Sam Falls: come costruire un astro nascente
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Sam Falls: come costruire un astro nascente

Opere vendute prima delle inaugurazioni: ecco l’artista dalla carriera (finora) perfetta.

Fino a qualche tempo fa Sam Falls (classe 1984) era uno dei tanti artisti di belle speranze che ciclicamente il fertile terreno dell’arte contemporanea americana fa germogliare. Ma quando la scorsa estate si è saputo che la galleria dei sogni di ogni artista emergente, quella di Eva Presenhuber a Zurigo, avrebbe inaugurato la stagione successiva con una sua personale, il mondo dell’arte ha capito che la giovane promessa era diventata un astro nascente. È interessante cercare di capire quali sono le ragioni del fenomeno, a prescindere da ciò che in questo caso non manca, ovvero una forte dose di talento.

Sam Falls studia pittura al Reed College di Portland, nell’Oregon, ma il suo interesse è per la fotografia di grande formato, che nel frattempo coltiva lavorando in uno studio di lì. Ma, visto che se vuoi davvero fare l’artista Portland non è il luogo migliore, Falls decide di spostarsi a New York, per frequentare il prestigioso (e assai oneroso) Icp-Bard program dell’International center of photography. Da qui la fulminea ascesa, frutto di idee chiare, conoscenza dell’ambiente e scelte commerciali azzeccate, soprattutto riguardo a persone e gallerie. Nello stesso anno in cui frequenta il master, cioè il 2010, Falls espone da Higher Picture, culla di talenti come Jessica Eaton, Artie Vierkant e Letha Wilson. Per un breve periodo condivide lo studio con un altro enfant prodige, Lucas Blalock, e si moltiplicano le collaborazioni. La più importante è quella con la rivista Daze and confused, che lo invita a sviluppare una serie di opere su Björk (compagna di un artista culto degli anni Novanta, Matthew Barney). I lavori escono sul numero di agosto del 2011, e nello stesso momento anche Urban outfitters gli commissiona una serie di immagini. Il nome di Falls comincia a girare online, anche grazie alla produzione di libri d’artista, una quindicina in tutto, che documentano passo dopo passo le mille vie del suo pensiero creativo. La visibilità s’impenna.

Come ha notato Christopher Phillips nell’ampio articolo su Falls pubblicato lo scorso anno da Art in America, «l’artista a questo punto avrebbe anche potuto limitarsi a ripetere il suo modello». Invece Falls fa ricerca e, quando l’anno successivo presenta i risultati nella personale alla galleria M+B di Los Angeles, il lavoro convince tutti, collezionisti inclusi. Perché, come nota Vincenzo De Bellis, apprezzato direttore della fiera d’arte contemporanea di Milano (MiArt), che Panorama incontra alla mostra zurighese, «questo artista non è un’invenzione di qualche curatore, ma è l’effetto di una vera richiesta di mercato». Infatti per lui, prima dei musei e delle biennali, sono arrivati i grandi galleristi: Metropictures (New York), Balice Hertling (Parigi) e, appunto, Eva Presenhuber.

A Zurigo a incantare il pubblico è stata la serie dei Rope paintings, dipinti eseguiti appendendo la tela a una corda intrisa di colore. Ma la novità è una serie di 16 dittici composti da altrettante fotografie scattate dalle finestre dello studio dell’artista a Los Angeles, poi appese a muri prefabbricati ed esposte con essi alle intemperie del deserto, a formare, di fatto, un ambiente esploso in 16 vedute separate. Risultato del sofisticato meccanismo concettuale: tutto venduto ancora prima dell’inaugurazione.

«Di lui» dice Eva Presenhuber «mi ha impressionato la capacità di decifrare quel che lo circonda, di prenderne con la massima serietà ogni aspetto». Compreso quello tattico. A nessuno dei molti presenti a Zurigo è sfuggito che la personale di Falls cade in significativa concomitanza con quella che la Kunsthalle Zürich dedica a Wade Guyton, considerato il Pollock dei nostri giorni. Ma il talento dell’Indiana, classe 1972, celebre per avere sostituito la stampante a getto d’inchiostro al pennello, qui ha stupito solo per le dimensioni delle opere, mentre il suo linguaggio da troppo tempo si ripete. Falls invece non si stanca di sperimentare.

Dopo la mostra da Balice Hertling in autunno, e la presentazione al pubblico dell’opera che un collezionista milanese ha concesso al Madre di Napoli, Falls arriverà in Italia a dicembre, con una personale alla T293 di Roma. Marco Altavilla, gallerista di punta della nuova generazione, parla di lui come di una persona «sicura e molto determinata» e ricorda come per Falls la figura della madre sia un punto di riferimento artistico, oltre che umano. In effetti, basta dare uno sguardo al sito della signora Deborah, pittrice a sua volta, per capire da dove venga davvero la fortuna di Sam, l’artista dalla carriera finora perfetta.

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Stefano Pirovano