Scippo di Stato
Un libro su come l'Anas, le Ferrovie e le Poste sono state depredate nel corso degli anni
Negli anni della Prima Repubblica c’erano dei ministeri, definiti chiave da parte dei partiti di governo, per il semplice motivo che questi rappresentavano un importante bacino elettorale, una raccomandazione di qua e una di là. I più importanti erano il Dicastero delle Poste e Telecomunicazioni e quello dei Trasporti.
Oggi, il primo non esiste più (fa parte del Ministero dello Sviluppo Economico) e il secondo si è trasformato in Ministero delle Infrastrutture. Ai due ministeri facevano capo le Poste, le Ferrovie e l’Anas. Con il passare degli anni, tra privatizzazioni varie e autogestioni, possiamo paragonarli a tre ciclopi con tanto di trave nell’unico occhio disponibile.
A questi tre splendidi carrozzoni statali è dedicato il saggio di Daniele Martini, Scippo di Stato. Così ci hanno rubato strade, ferrovie, Poste e servizi essenziali (edizione PaperFirst).
Ognuna di queste società ha avuto per circa un decennio un proprio padrone, una sorta di Re Sole che ha regnato incontrastato: Pietro Ciucci per l’Anas, Mauro Moretti per le Ferrovie e Massimo Sarmi per le Poste. Tre manager non certo in grado di avere una visione strategica lungimirante per le rispettive aziende.
La vicenda del ponte crollato sulla superstrada Milano-Lecco, e che ha provocato anche una vittima, rappresenta uno dei tanti disastri della gestione Anas. Nel giro di poche ore è cominciato lo scarica barile tra la società e il comune su chi avesse la colpa della mancata chiusura al transito del ponte già pericolante. Il problema è che dal 2009 a oggi è il dodicesimo ponte che collassa nella penisola. Il primo fu quello sul Po tra San Rocco al Porto e Piacenza e che provocò quattro automobilisti feriti, di cui uno grave.
“L’Anas è irriformabile, va chiusa per legge e rifondata. Vanno mandati via tutti con gli incentivi o spediti in qualche altro ufficio pubblico. Vanno tenuti i pochi indispensabili e assunti 50 ingegneri veramente bravi”. Parola di Mario Zamorani, ex boiardo dell’Italstat (le imprese pubbliche del mattone del gruppo Iri) e poi passato agli onori delle cronache come “il manager più inquisito d’Italia” ai tempi di Tangentopoli. Ipse dixit.
Le Ferrovie rappresentano il classico esempio di un’Italia che viaggia a due velocità; da una parte ci sono i privilegiati, i fortunati, che viaggiano con tutti i confort del Frecciarossa; dall’altra, invece, ci sono gli sfigati pendolari che sono costretti a utilizzare dei veri e propri carri bestiame per raggiungere il posto di lavoro subendo ogni genere di disservizio. Anche in questo caso, purtroppo, ci sono le tragedie a evidenziare il problema; l’ultimo è il gravissimo incidente avvenuto il 12 luglio scorso dove due treni si sono scontrati sulla linea, a binario unico e con il consenso telefonico (nel 2016 esiste ancora il consenso telefonico) tra Andria e Corato in Puglia e che ha provocato ben 23 morti. Anche alle Ferrovie c’è stato un padre padrone, Mauro Moretti.
Last but non least ci sono le Poste, quelle che una volta rappresentavano l’unico punto certo della Penisola. In ogni città, paese, borgo o villaggio, c’era un ufficio postale che dava la possibilità a tutti gli italiani di ricevere o inviare anche una semplice cartolina. Ma, soprattutto, c’era la certezza che quella cartolina arrivasse a destinazione. Oggi non è più così perché le Poste, grazie soprattutto a Massimo Sarmi, è diventata una banca che propone prodotti finanziari e che “riesce a perdere dove tutti guadagnano: più di 200 milioni di euro in 6 anni, una cinquantina di milioni solo nel 2015”. Stiamo parlando del settore dell’e.commerce e dei corrieri espresso. Infatti, per chi non lo sapesse, le Poste sono proprietarie di Sda Express Courier e, nonostante tutte le agevolazioni del caso, questo corriere non funziona per nulla perché, sempre secondo i lungimiranti e strapagati dirigenti, questo servizio non rientrava nelle loro strategie.
Sarmi è stato liquidato nel 2014 con quattro annualità a titolo di incentivo e un'altra come indennità per il mancato rinnovo del rapporto di amministrazione (nel 2013 era il manager di stato più pagato con uno stipendio lordo di 1,56 milioni, 1.185.000 come amministratore delegato e 378mila come direttore generale).
Ciucci è stato liquidato con 1.825.745 euro e 53 centesimi(779.682 euro e 83 centesimi come «anzianità contributiva globale» e altrettanto come «indennità per mancato preavviso» più un Tfr pari a 266.397 euro).Con quei soldi ha fondato l’Associazione nazionale amici delle strade (Anas).
Moretti ha rinunciato alla liquidazione perché è diventato amministratore delegato e direttore generale di Leonardo Finmeccanica con uno stipendio di 1,17 milioni al lordo delle tasse però.