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Tecnologia

Carl Pei: "Lo smartphone del futuro sparirà. Sarà intorno a noi"

Intervista esclusiva con il trentenne cofondatore di OnePlus, che racconta la sua visione dei telefonini tra cinque anni e ancora oltre

da Londra

Da ragazzo, Carl Pei era un vagabondo minimalista e ribelle. Ha mollato senza laurearsi la School of Economics di Stoccolma, dov’è cresciuto seguendo i genitori, ricercatori medici cinesi: «In aula non si parlava di e-commerce, le lezioni erano ferme all’epoca della rivoluzione industriale. Me ne sono andato». Ha preferito girare il mondo affittando case su Airbnb, portando in valigia lo stretto necessario e nove magliette tutte identiche. Finché, a 23 anni, dopo aver lavorato per grandi nomi della telefonia come Nokia e Oppo, ha deciso di lanciarsi nel vuoto assieme al socio Pete Lau: ha fondato la sua azienda di smartphone, la OnePlus. Vendendo i prodotti solo online, sperando nel passaparola anziché nel marketing, offrendo caratteristiche di primo livello a un prezzo di costo o quasi: fino a un quarto dei modelli di punta di Apple o Samsung.

Ha sbagliato clamorosamente le sue previsioni: sono arrivati un milione di ordini in appena sei mesi, pensava si sarebbero fermati a 50 mila. «Il segreto è stato ascoltare gli utenti su internet, interpretare cosa volevano davvero. E poi costruire un prodotto migliore degli altri» racconta Pei senza finta modestia a Panorama, che lo incontra a Londra in esclusiva per l’Italia. Jeans blu con risvolto generoso, scarpe bianche e maglietta scura (come ai tempi del nomadismo giovanile), inglese eccellente e modi amichevoli, oggi Pei ha trent’anni, è stato inserito dalla rivista Forbes nella prestigiosa lista dei «30 Under 30» e dal magazine economico Fortune in quella dei «40 Under 40». Mentre la sua OnePlus è passata da una manciata di dipendenti a 1.700, è presente in 38 Paesi, nel primo trimestre del 2019 ha venduto tanti telefoni quanto Google e, nel segmento premium, quello dei prodotti di pregio, ha raggiunto il quinto posto, dietro le solite big blasonate. Pei non ha nessuna intenzione di fermarsi: «Siamo giusto all’inizio, c’è molta strada da fare».

OnePlus-7TIl nuovo OnePlus 7T. Ha caratteristiche da top di gamma e tre fotocamere.OnePlus

Chiuda gli occhi e mi dica come vede lo smartphone tra cinque anni.

Siamo in una fase di transizione: gli schermi stanno diventando sempre più grandi, le cornici più sottili, mentre i tasti fisici sono destinati a sparire. Immagino il cellulare del futuro come un pezzo d’arte discreto, bello a vedersi da spento, che si accende solo quando ne hai bisogno o se qualcuno sta cercando di contattarti. Come nella tradizione kaiseki della cucina giapponese: il cameriere è sempre lì pronto a servirti, però rimane nascosto in disparte.

Tra chip sottocutanei e occhiali intelligenti, non c’è il rischio che il telefono come lo concepiamo oggi finirà per scomparire?

Non avremo bisogno di prenderlo fisicamente in mano per accedere alle sue svariate funzioni. Sarà dappertutto. Il suo schermo si moltiplicherà, diventerà diffuso. Lo troveremo nel televisore, nello specchio, negli elettrodomestici. Persino sul pavimento o dentro una sedia. Con tutte le notifiche a disposizione.

Sui vostri prodotti avete lanciato l’opzione «Zen mode», che blocca il cellulare per un tempo variabile a partire dai 20 minuti. Ma il fatto che debba essere la tecnologia a fornirci strumenti per disintossicarci dalla sua onnipresenza, non è indice del fatto che ne siamo ormai schiavi?

Abbiamo un cervello animale ed è facile disegnare dispositivi che ci rendono dipendenti come l’alcol o le sigarette. Sappiamo che fanno male, però continuiamo a consumarli. Ritengo che aiutare gli utenti a esserne consapevoli sia una responsabilità imprescindibile di ogni piattaforma. In Occidente, specie negli Stati Uniti, la depressione è a livelli da record. Per l’ansia di connetterci, ci stiamo disconnettendo dal mondo. Vorremmo contribuire ad aggiustare la situazione, sebbene alla fine spetti agli individui impegnarsi a riprendere le redini della loro esistenza.

OnePlus è una compagnia basata in Cina. Teme blocchi analoghi come quello imposto dal presidente americano Trump a Huawei?

Non ci penso perché, in caso, non potrei farci nulla. Amo molto l’insegnamento dello stoicismo: focalizzare le energie su cose di cui abbiamo il controllo.

Applica la stessa filosofia alla sua vita?

Sì. E cerco di trovare la gioia nella sua privazione. Ora che posso permettermi ristoranti di lusso e alberghi splendidi, vado a dormire in ostelli o ceno solo con pane e acqua. Mi aiuta ad apprezzare quello che ho e a non percepire l’eccezionale come normale.

Guardando indietro, si è spiegato come ha fatto creare una compagnia di successo a poco più di vent’anni?

Iniziando presto: ho lanciato il mio primo sito a 12 anni e subito ho cominciato a monetizzare vendendo pubblicità. Soprattutto, ho imparato a fidarmi di me stesso, della forza del mio intuito. Se le persone intorno a te non hanno idea di cosa stai parlando, ma pensi che il tuo pensiero abbia una logica, vai avanti. Non avere mai paura di non essere capito.

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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