John E. Williams: il successo di 'Stoner' e degli altri romanzi dimenticati
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John E. Williams: il successo di 'Stoner' e degli altri romanzi dimenticati

Ecco perché una delle migliori scoperte letterarie degli ultimi due anni arriva dagli anni Cinquanta

È sbarcato in Italia solo nel 2012, dopo quasi cinquant’anni di oblio. E la distrazione non è stata, per questa volta, solo italiana: anche oltreoceano John Edward Williams ha subito un incomprensibile ritardo nel vedersi riconosciuto un posto tra i grandi nella narrativa del Novecento.

Stoner (edito da Fazi), il suo terzo romanzo datato 1965, neo vincitore del Waterstones Book of the Year 2013, è stato il capofila della riscoperta di Williams, e ha raggiunto da poco la tredicesima ristampa in poco più di un anno. E nel 2013 è arrivato anche Butcher’s Crossing , un incantevole western del 1960 che, per chi ha amato Stoner, rappresenta una conferma di prim’ordine. C’è anche un altro libro, Augustus (Castelvecchi), un romanzo storico sull’antica Roma grazie al quale nel 1973 Williams conquistò il National Book Award.

Possiamo affermare, senza temere smentita, che John E. Williams sia una delle più fresche e meglio riuscite novità letterarie degli ultimi due anni. Ma qual è la ragione?

Probabilmente perché in questi tre romanzi, nonostante le differenze di ambientazione, periodo storico, trama e personaggi, si respira una poetica comune che riesce a parlare all’uomo contemporaneo. Introducendo Stoner, lo scrittore irlandese John McGahern ha usato l’espressione “fuga nella realtà”, definendo con puntualità proprio questo filo rosso che unisce le opere di Williams.

Nei suoi lavori si ritrovano la quotidianità, i gesti semplici, i conflitti interiori di uomini normali, non di eroi o romantici personaggi letterari perfetti. È facile immedesimarsi, commuoversi e rielaborare le proprie esperienze, di fronte a una prosa schietta e cristallina che non ruba mai la scena al racconto. Spesso il significato più profondo arriva da piccole descrizioni, da qualche dialogo che sembra non c’entrare nulla. Come in molti racconti di Hemingway, anche Williams isola piccole porzioni di realtà, in modo casuale in apparenza, descrivendole con obiettività. Grazie a questa tecnica il lettore è chiamato a svolgere un ruolo, che sia di semplice osservatore o di attivo interprete del senso di tensione, di dolore o di piacere.

Forse, nell’era della crisi e del crollo del senso di onnipotenza della civiltà Occidentale, questa “fuga nella realtà” rappresenta un rimedio allo smarrimento. Il lettore contemporaneo, di fronte a Williams, si ferma e si guarda allo specchio, ritrovando l’essenziale, libero da inutili orpelli.

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- Stoner (Fazi)
- Butcher’s Crossing (Fazi)
- Augustus (Castelvecchi)

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Andrea Bressa