2023, l'anno d'oro delle banche
Utili in crescita esponenziale, tassa sui profitti rivista, e nuove rivoluzioni in vista
C’è chi ringrazia la politica dei falchi di Francoforte e festeggia: sono le banche italiane. Mentre cittadini e imprese pagano l’innalzamento dei tassi (con le erogazioni di mutui diminuite del 40% e gli sfratti aumentati del 15%), le banche nel 2023 faranno 43 miliardi di euro di utili, un aumento del 70% rispetto all’anno scorso. Non ci sarebbero questi numeri senza i super tassi della Bce, imposti con l’obiettivo di contenere l’inflazione e portarla al 2%. E la manna continuerà visto che la presidente della Bce Lagarde pochi giorni fa ha detto chiaramente che un’eventuale riduzione non avverrà prima dei “due prossimi trimestri”, quindi fino a luglio 2024.
In un’Europa prossima alla recessione, dopo dieci rialzi dei tassi che hanno depresso i consumi delle famiglie e gli investimenti delle imprese ecco che invece il 2023 sarà ricordato come l’anno d’oro per le banche italiane. Le stime della Fabi (Federazione autonoma bancari italiani) parlano di un anno da record degli istituti di credito italiano: 43,431 miliardi di euro di utili. Nel 2022 erano 25 miliardi, quindi un incremento del 70%. È il triplo rispetto al quinquennio precedente: nel 2021 gli utili erano stati 16,4 miliardi, 15,7 miliardi nel 2019, 15,1 miliardi nel 2018, nel 2020, causa Covid, solo 2 miliardi. Quest’anno (nei primi nove mesi) gli utili dei primi cinque gruppi bancari è di 15,7 miliardi di euro. I super tassi hanno fatto da volano. La sola componente riconducibile ai tassi è cresciuta del 56% rispetto stesso periodo del 2022 garantendo quasi 28 miliardi di profitti alle prime cinque banche italiane. I quasi 50 miliardi complessivi di ricavi sono stati sostenuti prevalentemente dai ricavi legati agli interessi sul credito a imprese e famiglie (27,6 miliardi), corrispondente a quasi il doppio di quanto incassato dalle commissioni su servizi e attività di risparmio gestito (15,9 miliardi). Senza i dieci rialzi dei tassi d’interesse da parte della Bce non ci sarebbero questi numeri. A pagare molto di più quest’anno per i servizi e per il credito bancario sono stati i cittadini e le imprese e le banche hanno fatto utili da record.
Ma lo Stato non incasserà quasi nulla. La tassa sugli extraprofitti introdotta dal governo è stata infatti molto ammorbidita (su forti pressioni dei banchieri e di Forza Italia poi). E quindi i gruppi bancari hanno una “via di fuga” a disposizione: destinare a riserva un importo pari a 2,5 volte l’ammontare della tassa piuttosto che versare l’imposta al fisco. Guardando solo ai 5 grandi istituti di credito nel nostro Paese si tratta di 4,2 miliardi di euro non incassati dallo Stato nel 2023.
Se le banche ringraziano Francoforte, così non fanno cittadini e imprese. Da gennaio a settembre le erogazioni di mutuo sono diminuite del 40% rispetto allo stesso periodo del 2022, mentre il numero di finanziamenti concessi è calato del 37%. L’importo medio è sceso di 10mila euro. "Su 3,5 milioni di famiglie con un mutuo in corso, per un valore di oltre 430 miliardi di euro, più del 36% ha un mutuo a tasso variabile - si legge nello studio realizzato con Nomisma - e in questo caso la rata raggiunge livelli di allerta per tutte le fasce di reddito fino a 1.900 euro netti mensili, con un peso che arriva a superare il 60% del reddito netto di queste famiglie". Cittadini e imprese in affanno, mentre le banche festeggiano e ringraziano Francoforte.