Vent'anni fa la strage di Srebrenica: un libro per non dimenticare
"Come se mangiassi pietre": la voce delle donne che persero i loro mariti, figli e padri
"Era l’ultimo giorno dell’anno in cui iniziò la guerra (1992). Portavamo aiuti alla città assediata. Eravamo entrati in Bosnia dal sud. Prima che calasse il crepuscolo riuscimmo a scorgere villaggi disabitati. Case e templi rasi al suolo. Ci chiedevamo che fine avessero fatto gli abitanti". Comincia così il reportage di W.L. Tochman Come se mangiassi pietre in uscita per Keller editore l'11 luglio, nel ventennale della strage di Srebrenica.
Un reportage che porta dentro quella guerra, come in un salto temporale, senza soluzione di continuità. In maniera tanto semplice quanto drammatica.
"Passavamo attraverso Mostar senza vederla. La città scorreva invisibile fuori dai finestrini, come una foresta. Qualcosa sembrava baluginare nei rettangoli scuri delle finestre, ma non si capiva cosa. Il pensiero di fermarsi, di addentrarsi in quella foresta, ci faceva accapponare la pelle. Poco prima di raggiungere Sarajevo fummo fermati dai soldati serbi. Erano ubriachi. Un momento sorridevano, e il momento dopo esplodevano in grida di rabbia. Così per tutta la notte, fino all’alba. Al mattino ci confiscarono una parte del carico e ci autorizzarono a entrare in città. Si gelava", si legge nelle prime pagine.
Poi la guerra prende forma, insieme al racconto terribile di quell'11 luglio 1995, in cui Srebrenica si trasformò nel palcoscenico di una strage. le truppe serbo-bosniache guidate dal generale Ratko Mladic entrarono nella zona protetta sotto la tutela delle truppe olandesi e della Nazioni Unite. morirono 8372 musulmani. Che l'uomo potesse, ancora una volta, creare fosse comuni, fare rastrellamenti e uccidere altri uomini in nome della diversità, al mondo non sembrava più possibile. Ma naturalmente si stava sbagliando.
Con questo libro, Tochman, direttore dell'Istituto Polacco di Reportage di Varsavia e allievo di Ryszard Kapuscinski, torna sui luoghi di quella guerra con le donne che quel giorno hanno perso mariti, padri, figli, per saper che ne è stato di loro. L'indagine si conclude nel 2003, quando le donne poterono dare sepoltura a quei corpi nel cimitero islamico. Così, scrive:
"L'Imam invita gli astanti a raccogliersi davanti alla moschea, al lato sud del cimitero. Solo per oggi, in deroga alle regole coraniche, permette alle donne – che qui hanno perso figli, mariti, padri – di genuflettersi davanti ad Allah insieme agli uomini. Quelle rimaste finora a capo scoperto annodano i fazzoletti. Il Reis-ul- Ulema esorta i fedeli a voltare pagina, auspicando che il desiderio di vendetta ceda il posto alla riconciliazione. Esorta l’Europa a impegnarsi sul fronte della verità e della giustizia. E infine il Mondo, perché mai più a nessuno, da nessuna parte, capiti un’altra Srebrenica".