Esordio da non perdere: 'Breve trattato sulle coincidenze'
Un postino solitario amante delle lettere d’amore, nel toccante primo romanzo di Domenico Dara
Domenico Dara arriva dal Premio Calvino dello scorso anno, un autore di origini calabresi, classe 1971: si era conquistato un posto tra gli otto finalisti, con il suo Breve trattato sulle coincidenze , ora uscito per Nutrimenti.
Il romanzo di Dara è una sorprendente e affascinante opera prima. La storia è ambientata negli anni Sessanta a Girifalco, un piccolo paese della Calabria. Protagonista è l’anonimo postino locale “un uomo solitario, senza ambizione, che alla passione per i pensieri astrusi univa quella per le lettere d’amore”. E non solo quelle. Il postino, infatti, ha il vizio di aprire, leggere, ricopiare e catalogare ogni lettera che gli passa tra le mani, aiutato anche dal dono di saper imitare alla perfezione qualsiasi grafia.
Proprio per questa sua abitudine si imbatte in due lettere che influenzeranno il corso del suo destino e di quello del piccolo paese. Una missiva d’amore, anonima, chiusa da un sigillo di ceralacca, come non se ne facevano più, che contiene il messaggio di un innamorato senza speranza; l’altra è una lettera che racchiude i loschi intrallazzi del sindaco locale, intenzionato a trasformare una parte della campagna circostante in una discarica.
Il postino è un personaggio insolito rispetto ai propri compaesani. Vive una solitudine scelta, in parte per attitudine e in parte (per la maggior parte) a causa di una vecchia storia d’amore finita male, nella quale ha impegnato cuore e anima. L’uomo è convinto che non tutto appartenga a questa terra, che un disegno preciso anche se spesso indecifrabile, sia la guida delle nostre azioni o dei nostri incontri. Per questo cataloga da anni ogni piccola coincidenza, come i sassolini di Pollicino: “i sassolini che tracciano e indicano il giusto cammino della nostra vita si chiamano coincidenze. La coincidenza è il sassolino lasciato sul sentiero per indicare la via del ritorno, l’incontrovertibile prova che noi ci troviamo nel punto in cui avremmo dovuto essere.”.
Quelle due lettere smuovono la coscienza del nostro protagonista. Da una parte quell’amore disperato, anonimo, ma altrettanto vicino e conosciuto, a lui tanto familiare; dall’altra la consapevolezza di essere forse l’unico in grado di poter smascherare il sindaco e salvare Girifalco dalle porcherie della politica e del malaffare.
Domenico Dara ci affascina e ci ipnotizza in questa toccante storia, dai tratti poetici e dalle sfumature popolari. Usa il linguaggio di paese, con tanti inserti dialettali mai scomodi da comprendere, anche per chi non mastica il calabrese. Si sentono i profumi dei cibi, la freschezza dei panni stesi, l’erotismo primitivo delle donne del paese. Una traduzione all’estero, per quanto la si auguri di cuore a Dara, perderebbe probabilmente buona parte della potenza evocativa della lingua, che viaggia attraverso più registri in base alla situazione in scena.
Il personaggio del postino, infine, è da manuale. Banalmente, è un intellettuale autodidatta, amante della parola scritta, incapace di inserirsi pienamente nel mondo reale, nonostante la sua quasi sciamanica capacità di osservarlo e, talvolta, comprenderlo.