Michela Murgia, 'Futuro interiore' - La recensione
Inclusione sociale, diritti universali, riduzione delle disuguaglianze: un pensiero libero di fronte alle questioni capitali del nostro tempo
Sono giorni inquieti in cui è lecito sentirsi depressi per l'incapacità di comprendere cosa sta succedendo alla nostra epoca. Giorni di banalizzazioni mute come il grafico di una elle rovesciata, di semplificazioni aggressive e pericolosamente binarie (In/Out, amico/nemico, uguale/diverso). L'antidoto è un libricino che al contrario apre i confini, allarga gli orizzonti, schiude pensieri. Il Futuro interiore di Michela Murgia assorbe idee chiare e purissime, parole miti e quasi familiari dietro le quali cova la brace della passione civile.
Futuro interiore. Un'immagine bella come una promessa al posto dell'angosciosa impressione di trovarsi allo stesso tempo nella palude della stagnazione e nelle spire di un'epocale cambiamento. Un manuale minimo dell'anima dedicato alla generazione dell'età di mezzo, il cui peccato originale sta nell'aver "mancato il tempo di ogni rivoluzione". Un discorso lungimirante eppure assolutamente non neutrale anche nell'affrontare concetti slabbrati come cittadinanza e democrazia o ambigui come identità e melting pot, questioni spinose come i principi di matrice feudale (ius sanguinis, ius soli) che ancora regolano i diritti individuali e collettivi, dicotomie complesse come il rapporto tra funzione e relazione, urbanistica e bellezza, centro e periferia, etica ed estetica.
Nella grande memoria confusa del mondo - ha scritto Annie Ernaux, altra romanziera capace di parlare nel suo capolavoro Gli anni delle contraddizioni della modernità con attitudine storicistico-esistenziale - un discorso cattivo si faceva strada nel consenso dei più. Vecchi valori come l'ordine o l'identità nazionale venivano branditi come vessilli contro nemici che si lasciava alle "persone per bene" il compito di identificare: dai disoccupati agli immigrati clandestini, tutta la massa di irregolari che popolano le nostre città. Era un discorso cattivo perché infarcito di una messe di analisi e informazioni povera di concetti e umanità, cui la gente si abbandonava come stordita. C'era una nuova voglia di servilismo, nella Francia paradigma d'Europa, conclude la scrittrice francese.
Era una premonizione che Murgia traduce così, nel capitolo intitolato Cittadini di un mondo scelto: l'Europa è un "evento storico-geografico già trascorso persino agli occhi dei suoi stessi concittadini". Le categorie d'Europa, spiega la scrittrice, sono vecchie, anacronistiche, ottuse (e Brexit era ancora solo un'ipotesi). Una maledetta parolina sintetizza la deriva nel nostro tempo: identità, cui è saldata l'idea di appartenenza a uno stato-nazione, o cittadinanza. In base a questo principio esclusivo - nel senso letterale di esclusione dell'altro dal novero di ciò che mi appartiene e quindi non costituisce una minaccia - la xenofobia non sarebbe un "problema collaterale" delle vecchie società europee bensì un elemento costituivo della loro stessa esistenza.
Ma come porci di fronte al dilemma esistenziale per cui è il caso a determinare l'appartenenza sociopolitica e culturale (religiosa, linguistica, demografica...) delle persone? Le argomentazioni di Michela Murgia svoltano felicemente verso l'individuazione di modelli alternativi a quelli in uso nel Vecchio Continente, cioè nel continente vecchio. Per esempio il multiculturalismo del Canada, dove l'integrazione sembra proporsi non secondo il principio dell'assimilazione sociale ai paradigmi in voga, come negli Stati Uniti e nell'Europa multietnica, ma come l'aspirazione a un'identità collettiva (ius voluntatis), costrutto immaginario volto a superare l'antica idea di cittadinanza e accogliere la diversità come un valore, smorzando il livello di conflitto.
Nella sezione intitolata Abitare la democrazia Murgia apre una parentesi illuminante sul landmark culturale delle nostre città, contrapponendo al canone estetico delle metropoli d'Occidente - a matrice centrifuga nel senso che è il concetto stesso di centro a creare la periferia con i suoi margini ed emarginati - la bellezza residuale di luoghi non programmati dai piani regolatori, oppure di centri polisemantici pensati come luogo di pace e di scambio fra le culture (l'Institut du mond arab di Parigi, la biblioteca Salaborsa di Bologna). La strada verso una democrazia rinnovata passa dalla rottura del modello architettonico oggi omologante, per restituire a tutti quel Diritto alla città di cui parlava già nel 1971 il sociologo e urbanista Henri Lefebvre. Se è nelle città che si gioca il destino della globalizzazione, abitare la democrazia significa ridisegnare le realtà urbane dall'interno ispirandosi alla quotidianità di chi ci vive, lasciando spazio al disordine come incubatore di biodiversità sociale.
Per resistere, conclude Murgia, bisognerebbe affidarsi a Capitani contagiosi in grado di convincere la maggioranza a mutare i sistemi di potere gerarchici su cui si basano le società democratiche. Rifiutarsi di assumere le modalità di ciò che si vuole combattere è un obiettivo raffinato a cui l'umanità è arrivata finora solo con il pensiero astratto. Resta però il miglior antidoto allo stereotipo del populismo incarnato dall'uomo forte quando, come oggi, torna a sedurre/minacciare l'immaginario collettivo. Se non esistono poteri buoni ma il potere sembra ineliminabile, perché allora non essere "potenti insieme, anziché l'uno contro l'altro?"
La speranza, l'attesa, la progettualità sottintendono insomma la percezione di un futuro che restituisca ai deboli i loro diritti. Solo così saranno anche i diritti di tutti, ed è "attraverso le lotte dei deboli che le società cambiano e crescono, perché i forti non hanno interesse alcuno a modificare lo stato delle cose". Se vi sembra un'ovvietà è solo perché il linguaggio della scrittrice di Cabras ha una chiarezza esemplare. Ogni crisi rappresenta una chance per tornare a immaginare un futuro pensabile con sentimento, contro la logica del ri-sentimento. Un futuro interiore, il futuro che include.
Michela Murgia
Futuro interiore
Einaudi
84 pp., 12 euro