C’è proprio del genio in questa follia
Il saggio di due psichiatri pisani indaga nelle relazioni tra patologie mentali, competenze eccezionali, e doti artistiche sovrumane. Con una particolare attenzione all’autismo
Genio e follia: l’espressione nasce dal titolo di un sottovalutato saggio sulla creatività dei pazienti psichiatrici pubblicato nel 1872 da Cesare Lombroso, lo psichiatra ottocentesco passato poi ingenerosamente alla storia per la sua contestatissima “antropologia criminale”, basata sull’osservazione della fisiognomica dell’individuo.
Oggi quel titolo torna in libreria con un’edizione aggiornata ai giorni nostri: Genio e follia 2.0 (Franco Angeli editore, 150 pagine, 20 euro) è l’ultima fatica di una nota psichiatra pisana, Liliana Dell’Osso, che insieme con il collega Primo Lorenzi ha voluto indagare nell’eccezionalità umana. Non nuova a esplorazioni intriganti (nel 2016 e pochi mesi fa ha dato alle stampe due deliziosi saggi su Marilyn Monroe e su Coco Chanel), stavolta Dell’Osso va alla ricerca di casi celebri di geni, eroi, santi e artisti passati alla storia per una creatività affiancata all’eccentricità. La galleria di personaggi, e l’aneddotica che esce dallo studio è lunga e fascinosa: da Mozart a Pontormo, dal Sodoma a Giorgio Morandi, da Van Gogh a Isaac Newton…
Ma il vero plus di questo saggio sta nell’approfondimento particolare dedicato all’autismo, definito dai due autori “sottosoglia tra genio e follia”: è la statistica, del resto, a indicare che le doti di una particolare creatività, in questa psicopatologia, siano particolarmente frequenti. Tra gli autistici, il fenomeno della cosiddetta “competenza eccezionale” s’impenna, non rispetta più gli standard medi della popolazione: arriva a superarle da cinque a dieci volte tanto.
Da questo punto di vista, indubitabilmente, nasce la nuova concatenazione tra genio e follia, che è proprio il mare inesplorato in cui s’immerge il saggio. Alla ricerca di una nuova frontiera: la percezione che ciò che finora abbiamo considerato “pensiero divergente”, cioè la capacità (o la patologia) di chi vede il mondo in un modo del tutto differente da quello comune, possa essere sì una tara ma in effetti è anche un dono.
Chiude il libro una breve, gustosa intervista impossibile, e “tra colleghi”, che i due autori impongono a un riottoso Sigmund Freud, immerso nel fumo del sigaro nella sua casa viennese. Il dialogo, suggestivo, si conclude quando lo spettro del geniale padre della psicoanalisi si dissolve, pronunciando la mezza (auto)diagnosi di “una leggera forma di autismo”. E così si chiude il cerchio di Genio e follia 2.0. Ma si apre il dibattito.
Dell’Osso è professore ordinario e direttore della Clinica psichiatrica dell’Università di Pisa. Lorenzi è docente a contratto presso lo stesso ateneo.