Il pollo di Newton di Massimiano Bucchi: quando la scienza va in cucina
Un saggio Guanda ripercorre i rapporti millenari tra gli studiosi e i fornelli, raccontando aneddoti, incomprensioni e divertenti trovate
L’aneddoto è significativo. Ci riporta ai primi giorni della primavera del 1626, scomodando la prima lama della scienza moderna, ovvero Francesco Bacone. Mentre viaggia su una carrozza con l’amico Witherborne, medico di Re Giacomo, il filosofo si accorge che sotto il manto di neve calpestata dalle ruote riaffiora un’erba dal colore verdissimo, quasi che fosse appena spuntata.
Bacone si convince così che neve e ghiaccio possano essere utilizzati per conservare gli alimenti. Infastidito dallo scetticismo di Witherborne e incurante della temperatura, Bacone scende dalla carrozza, acquista un pollo eviscerato, lo farcisce di neve ma si sente male per il freddo e di lì a qualche giorno muore per una polmonite.
Sulla veridicità dell’episodio c’è più di qualche dubbio. Ma l’aneddoto – riportato in Il pollo di Newtondi Massimiano Bucchi (Guanda) – è una buona spia per raccontare il controverso e sfaccettato rapporto che nel corso dei secoli hanno avuto la scienza e la cucina.
E il saggio di Bucchi, docente di Scienza, tecnologia e società all’Università di Trento, è davvero una miniera di curiosità, il più delle volte significative e spesso niente affatto residuali nella storia del costume degli ultimi secoli.
L’autore, ad esempio, scrive come il fiorire di scienze culinarie e domestiche a cavallo tra fine Ottocento e inizio Novecento non vada derubricato semplicemente a un ghiribizzo delle donne d’alta società. Rispondeva, piuttosto, “all’esigenza di offrire un ambito – purché definito e limitato – di attività scientifica alla crescente quantità di donne che premevano per accedere professionalmente a settori quali a scienza e la medicina”.
Ma il racconto di Bucchi solca anche episodi più laterali, incrociando furbizie e piccoli escamotage commerciali. È il caso, tra gli altri, delle vicende del chimico Justus von Liebig che, fattosi imprenditore, decise di lanciare sul mercato gli estratti di carne, all’inizio indirizzati ad ospedali e farmacie.
Fu un fiasco totale. Fisiologi e terapisti stroncarono il prodotto, ma il Nostro non si perse d’animo e virò sul pubblico delle massaie, puntando tutto su praticità ed economicità dei prodotti.
Non solo. Attraverso manuali di cucina, opuscoli divulgativi, e con una sapiente distribuzione di incarichi professionali, si conquistò l’appoggio delle autrici più influenti e accreditate dei testi culinari. E alla fine fece cassa, con buona pace dei rigidi giudizi di medici e scienziati.