Carlo G. Gabardini, "Fossi in te io insisterei", un libro felice
Lettura digressiva di un memoir in forma di lettera al padre. Ovvero: lasciate che i vostri figli scrivano un diario
Esce in questi giorni un libro coraggioso e felice.
È di Carlo G. Gabardini, si chiama: Fossi in te io insisterei. Lettera a mio padre sulla vita ancora da vivere (Mondadori). Certo, vi devono interessare il tema, e il genere.
Parlare con il padre
Il tema, è fondamentale per tutti (o quasi tutti): la relazione con il genitore maschio, dal punto di vista di un figlio maschio.
Ci sono in effetti alcuni argomenti correlati, uno in particolare, che però, in fondo, non sono così discriminanti da rendere l'esperienza meno comune di quanto sembri.
Un memoir (forse) democratizza la scrittura
Il genere è quello antico ma di nuovo molto frequentato del memoir, come si dice.
Un genere che a ben vedere, democratizza la scrittura e tenta - quasi - tutti: per scriverlo infatti non è necessario aver partecipato a una battaglia, svaligiato una banca, o conquistato il Polo. Se si è stati attenti, nel corso degli anni, alla propria vita, ci si accorge presto che è bastato vivere normalmente per aver un sacco di cose da raccontare.
Certo bisogna prendersi la briga di annotarsele e maturare la convinzione che interessino a qualcuno.
Che poi questo sia un memoir in forma di "lettera al padre" non lo rende meno memoir, nelle ambizioni e nello scopo.
Gabardini, uomo piuttosto noto per frequentazioni televisive e radiofoniche (Cameracafé è in parte roba sua, anche nella scrittura), autore di alcune cose di Paolo Rossi, attore cinematografico, discreta Youtube star con "La marmellata e la nutella" non ha in questi anni esitato a prendere di petto il fatto di essere omosessuale e di parlarne in modo chiaro e originale, esattamente come ha fatto con le altre cose che di cui ha scritto.
Non solo un argomento correlato
L'omosessualità è ovviamente uno di quegli argomenti correlati cui accennavo prima in questo Fossi in te io insisterei. Ovviamente dovrei anche dire che è qualcosa di più di un argomento correlato, in un libro che riguarda la relazione dell'autore con il padre. E si potrebbe anche dire che questo è un libro sull'essere omosessuale.
Ma non sarebbe giusto, o almeno, sarebbe un frame di lettura legittimo ma riduttivo. E quindi sconsigliabile.
Parlare di un libro
I lettori incalliti sanno quanto siano importanti le cornici che applicano ai libri che leggono. Servono per leggere di più, per leggere contemporaneamente più libri, per non fare confusione. Servono per parlare dei libri che leggono.
Perché per parlare di un libro bisogna selezionare alcune cose e chi ascolta - se ascolta davvero e non è detto che lo faccia - finisce per prendere la vostra cornice e applicarla al libro. Ora, nel caso di Gabardini non userei subito il frame "(immaginaria) lettera di un uomo omossessuale a suo padre (morto)".
Perché, in tutta sincerità, il travaglio personale dell'essere omosessuale, non mi sembra il tratto più interessante del libro.
Ma, si sa, noi lettori siamo bestie strane. Molto idiosincratiche ma (per fortuna) tendenzialmente assai democratiche nel privilegiare un tema invece che un altro, rispettando perciò anche le letture diverse. Quindi, non è che questa mia lettura sia da privilegiare. Ma sento - intuisco- che è una lettura giusta.
Proust e il diario
Per esempio mi ha segnato il fatto che il padre di Carlo parlasse tanto della Recherche. È un'ammissione di metodo, un consiglio di scrittura per chi vorrebbe farsi pubblicare un memoir: se hai un padre che ti parla spesso di Proust, forse ti viene la forza e la costanza di scrivere un diario per tutti i giorni dell'anno: strumento che diventerà poi decisivo per la scrittura futura. Ma anche per le tue letture future.
Il titolo
Oppure, la scena (si possono chiamare così anche nel memoir, vero?) che dà il titolo al libro, dopo la bocciatura, la non ammissione di Gabardini al terzo anno della Civica scuola d'arte drammatica Paolo Grassi, per "un'esuberanza difficilmente controllabile sul piano della produzione scenica", "difficoltà nell'uso della voce, problemi di dislalie e rotacismi". Ecco, il nostro autore si decide finalmente a dirlo al padre, rimangiandosi la scelta di studiare da attore e tornando su quella di fare l'avvocato seguendo le orme del padre lasciate qualche anno prima:
"Quindi ho deciso che a settembre mi iscrivo a legge, Non so se farò l'avvocato, ma se il teatro non mi vuole, non sarò io a pregarlo".
Ed è qui che il padre gli consegna il titolo del libro: "Fossi in te io insisterei". Con quel che ne consegue nel ritratto che Gabardini fa del genitore. Il punto poi è che l'insistenza di Carlo devia verso il corso di Drammaturgia che lo trasforma in "autore", situazione figlia della consapevolezza di non essere un attore.
Merita un giro sul comodino
Insomma, se vi interessa il genere, si diceva più sopra, questo libro merita un giro sul comodino.
Un lettore attento dovrebbe lasciare dentro il libro che ha letto alcune idee che gli servano per il futuro. Sono accettabili anche idee parziali, e magari digressive.
Cominciare a scrivere un diario, anche più avanti
Ecco Gabardini può suscitare anche alcune di queste idee, per esempio sul mestiere di scrivere, sulla possibilità/dovere di ricordare, nel senso di trascinare di nuovo alla luce quel che si è lasciato chiuso da qualche parte. Magari sull'importanza di cominciare a scrivere un diario dopo i 50 anni, se non si è avuto il coraggio di farlo prima.
Ora un po' di spazio a quel che dice l'editore del libro di Gabardini
Ecco invece di cosa si occupa esattamente il libro di Gabardini (fonte: Mondadori):
Carlo Gabardini dà voce a un «romanzo famigliare» che prende avvio nella Milano degli anni Settanta-Ottanta in un appartamento nel quale i protagonisti – un padre, una madre
e cinque figli, fra maschi e femmine – consumano cene «politicamente scorrette», si confrontano per scegliere la nuova auto da acquistare o il luogo dove trascorrere uno specialissimo compleanno, giocano partite di Trivial Pursuit, si danno appuntamento in cucina per tè notturni che diventano il momento più atteso e più intimo della loro quotidianità. È lì che Carlo deve imparare a poco a poco a districarsi fra le inquietudini, i sogni e le delusioni prima di bambino e poi di adolescente: le spavalderie infantili, le insicurezze liceali, la decisione di fare l’attore tradendo le aspettative di chi già lo immagina avvocato, i primi innamoramenti e turbamenti sessuali. E poi la morte del padre, inaccettata e inelaborabile, che scandisce il passaggio lacerante a una maturità a cui si sente impreparato.
Allora non resta che ingolfarsi di lavoro (il teatro, il cinema, la televisione, la radio) e stordirsi di ogni possibile eccesso, togliendo spazio ad amori e affetti, ma soprattutto a se stesso. Fino a quel 31 ottobre 2013 quando il suicidio di un ragazzo omosessuale lo spinge a scrivere alla «Repubblica» una lettera in cui dichiara con fermezza che essere gay è bellissimo.
Fossi in te io insisterei è un racconto intimo e coraggioso, ironico e struggente, in cui è impossibile non riconoscersi perché, come scrive Gabardini, «il comingout non è un’esclusiva degli omosessuali, ma di tutti. Perché “venir fuori”, mostrarsi per chi si è realmente, urlare cosa si desidera per la propria esistenza, non concerne solo la sfera sessuale, riguarda il nostro senso di stare al mondo. Fare coming-out significa cominciare a vivere».
Un libro che è un invito a non aver paura, a uscire allo scoperto, a rivelare agli altri (e prima ancora a noi stessi) chi siamo realmente e cosa vogliamo per la nostra vita.
Carlo G. Gabardini,
Fossi in te io insisterei. Lettera a mio padre sulla vita ancora da vivere
Mondadori, 2015
@gruppodilettura