La Mostra del cinema di Venezia si pone a modello di sicurezza da Covid
La macchina dell'organizzazione anti-coronavirus approntata al Lido fa sentire al sicuro, mai in apprensione. Applausi a Cicutto e Barbera che fanno del festival lagunare un esempio da seguire nella ripartenza
Quando ad aprile Roberto Cicutto e Alberto Barbera, rispettivamente presidente della Biennale e direttore della Mostra del cinema, dicevano «Venezia si farà e in presenza», con il Covid-19 che atterriva tutto il mondo, ad alcuni saranno sembrati dei pazzi. E invece erano dei magnifici visionari. L'edizione 77 della Mostra è in corso e, trovarsi qui, in piena pandemia, non mette paura. La sensazione di chi sta vivendo questo primo grande evento internazionale post-Covid è di estrema sicurezza, grazie a una macchina organizzativa ben pensata ed efficiente. Qui vi spieghiamo come si articola.
Altolà all'ingresso
Per accedere all'area della Mostra, anche negli spazi esterni, quindi dall'Hotel Excelsior alla Sala Giardino, è necessario sottoporsi a un doppio controllo. Prima dei controlli, però, il dictat è: mascherina addosso.
Il primo step è attraversare una sorta di box aperto, dove, dall'alto, un termometro a muro rileva la temperatura mentre si cammina. Si può procedere solo se non si ha più di 37.5 gradi. Quindi scatta il secondo controllo, non legato però al Coronavirus, quello antiterrorismo, già attivo da alcuni anni: le forze dell'ordine fanno aprire valigie, borse e marsupi e controllano i visitatori con un metal detector.
Red carpet murato
La novità più amara di questa edizione 77 della Mostra internazionale d'arte cinematografica salta subito all'occhio di fronte al Palazzo del cinema e ha l'effetto di un pugno nello stomaco: il red carpet è blindato.
La sfilata di star che entra in Sala Grande è stata oscurata da una sorta di muro. Si svolge ugualmente, ma la si può vedere solo su uno schermo gigante defilato rispetto alla Sala Grande, visibile a distanza. Fotografi e cameraman possono accedere al tappeto rosso, come negli anni passati, ma in numero contingentato, con mascherina e a distanza.
Mascherina durante il film, posto assegnato
Al fine di evitare il formarsi di code, elemento caratterizzante delle edizioni passate, sono state abolite le biglietterie fisiche. Per vedere i film, il pubblico deve comprare i biglietti online, gli accreditati devono prenotare gli ingressi sempre online.
Non c'è più la possibilità, per chi ha il pass, di scegliere il posto in sala al momento stesso: ora il posto è sempre rigorosamente assegnato a priori. Ed è vietato cambiare posto durante la proiezione: una misura anti-Covid che permette il tracciamento di ogni persona, così da mappare, dovesse sbucare un contagio, l'area di persone nel suo raggio d'azione.
La capienza in sala è dimezzata. Anche se si fa parte dello stesso nucleo famigliare, si è tutti a debita distanza: una poltroncina occupata, una no.
Durante la proiezione è sempre e comunque obbligatorio l'uso della mascherina.
Gel igienizzante e percorsi obbligati
Rispetto agli anni precedenti, gli ingressi nelle varie sale sono tutti delineati da percorsi obbligati, uno in entrata, uno in uscita. Non ci sono più aree che condividono spazi. Per esempio, visto che la Sala Grande e la Sala Darsena sono confinanti, in passato spesso le file per entrare in una si intrecciavano alle file per l'altra. Ecco, ora ogni accesso ha un tragitto specifico che evita potenziali assembramenti.
E, ça va sans dir, all'ingresso di ogni sala cinematografica ci sono dispenser di gel igienizzante sempre ben forniti.
Sempre tracciati, per scongiurare contagi
La sala stampa, dove i giornalisti si ritrovano per lavorare, potrebbe essere un potenziale luogo di assembramento. Ma anche qui la macchina del festival ha fatto del suo meglio. È diminuito il numero di giornalisti presenti, sia perché sono stati concessi meno accrediti, sia perché molti non se la sono sentita di esserci. Per chi accede alla sala stampa sono state adottate misure che fanno sentire sempre protetti. Anche qui, come in ogni area della Mostra, c'è obbligo di mascherina.
Sono stati eliminati i computer fissi a disposizione di chi ne avesse bisogno e si può lavorare solo con il proprio portatile. Nei banconi comuni, tra una sedia e l'altra c'è più di un metro di distanza. Ogni giornalista che entra in sala stampa è registrato: viene segnato il suo codice identificativo, orario di ingresso, area in cui si siede, con rilascio di foglietto «segnaposto» da riconsegnare. In caso di contagio si potrebbe quindi risalire ai colleghi con cui il contagiato è entrato in quasi contatto.
L'igiene è certosina: appena un giornalista lascia la sua postazione, scattano le pulizie della sedia e della porzione di tavolo occupata.
Controlli rassicuranti
La mascherina è sotto il naso? Arriva uno degli addetti a chiedere gentilmente di alzarla. Uno spettatore cambia posto magari per leggere meglio i sottotitoli del film? Ecco che viene sollecitato a tornare al suo posto. Il tutto, per lo più, con estrema collaborazione reciproca e comprensione.
La voglia di tornare alla vita di prima è tanta. Ed è questa, piena di regole ma anche di speranze, la strada attraverso cui passare.
Applausi a Cicutto e Barbera. Proprio dall'Italia, da cui a fine febbraio è partito vorticosamente tutto, parte il modello da seguire. La Mostra del cinema di Venezia si erge a sprone ed esempio.