Auschwitz, Buchenwald, Belzec e le indagini riaperte
C'è l'ingegnere ucraino attivo nel lager di Belzec. E lo slovacco volontario nelle SS a Buchenwald e ad Auschwitz. Sono solo due dei casi di crimini nazisti riaperti in Germania - Prima parte
Il Procuratore capo dell’Ufficio centrale tedesco per la persecuzione dei crimini nazisti di Ludwigsburg, Kurt Schrimm, aveva assicurato che il verdetto emesso il 12 maggio 2011 dai giudici di Monaco di Baviera contro John Iwan Demjanjuk (condannato, ma deceduto in pendenza di appello e quindi morto legalmente innocente, per concorso in 28.060 casi di omicidio nel lager nazista di Sobibor, per aver partecipato alla macchina concentrazionaria pur in assenza di evidenze di crimini individuali) avrebbe dato modo al suo ufficio di rileggere molti casi sotto una nuova luce. Almeno due sono stati già assegnati alle procure territoriali competenti per decidere un eventuale rinvio a giudizio.
L’ingegner K...
Il primo caso è quello di Iwan (John) Kalymon, 90 anni, ingegnere in pensione della Chrysler di Troy nel Michigan di origini ucraine, emigrato negli USA nel dopoguerra. Si ritiene sia stato nella polizia ausiliaria a Lviv, nella Polonia occupata durante le deportazioni di ebrei al campo di annientamento nazista di Belzec. La sua unità, secondo documenti nazisti tratti da archivi sovietici rinvenuti dal dipartimento di giustizia statunitense, avrebbe partecipato alla consegna di 2.128 ebrei in un punto di raccolta di Lviv. 12 prigionieri vennero uccisi mentre cercavano di fuggire. Sarebbe altresì documentato che Kalymon stesso, in un’altra circostanza, fece rapporto per avere esploso 5 colpi in servizio uccidendo un prigioniero e ferendone un secondo. Dal 2007 è privo della cittadinanza americana e può essere espulso dagli USA.
In una dichiarazione scritta il portavoce della procura di Monaco, il procuratore Thomas Steinkraus-Koch, conferma solo che “le indagini perdurano” e che un comunicato “verrà emesso non appena ci sarà una svolta significativa”.
… ed il buon mastro ferraio con un passato come guardiano ad Auschwitz
Il secondo fascicolo, di maggiore rilievo, riguarda l’87enne Johann Hans Breyer. Cittadino americano per via materna, ma nato a Neuwalddorf in Slovacchia, volontario nelle Waffen SS e quindi nella divisione SS-Totenkopf, guardiano a Buchenwald tra il febbraio 1943 ed il maggio 1944, e quantomeno da maggio e settembre 1944 nel lager di Auschwitz-Birkenau, il campo di sterminio nazista dove Josef Mengele condusse i suoi terribili esperimenti su cavie umane e furono sterminati non meno di 100.000 bambini. Qui, secondo l’ipotesi accusatoria, Breyer diede un apporto significativo nell’uccisione di almeno 344.000 persone. Nel dopoguerra ha liberamente lavorato negli USA come fabbricante di utensili ed ha avuto 3 figli.
Ad Auschwitz, solo tra il maggio ed il luglio del 1944, arrivarono circa 120 treni con più di 400.000 ebrei ungheresi, gran parte di tutti quelli del Paese (pur escludendo i tanti salvati dal diplomatico svedese Raoul Wallenberg), sono stati deportati, per trovarvi la morte, tantissimi ebrei tedeschi, francesi, belgi, greci, serbi ed italiani. Riferendoci solo all’Italia, nel periodo in cui Breyer prestava servizio, partirono almeno 6 convogli da Trieste (nel luglio del 1944), quantomeno tre (rispettivamente il 16 maggio, il 26 giugno ed il 2 agosto del 1944) da Fossoli, il campo di raccolta e partenza da cui transitò anche Primo Levi, e Verona. Basti ricordare che già solo col convoglio del 26, arrivato al lager il 30 giugno 1944, furono deportate circa 1.000 persone. L’elenco degli internati provenienti da Fossoli, la Transportliste, conservata all’Archivio del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, indica 517 nomi. Di tutti tornarono solo in 32.
Il caso Breyer però è tutt’altro che nuovo e doveva essere noto agli inquirenti tedeschi, per essere emerso negli USA da almeno dieci anni. Breyer aveva infatti già ammesso nel 1991 in una dichiarazione giurata resa all’Office of Special Investigation (ora Human Rights and Special Prosecutions Section del dipartimento di giustizia USA) di aver aderito alle SS. Nel corso della lunga procedura di denaturalizzazione che ne seguì negli USA, ha peraltro sostenuto che a 17 anni, quanti allora ne aveva, non poteva dirsi che la sua adesione al nazismo fosse cosciente.
Ha anche sempre negato di sapere nulla di quanto succedesse nei lager affermando di avere sempre prestato servizio esterno di guardia o di aver accompagnato le squadre di prigionieri a lavori fuori dai campi, seppur con l’ordine di sparare a chi avesse cercato di fuggire, e sostenuto di aver lasciato il lager nell’agosto 1944 in licenza per non tornarvi più. Che l’adesione alle SS fosse avvenuta da minorenne, e potesse non esser stata volontaria, ha convinto i giudici americani che nel 2003 gli hanno confermato il diritto di soggiorno.
A suo "vantaggio" ci sarebbe anche l’assenza di tatuaggi delle SS, o la mancata evidenza che ne avesse uno e sia stato rimosso, cita l’agenzia AP. Ma documenti raccolti in esito all’esame della domanda di immigrazione negli Stati Uniti nel 1951, lo ricondurrebbero come SS Totenkopf ad Auschwitz quantomeno ancora al dicembre 1944. Discrepanze nelle affermazioni di Breyer vengono denunciate anche dal quotidiano francese L’Express che afferma che agli inquirenti americani dell’OSI avrebbe reso delle descrizioni compatibili solo con la sua presenza a Birkenau, noto anche come Auschwitz II, la parte del lager precipuamente destinata allo sterminio dei prigionieri (anche ad Auschwitz I c’era una camera a gas, ma fu in funzione solo nei primi tempi). Breyer però ha ripetuto all’agenzia americana AP, che lo ha intervistato a Philadelphia, di non esserci mai stato e di non aver mai torto un capello ad alcuno.
Le indagini sono state ora affidate per competenza territoriale alla Procura di Weiden, nella cui circoscrizione ha risieduto prima di emigrare dalla Germania. Si tratta della seconda più piccola procura della Baviera. Gerd Schäfer, capo del team di procuratori, non fa pronostici per una breve conclusione delle indagini e dice “dobbiamo ancora prendere confidenza con i fatti avvenuti ad Auschwitz”.
Il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung per parte sua non pronostica la possibile emissione di un mandato d’arresto internazionale prima della fine dell’anno. La procura di Weiden peraltro è stata anche investita di inchieste relative a crimini compiuti nel lager di Flossenburg e per questo il procuratore Kurt Schrimm, pur non escludendo che i colleghi di Weiden vogliano ancora impegnarsi in nuovi accertamenti, li ritiene più che capaci di portare in porto il caso.