Cafiero De Raho: «È necessario fare memoria contro la mafia»
Per il procuratore nazionale antimafia emerito e attuale vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia, «non bastano le parole, non basta il ricordo, perché occorre impedire che ciò che è avvenuto si ripeta»
Trent’anni dopo, l’estate delle bombe e degli attentati contro lo Stato risuona sinistra nei ricordi di quel tratto di storia repubblicana: una serie di attentati dinamitardi preparati ed eseguiti da Cosa Nostra, riecheggia nella nostra memoria a testimoniare che, in fondo, tre decenni sono un arco temporale ancora troppo breve per poter archiviare quei terribili giorni. Come il 27 e il 28 luglio del 1993, quando due potenti esplosioni a Milano e a Roma, riportarono l’opinione pubblica indietro di un anno esatto, alle stragi di Capaci e Via D’Amelio, La strategia dinamitarda tornava prepotente a scuotere palazzi e coscienze, potere costituzionale e opinione pubblica.
Panorama.it ha chiesto, in esclusiva, un parere autorevole a Federico Cafiero de Raho che ci ha indicato la via da seguire. Trent’anni dopo…
Dottor De Raho, siamo alla trentesima commemorazione di Via Palestro
«Alle 23.14 del 27 luglio del 1993, Cosa Nostra faceva esplodere un ordigno di straordinaria potenza che cagionò la morte dei Vigili del Fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, e dell’agente di Polizia locale Alessandro Ferrari; trovò la morte anche un cittadino del Marocco, Moussafir Driss, colpito da una lamiera, mentre dormiva su una panchina. Altre 12 persone riportarono lesioni, anche con postumi permanenti».
Stessa strategia a Roma, qualche minuto dopo…
«Meno di un’ora dopo, alla mezzanotte e tre minuti e alla mezzanotte e otto minuti, del 28 luglio 1993, ancora Cosa Nostra faceva esplodere a Roma, nel piazzale della Basilica di San Giovanni in Laterano e nel porticato antistante la Chiesa di San Giorgio al Velabro, due ordigni della medesima composizione di quello confezionato per la strage di Milano. Rimasero ferite 22 persone e si verificò il crollo di alcune strutture portanti di tali luoghi di culto».
Un nuovo attacco allo Stato, 365 giorni dopo Capaci e Via D’Amelio?
«Le bombe di Milano e Roma si inseriscono in un piano strategico di attacco allo Stato che era stato avviato con le stragi e gli attentati di via Fauro in Roma del 14 maggio e di via dei Georgofili, in Firenze, del 27 maggio. Le indagini sviluppate hanno consentito di provare la responsabilità dei vertici di Cosa Nostra, tra i quali Salvatore Riina, Giuseppe e Filippo Graviano, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella, Matteo Messina Denaro e degli altri dirigenti, a tutti i diversi livelli».
Era la strategia “stragista”…
«Esatto, per finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine costituzionale e per agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso di Cosa Nostra, e, più in particolare, per contrastare i provvedimenti legislativi e amministrativi a favore dei collaboratori di giustizia in materia di regime carcerario, con l’intendimento di affermare l’autorità mafiosa in contrapposizione a quella dello Stato».
Sono passati trent’anni esatti, i capi storici della mafia (Riina, Provenzano, Messina Denaro) sono stati catturati. Lo Stato ha reagito all’attacco criminale…
«Il contrasto alle mafie è vera e propria lotta dello Stato per la piena affermazione della legalità. Lo Stato, applicando le leggi, con l’osservanza delle regole, ha individuato i responsabili di quelle stragi proprio nei vertici di Cosa Nostra. Proprio il recente arresto di Matteo Messina Denaro ha posto termine ad una latitanza che, incomprensibilmente, si protraeva da oltre trent’anni».
Dott. De Raho, quanto accaduto può ripetersi? Il suo è un parere autorevole…
«Certo, potrebbe, il pericolo esiste, ecco perché non dimenticare è il dovere principale di tutti noi. Evitare che si ripetano gli orrori del passato è oggi una necessità. Ricordare, oggi, è onorare la memoria delle donne e degli uomini che hanno perso la vita in quelle stragi; ed è, al tempo stesso, il segno di una rispettosa vicinanza che intendiamo esprimere ai familiari delle vittime e a tutti coloro che hanno subito l’azione criminale mafiosa».
Non è che si corre il rischio di cadere nella sterile retorica?
«Non bastano più le parole, non basta il ricordo, è necessario fare memoria, che è qualcosa di più. E’ la ferma volontà di impedire che ciò che è avvenuto si ripeta. Non è il silenzio, né l’oblìo ciò che ci preserva dal pericolo di reiterazione degli orrori delle stragi. Al contrario, occorre parlare e impegnarsi per diradare le nubi che ancora gravano sullo scenario torbido delle stragi: occorre fare chiarezza, verità e giustizia».
A proposito di stragi, per quella di Bologna si avvicina l’ennesimo anniversario…
«Gli ulteriori elementi emersi dal processo per quella terribile carneficina evidenziano la centralità della figura di Paolo Bellini, emersa nel corso delle indagini sulle stragi continentali, in relazione all’individuazione del patrimonio storico culturale, come obiettivo di pressione e di aggressione mafiosa».
Le trame oscure sono una costante nella strategia stragista: la politica dovrebbe compattarsi…
«Occorre, oggi, ancora affrontare tanti altri punti oscuri di cui parlano le sentenze: in questo sforzo di approfondimento cognitivo non ci possono essere divisioni. La politica, questo Parlamento, devono essere uniti e convinti che insieme è possibile lavorare, senza strumentalizzare gli eventuali passi in avanti che possono essere compiuti».
All’opinione pubblica interessa molto l’atteggiamento della politica.
«La verità e la giustizia non appartengono ad una sola parte politica, ma sono un’esigenza di tutto il Paese, di tutto il popolo italiano. Coltivare la memoria, infatti, è un dovere di noi tutti. Per i familiari delle donne e degli uomini che hanno trovato la morte in quelle stragi si tratta di una ferita che non si rimarginerà mai».
Dalla polvere delle stragi riemergono i fantasmi…
«Quell’orrore continuano a vivere coloro che sono sopravvissuti alle stragi, riportando lesioni con postumi a volte permanenti, nel corpo e nella mente. È nostro dovere attuare un impegno forte, aprendo gli archivi tutti, laddove possano rinvenirsi elementi utili per una migliore lettura di questi fatti orribili».
Il suo impegno continua come vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia. E ha ripreso ad incontrare la gente.
«In tanti aspettano il nostro impegno, come uomini delle istituzioni. Personalmente sono ritornato nelle piazze ad incontrare la gente: qualche giorno addietro ho partecipato a Praia a Mare, in Calabria, ad un incontro culturale sull’indicibile legame tra ‘ndrangheta, massoneria e servizi deviati che ha reso quella terra il luogo da cui si è generata la più pericolosa holding criminale del pianeta. Non posso sottrarmi al dibattito pubblico…».