Chiara Ferragni salva la società Fenice, ma la guerra tra i soci è appena iniziata
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Chiara Ferragni salva la società Fenice, ma la guerra tra i soci è appena iniziata

Chiara Ferragni è riuscita a ottenere un aumento di capitale di 6,4 milioni di euro per la società Fenice. Ma i bilanci restano disastrosi. E il socio Pasquale Morgese è pronto a dar battaglia. La prossima sfida sarà in tribunale?

Scoperchiato il vaso di Pandoro, per Chiara Ferragni la vita non è stata più la stessa. Certo, definirla influencer sarebbe riduttivo. Imprenditrice, vera e propria guida nella confusione dell’epoca post-moderna, poteva contare su un esercito di milioni di followers. A cui propinare ogni qualsivoglia prodotto. Dalla moda alle skincare, dai diritti civili ai vaccini contro il Covid: il bosco verticale era il suo quartier generale. E da lì metteva in moto le masse. Credere, obbedire, combattere. Ma a suon di like. La fine dell’idillio amoroso con il rapper Fedez è stato il degno epilogo. Fu solo un’operazione di marketing? A Fabrizio Corona l’ardua sentenza. Non c’è dubbio, il pettegolezzo funziona e fa visualizzazioni. L’opinione pubblica si polarizza, tra seguaci delusi e haters ringalluzziti. Social e circenses, è l’oppio della contemporaneità.

Tuttavia, la questione principale adesso ruota attorno ai contrasti tra la Ferragni e i suoi sodali. Cercare la rinascita o fare un passo indietro? Più volte Panorama è tornata sull’argomento. Tra accuse e pugni sul tavolo è andata in scena l’assemblea dei soci Fenice, la società che detiene i marchi dell’influencer. Si parte da un dato: il trend negativo non dà tregua al business dell’imprenditrice milanese. Ai danni di immagine seguono quelli economici. Nel 2024 i ricavi sono crollati a 2 milioni. E a pensare che nel 2022 ne collezionavano ben 14. La differenza è notevole. Quindi cosa fare? Non abbandonare la nave durante la tempesta.

Il piano di salvataggio della compagnia è sul tavolo: 6,4 milioni di euro per non affondare. Ma non tutto l’equipaggio è d’accordo. Pasquale Morgese, che detiene il 27,5% delle azioni, si oppone e invoca l’ammutinamento. “Contestiamo la carenza di documenti”, grida l’avvocato Filippo Garbagnati. Accusando di non ritenere “veritiero” il bilancio, che ha lo scopo solo di “coprire l’operato del precedente organo amministrativo”. La frecciatina è ancora una volta alla Ferragni. Ma l’amministratore unico, Massimo Calabi, si difende. Essendo convinto di aver agito “con la massima diligenza, buona fede, correttezza e rispetto dei principi contabili”.

Il risultato? Bilancio approvato, insieme all’aumento di capitale. Il fallimento immediato viene evitato. La barca è salva, per ora. Ma nessun porto sicuro la accoglie. E la prossima sfida potrebbe avere un’arena speciale: le aule di tribunale.

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