni, tra uragani e terremoti, sono lì a dimostrarlo, semmai ce ne fosse ancora bisogno.

Eppure la tutela dell'ambiente continua a non comparire nelle voci di primo piano dell'agenda politica dei governi. Perché tutto ciò?

Per individuare i possibili nessi causali tra l’attualità delle sciagure ambientali e gli effetti sulla nostra vita quotidiana, nella tappa triestina di Panorama d'Italia, il magazine di divulgazione scientifica Focus con il suo direttore Jacopo Loredan, ha chiamato a raccolta un pool di esperti che si occupano di ambiente a vario titolo.

Il ghiaccio, campanello d’allarme

Quello che si sta muovendo nei Caraibi oggi, con l'uragano Irma che dopo Harvey sta devastando il centroamerica, viene definito "uragano nucleare" per via della sua forza e degli stessi effetti che lo hanno provocato. “Data l’estate rovente che abbiamo avuto, c'era da aspettarselo" spiega il tenente colonnello dell’Areonautica Militare Daniele Mocio. "E ne vedremo ancora sebbene in scala ridotta anche da noi in Italia, berché nel Mar Mediterraneo non ci sia sufficiente estensione per uno scambio di masse d’aria tali da generare fenomeni come quelli che vediamo in America”.

Ma quanto dobbiamo preoccuparci? “Ai fini dell’analisi scientifica, un singolo uragano può non essere un indizio, ma l'aumento della frequenza nel tempo sì, specialmente se la genesi e diffusione si collega al riscaldamento dell'acqua del mare”, dice Jacopo Gabrieli, glaciologo e ricercatore presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Nella sua attività di ricerca, Gabrieli studia come mettere in relazione tutti i fattori che generano cambiamenti climatici attraverso lo studio dei ghiacciai, un ramo della scienza relativamente recente, poiché fino a poco fa veniva considerata un'attività troppo pericolosa in rapporto alle conclusioni che permetteva di ottenere.

La scoperta più rilevante in questo contesto riguarda il progressivo e inesorabile scioglimento del cosiddetto permafrost, il ghiaccio che cementifica le rocce. “Un caso emblematico e recente risale a un paio di settimane fa, quando quattro tonnellate di granito sono franate dal Pizzo Cengalo, in provincia di Sondrio, proprio per il cedimento di questo materiale che fa da “collante” alle montagne" spiega Gabrieli.

Ma l’uomo in tutto questo che cosa può fare? “Può appoggiare dei teli bianchi di tessuto sulla superficie del ghiacciaio, per esempio, già sarebbe molto. Ma la nostra inadeguatezza di fronte a quanto sta succedendo è davvero preoccupante”, replica il ricercatore.

E rincara la dose, raccontando l’esperienza vissuta in prima persona in una spedizione scientifica sul Monte Bianco, quando i propri occhi hanno potuto registrare le porzioni di ghiaccio carotate nelle quali ha rilevato un aumento nel tempo della concentrazione di sostanze tossiche provocate dall'inquinamento umano.

Che cosa sta succedendo alle api?

Tracce inequivocabili, quindi. E neppure le uniche nel nostro ecosistema. Un'altro indicatore è dato dalle api, "biondicatori fenomenali perché attraverso di loro possiamo avere un controllo del territorio straordinario", spiega Federica Ferrario, che si occupa della campagna di agricoltura sostenibile di Greenpeace Italia.

Oggi, questo meraviglioso insetto è soggetto a un pericoloso declino, per colpa dei cambiamenti climatici (innalzamento delle temperature, precipitazioni fuori dagli standard, inondazioni) ma anche per l’intervento dell’uomo che continua a inondare di pesticidi il territorio.

Intervenire ora, prima che sia troppo tardi

“Ma c’è un problema: il fattore tempo. Che non è tantissimo”, interviene il direttore di Focus, Loredan.

"È quindi fondamentale che tutti facciano qualcosa di serio. Governi, istituzioni, privati cittadini”, esorta Giancarlo Morandi, presidente del Cobat, il Consorzio Nazionale per la Raccolta e il Riciclo. Lui una delle possibili soluzioni ce l'ha in tasca da oltre 30 anni, cioè da quando l'organismo opera nel contesto dell'economia circolare, quel modello in cui la fine del ciclo di vita del prodotto dev'essere prevista fin dal momento della sua ideazione, generando un circolo virtuoso che porta benefici a tutta la collettività.

Ada Masella
Jacopo Gabrieli (glaciologo e ricercatore)

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Luciano Lombardi