Julia Navarro, 'Spara sono già morto': intervista
Una scrittrice da 3 milioni di copie. Ora ci parla del suo nuovo romanzo sulla storia contemporanea di Israele e Palestina
Julia Navarro in Spagna è una star delle classifiche. Nata come giornalista e saggista, gode di grande seguito come autrice di narrativa. I suoi libri sono tradotti in più di trenta lingue vendendo, finora, la bellezza di tre milioni di copie. L'ultima opera di Navarro è Spara sono già morto (Mondadori), grande romanzo storico in un arco temporale dalla fine dell'Ottocento a oggi, dedicato alla difficilissima convivenza fra israeliani e palestinesi attraverso le vicende di due famiglie. Una appunto di ebrei, fuggiti dalle persecuzioni della Russia zarista e infine giunti nella "Terra Promessa". L'altra invece è una famiglia araba, con cui i nuovi arrivati condividono amicizia, lavoro, dolore. Sullo sfondo, lo scorrere inesorabile della storia, con in primo piano la radice della questione israelo-palestinese a seguito della fine della Prima guerra mondiale.
"Sono due famiglie che riflettono un momento storico ben preciso, agli inizi del Novecento, in Palestina. Una famiglia di contadini arabi che in condizioni molto difficili deve lottare per la sopravvivenza lavorando la terra - una terra affittata. Però si tratta di una famiglia coraggiosa, con tanti valori. L'altra, in realtà, non è una famiglia ma un gruppo di ebrei che arrivano dalla Russia, fuggendo dai pogrom. Questi ebrei creano un insediamento agricolo vicino alle terre della famiglia araba. Una situazione assolutamente consueta alla fine del diciannovesimo secolo e agli inizi del ventesimo, quando la Palestina era una provincia dell'Impero ottomano. La convivenza, allora, era del tutto normale."
Quali differenze vedi fra il passato e il presente nei rapporti fra israeliani e palestinesi?
Per capire la situazione del Medio Oriente oggi dobbiamo risalire alle conseguenze della Prima guerra mondiale e agli accordi fra le principali potenze. All’epoca gli stati più potenti del mondo sono l'Inghilterra e la Francia, che non solo prendono decisioni sulla cartina dell'Europa ma si spartiscono anche l'Oriente, creando paesi con frontiere del tutto artificiali. L'Impero ottomano scompare, come le nazioni che hanno perso la guerra, e la Palestina, una provincia povera, dove non c'è nulla eccetto la malaria, improvvisamente diventa proprietà dell'Inghilterra.
"Inglesi e francesi hanno scritto il copione di quello che succede oggi in Medio Oriente."
I miei lettori sono molto eterogenei, signori anziani col bastone o giovani di diciassette, diciotto anni, e soprattutto i giovani mi dicono che adesso, dopo aver letto il libro, capiscono come è iniziato tutto questo. Un ragazzo, una volta, alla Fiera del libro di Madrid, mi ha detto: "Da quando sono nato, tutti i giorni ho visto alla televisione notizie su Israele e Palestina, ma sinora non avevo mai capito quando tutto questo fosse cominciato: ora, finalmente, ho capito."
Tu quindi pensi che i vincitori della Prima guerra mondiale, quando hanno preso quelle decisioni, non avessero idea delle conseguenze.
Alle potenze non importa nulla di ciò che succederà poi alla gente, non vedono gli esseri umani, hanno solo interessi. Lo vediamo anche oggi, con quello che sta succedendo in Ucraina.
Una frase che ricorre spesso nel libro: "Non avrei voluto essere ebreo."
Chi dice quella frase è un bambino, e tutto quello che gli succede, tutte le disgrazie, gli accadono perché è ebreo. Ha perso una parte della sua famiglia in un pogrom, e non vuole essere diverso, non vuole essere guardato, non vuole occupare nel mondo un posto diverso per il semplice fatto di essere ebreo. Quindi, nella sua innocenza di ragazzino di dieci anni, pensa che, se smetterà di essere ebreo, allora finiranno i suoi problemi. Per questo si ribella: "se non sarò più ebreo sarò come gli altri". E ci prova, per anni. Ma naturalmente non ci riesce. La sua condizione di ebreo determina la sua vita, al di fuori della sua volontà.
Questo tema del contesto che determina la vita delle persone è presente un po' in tutto il libro.
Non sono determinista, ma credo che le circostanze ci segnino. L'uomo, sin da quando esce dalle caverne, lotta contro le circostanze, contro gli animali, contro una natura ostile. Deve combattere e cambiare queste circostanze, per rendersi la vita migliore. Ogni giorno tutti noi lottiamo contro le circostanze. Questo non significa che le possiamo cambiare, anzi, spesso perdiamo la battaglia. Ma la lotta contro le circostanze è una caratteristica di ogni esistenza umana. Ripeto, non sono determinista, ma è ovvio che se uno nasce a Milano o nasce in Sudan avrà una vita diversa, e circostanze diverse contro cui lottare.
"Gerusalemme è una città diversa. Lì si vede e si sente il peso della storia."
Parliamo della città protagonista di buona parte del libro: Gerusalemme.
Ho un rapporto particolare con Gerusalemme: mi affascina ma nello stesso tempo mi spaventa, perché è una città per la quale è stato versato tanto sangue nei secoli, soltanto per possederla. Quando cammino per le vie di Gerusalemme penso a tutte le persone che sono morte per possederla. Non è una città normale: si vede e si sente il peso della storia. Mi fa orrore che qualcuno possa essere capace di uccidere per possedere una città.
Come mai una scrittrice come te - spagnola, non ebrea - ha deciso di scrivere un libro proprio sulla storia di Israele e della Palestina?
Non volevo raccontare una storia sugli ebrei, o almeno non solo sugli ebrei. Volevo raccontare di due comunità che hanno convissuto e che poi, all'improvviso, per colpa di decisioni prese da altri, si sono ritrovate nell'inferno che dura ancora oggi. Questo è un romanzo di personaggi, una riflessione su come gli esseri umani a volte siano attori di un'opera teatrale che non hanno scelto di recitare, scritta da altri per loro. Sono stati gli inglesi e i francesi a scrivere il copione di quello che sta succedendo oggi in Medio Oriente. I poteri politici ed economici prendono decisioni che cambiano radicalmente la vita delle persone, per interessi che non sono quelli della gente comune.
Julia Navarro
Spara, sono già morto
(Mondadori)
777 pagine.
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