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(Ansa)
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«La cannabis è una droga pesante e fa male, soprattutto ai giovanissimi»

Mentre alcuni partiti propongono la sua legalizzazione il responsabile di un centro di recupero per tossicodipendenze racconta i danni dello «spinello» soprattutto sui più giovani, dove la droga è ormai una piaga sociale

C'è un punto nei programmi elettorali che unisce le varie forze della sinistra, dal Pd a Sinistra Italiana e Verdi: la legalizzazione della cannabis. Un argomento molto complesso che continua a dividere tra favorevoli e contrari. Simone Feder, educatore, psicologo e coordinatore dell'area Giovani e Dipendenze della comunità Casa del Giovane di Pavia, dove è responsabile delle strutture terapeutiche, da anni segue, aiuta e prova a recuperare i giovani che fanno uso di droghe tra cui la cannabis, con percorsi terapeutici. Percorsi, racconta lo psicologo, che ormai interessano sempre più i giovanissimi, ragazzi di 14, 15 anni che proprio con la cannabis hanno avuto il loro primo contatto con la droga.

Cosa può dirci del mondo della cannabis?

«Oggi il mondo della cannabis non è più come prima perché questa sostanza ha un principio attivo più alto rispetto a prima, è piu chimica con un THC del 30%. I ragazzi che ne fanno uso oltre ad avere a lungo termine dei danni a livello cerebrale sviluppano esordi psicotici. Nella comunità dove lavoro, abbiamo accolto moltissimi giovani che nel percorso terapeutico devono essere affiancati per questo motivo anche da psichiatri».

Cosa ne pensa della legalizzazione della cannabis?

«Il mio pensiero oggi senza fare moralismo ed entrare nel dibattito politico è che la cannabis non è assolutamente una droga leggera, anzi é molto strong e fa male. Per la mia esperienza sul campo posso dirle che cominciano a farne uso a 11-12 anni, la trovano dappertutto a scuola, nei centri sportivi a casa di amici. Ci poi sono molti soggetti che non ne fanno uso ma la spacciano e questo indirettamente ha comunque conseguenze ma di carattere penale. Sono stato per diverso tempo al Tribunale dei minorenni di Milano come giudice onorario ed ho assistito a molti processi penali contro chi commette reati con la cannabis, si rovinano la vita e parliamo di giovanissimi».
Perché i giovani ne fanno uso?
«Questi giovani tirano giù la saracinesca in un mondo che sentono pesante. La cannabis è la loro aspirina per la noia ma le conseguenze sono spesso estreme e vedono ragazzi dai 14 ai 19 anni entrare in percorsi riabilitativi a causa dell’uso di questa sostanza.Noi siamo andati anche nelle scuole per degli interventi di sensibilizzazione con il “Progetto Selfie” realizzato con l’Universita di Pavia, dove abbiamo chiesto agli studenti di fotografare se stessi, attraverso la compilazione di un questionario anonimo sul loro stile di vita. Dalla lettura sono emersi tanti disagi che destano allarme come il fatto che il 14% faccia uso di droghe ed il 30% si “tagli”».
Chi li porta da voi?
«A volte le famiglie ma spesso gli amici, perché ci sono sempre più giovani che salvano i giovani. Noi ad esempio sono 5 anni che presidiamo il bosco del Rogoredo a Milano con i ragazzi e proprio da lì nasce il mio libro “Alice nel bosco” che racconta la storia di una ragazza finita nel tunnel dell’eroina ma che ora ne sta uscendo e si iscriverà all’università. In questo caso si parla di una droga pesante ma la causa è la stessa: i giovani sono sempre più soli ed entrano nel tunnel della droga perché gli adulti non riescono a decodificarlo».

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Linda Di Benedetto