Montanelli, gli odi, i rifiuti e le corna (a Feltri)
I segreti di Indro Montanelli in un libro del direttore de Il Giorno, Giancarlo Mazzuca
Da vivo non ha avuto figli, da morto è strattonato dai figli. «Non li ha mai voluti. Diceva: “Non si sa mai chi ti metti in casa”». E però adesso i figli di Indro Montanelli non si contano… «E’ vero. Ma i Montanelli boys rimangono quelli che lo seguirono a La Voce». Oggi tutti i giornalisti vogliono un pezzo d’eredità di Montanelli come i fedeli desiderano la reliquia del santo e i bibliofili l’inedito che non si trova. «Purtroppo, come sempre accade, c’è chi ne ha strumentalizzato la memoria».
A Montanelli piacerebbe il Montanelli monumentalizzato? «No, e non gli piacerebbe neppure la statua in oro che il comune di Milano gli ha dedicato». Per non scontentare Montanelli, Giancarlo Mazzuca ha cucinato Montanelli. «Mangiava pochissimo ma parlava tantissimo». E dunque Mazzuca, che oggi è direttore del Giorno, lo racconta in saporiti cucchiai nel suo Indro Montanelli, uno straniero in patria (Cairo editore) che appunto non ha il passo della biografia ma l’allegria e l’abbondanza della strenna. Dicono che il suo Montanelli sia in odore di conversione. «Ho solo scritto che voleva avere la fede di sua madre e che gli dispiaceva non possederla». Gli incappucciati con il Rolex meritano un fondo di Montanelli? «Oggi Indro non riconoscerebbe la città. Sarebbe troppo umiliato e affranto per raccontare Milano devastata». La sua Milano sfigurata l’hanno svelata solo i siti web e non i giornali di carta. «È strano ma la sua morte corrisponde proprio con la fine di un tipo di giornalismo. Montanelli non si sarebbe mai adeguato al nuovo corso».
È stato mai cestinato un articolo di Montanelli? «Ferruccio De Bortoli lo ha fatto. Era stato lo stesso Indro a chiederglielo: non voleva che venisse pubblicato un articolo che non fosse all’altezza del suo passato». Montanelli leggerebbe ancora questo Corriere? «Si arrabbierebbe nel leggere tutti i giornali, ma il Corriere rimarrebbe il suo giornale. Il suo errore più grande è stato rifiutare di dirigerlo nel 1992». Montanelli come Sartre? «Rifiutò la direzione del Corriere che gli offrì Gianni Agnelli, rifiutò il seggio da senatore. E anche quando fu direttore rifiutava il ruolo di direttore. Si è sempre considerato un giornalista solista e un direttore bandiera». E infatti Montanelli negli ultimi anni non leggeva più i giornali ma li faceva leggere a Mazzuca che di Montanelli fu vice nell’ultima avventura editoriale La Voce, il marchio degli antitaliani, la fronda degli esuli in patria. «Giuseppe Prezzolini a cui si deve l’idea de La Voce se ne andò dall’Italia quando il fisco osò mettere in discussione la sua dichiarazione dei redditi. Oggi Montanelli sarebbe un apolide».
Ma ha litigato anche con Prezzolini e Longanesi che erano i suoi maestri, con la Fallaci e Scalfari che sono stati i suoi migliori epigoni. «E ha litigato pure con Biagi. Di Bettiza non gli piaceva la prosa che riteneva ricercata. Di Spadolini la brama di potere. La verità è che voleva essere il primo della classe». Feltri? «Quando Feltri divenne direttore del Giornale, lui e Belpietro che era allora vicedirettore, passeggiavano ogni pomeriggio in via Dante, sotto la redazione de La Voce. Era un gesto di sfida e di scaramanzia quello di Feltri. Feltri non poteva saperlo, ma ogni pomeriggio Montanelli gli faceva le corna: le corna di Montanelli».