La Cina aerospaziale costretta a mostrare i muscoli
Con il salone di Zhuhai ripartono le grandi kermesse internazionali. Ma la "pace commerciale" tra i colossi occidentali Boeing e Airbus costringe l'industria cinese a mostrarsi super-competitiva. Soprattutto con i clienti militari africani e asiatici
Mancano due giorni all'apertura del salone aerospaziale di Zhuhai (28 settembre – 3 ottobre) e la Cina è pronta a presentarsi con i muscoli. Ne ha bisogno per spazzare via i dubbi sulle reali capacità della sua industria aerospaziale, duramente colpita dalla pandemia, e lo farà sia mostrando al pubblico internazionale gli ultimi progetti militari nazionali, ambiti dai suoi clienti africani e asiatici, sia per distrarre l'opinione pubblica da quelli intrapresi ma non ancora terminati in ambito civile, come il tanto atteso jet commerciale passeggeri C-919, tuttora incompleto e quindi incapace di competere contro gli Airbus 320Neo e i B-737-9, e anche il bi-turboelica per trasporto regionale Ma-700, concorrente degli occidentali Dash-8 e Atr-72. Entrambi i programmi sono partecipati anche da aziende occidentali, ma la direzione cinese si è dimostrata spesso inadeguata a raggiungere in tempi opportuni i risultati di certificazione che servono per aprire i mercati esteri.
Inoltre le aziende straniere che esporranno saranno poche a causa delle rigide regole di quarantena imposte dal governo, così a mostrarsi saranno le filiali nazionali dei grandi costruttori occidentali, tra i quali Boeing Co (Ba.n), Airbus-Se, Rolls-Royce Holdings Plc, Cfm International, Honeywell International Inc ed Embraer Sa. E Boeing, che sta ottenendo l'approvazione dell'autorità aeronautica cinese per riportare in volo il suo B-737Max dopo un fermo di due anni, avrà uno stand molto grande per promuovere il suo ritorno nell'interessante mercato dei vettori cinesi. In un momento di crescenti tensioni commerciali con l'Occidente, la Cina ha lavorato per produrre prodotti aerospaziali più competitivi e contrastare il patto di non belligeranza commerciale stretto a giugno tra Stati Uniti ed Europa dopo 17 anni di cause legali e accuse reciproche di aiuti di Stato, ma senza riuscire a completarli in tempo.
Sul piano militare saranno due le novità "made in China" delle quali, come sempre, è difficile comprendere il livello di reale sviluppo. La prima è un velivolo leggero dedicato alla guerra elettronica, ufficialmente designato Shenyang J-16D, che è stato parcheggiato sabato scorso nella parte dell'aeroporto di Guangdong riservato alla mostra statica. Il J-16D, biposto, sarebbe basato sulla cellula del caccia multiruolo J-16, che è a sua volta uno sviluppo dell'intercettore J-11B e della serie russa Sukhoi Su-30Mk, entrambi i quali, almeno per geometria e pedigree, risalgono al russo Sukhoi Su-27 Flanker. Del resto tra il 1996 e il 2002 la Cina aveva acquisito da Mosca una decina di esemplari e la licenza di costruzione per un totale di un centinaio di Su-30Mk e Su-30Mk2, dei quali pare che una sessantina siano ancora in servizio. Le immagini del J-16D scattate a terra e pubblicate online da canali cinesi mostrano che l'aeroplano presenta alcune notevoli differenze rispetto al J-16 standard, le più importanti delle quali sono una coppia di pod montati sulle estremità delle ali. Dalle dimensioni questi potrebbero svolgere una funzione simile a quella che in ambito Nato viene effettuata dal Boeing EA-18G Growler della Marina degli Stati Uniti, ovvero quanto previsto da un sistema di sensori passivi (che quindi non emettono radiofrequenza né altre radiazioni intercettabili) utilizzato per rilevare, identificare, localizzare e analizzare le emissioni del nemico. Altre differenze distintive rispetto al J-16 includono un radome (copertura anteriore del muso) notevolmente più corto che suggerisce che l'aeroplano sia stato dotato di un radar più piccolo, la mancanza del cannone montato sul lato destro della fusoliera e l'eliminazione di un sistema di ricerca e tracciamento a raggi infrarossi che sul modello precedente era posizionato sulla parte anteriore della fusoliera. Questo J-16D presentato a Zhuhai porta il numero 0109 stampigliato sul lato delle prese d'aria del motore, quindi secondo le modalità di identificazione cinesi potrebbe trattarsi del nono velivolo del primo lotto di produzione. Tuttavia non presenta insegne sulla coda, dunque non è possibile dire a quale reparto operativo sia destinato. Infine, nelle baie dell'armamento presenta altri Pod che hanno l'aspetto di quelli che nascondono apparati per il disturbo elettronico.
La seconda novità è comparsa nel piazzale riservato ai mezzi aerei senza pilota, dove un portavoce del ministero della Difesa cinese ha presentato all'emittente Cctv il drone da alta quota e lunga autonomia (classe Hale) Wz-7 Soar Dragon realizzato dalla Aviation Industry Corporation of China (Avic). Di questo nuovo drone stupisce la configurazione ad ala tandem unita (in gergo Pradtl-plano). Da una prima osservazione si nota che per costruirlo è stato fatto un esteso utilizzo di materiali compositi. Se confrontato con altri droni della medesima classe risulta molto grande, inoltre l'ala unita consente di realizzare una struttura più rigida, quindi meno flessibile rispetto ad altre configurazioni, con vantaggi che, almeno sul piano teorico, dovrebbero conferire più efficienza e richiedere controlli di volo meno complessi rispetto ai concorrenti. Interessante anche la parte inferiore della fusoliera, che potrebbe ospitare una coppia di missili oltre a sensori ottici di vario genere. L'intenzione di Pechino sarebbe quella di usare il Soar Dragon per la sorveglianza marittima, per la protezione di basi e unità navali. In particolare lo spessore dell'ala suggerisce che essa sia per la quasi totalità del tipo "bagnato", ovvero che ospiti il grande serbatoio necessario per garantire almeno 15 ore di volo di volo. Se verrà prodotto in serie a preoccupare non sarà tanto l'uso da parte delle forze cinesi, quanto le possibilità di esportazione di un sistema che possa fare concorrenza all'occidentale Mq-9 Reaper. A completare le novità dell'esposizione dovrebbe essere l'ultima evoluzione del caccia a bassa segnatura radar J-20 apparso tre anni fa e ancora non ritenuto completo rispetto alle capacità descritte da Pechino nel 2018.
Infine, il salone di Zhuhai è atteso per il suo risvolto finanziario: se la crescita cinese dell'era post-pandemia è davvero quella che la Repubblica Popolare dichiara, le vendite di jet d'affari ed elicotteri Vip dovrà dimostrarsi vivace almeno quanto lo era nel 2019, con decine di ordini annunciati dai costruttori. E siccome noi italiani siamo leader nell'ala rotante, ce lo auguriamo per Leonardo.