Ha 50 anni "Panavia", che inventò il "Tornado" | foto
Nato nel marzo 1969, il consorzio progettò e costruì il primo caccia nato in Europa, spina dorsale dell'Aeronautica Militare Italiana dal Golfo alla Serbia, dal Kosovo alla Libia
Fino a poco più di un ventennio prima si erano combattuti nei cieli dell'Europa in guerra. Nel marzo 1969 gli ex nemici davano vita al consorzio nato dalla tedesca Messerschmitt-Bolkow Blohm, dalla britannica British Aircraft Corporation e dall'italiana Fiat Aviazione battezzato "Panavia" con sede a Monaco di Baviera.
L'obiettivo della nuova realtà tutta europea era quello di progettare e realizzare un nuovo cacciabombardiere multiruolo che fosse in grado di sostituire gli ormai obsoleti caccia americani F-104 Starfighter e, per quanto riguarda l'Aeronautica Militare Italiana e la Luftwaffe, anche i vecchi Fiat G-91.
Inizialmente avrebbero dovuto far parte del consorzio anche il Belgio ed il Canada, che tuttavia abbandonarono il progetto a pochi mesi dalla nascita di Panavia mentre la Francia scelse di puntare sull'industria nazionale con il Dassault "Mirage".
Nel cuore della Guerra Fredda, i tre protagonisti europei si divisero lo sviluppo e la realizzazione delle diverse componenti del cacciabombardiere e degli armamenti: alla Messerschmitt Bolkow-Blohm andò la costruzione della fusoliera centrale, alla British Aircraft Corporation la parte anteriore compresa la cabina di pilotaggio mentre alla Fiat Aviazione (poi Alenia e oggi Leonardo) fu commissionato l'assemblaggio delle superfici alari.
La nascita di una "macchina entusiasmante" (1969-1981)
Le prime notizie sulla stampa internazionale furono divulgate alla metà del 1969, parallelamente alla notizia del tramonto del progetto civile europeo dell'"Aerobus". Il nuovo bireattore, che secondo le prime indiscrezioni avrebbe dovuto chiamarsi "Pantera", si ispirava ad uno dei caccia più avanzati dell'epoca, l'F-111, caratterizzato dall'importante innovazione delle ali a geometria variabile. Questa soluzione permetteva al futuro caccia multiruolo una serie di vantaggi in termini tattico-strategici come la bassa velocità di stallo e la possibilità di operare come STOL (Short Take Off and Landing) nonché di volare a bassissima quota in funzione anti-radar.
Il Tornado, classificato come MRCA (Multi-Role Combat Aircraft), era un cacciabombardiere bireattore i cui propulsori furono anch'essi sviluppati in ambito europeo da Rolls-Royce, dalla tedesca MTU e da Fiat Avio. Il risultato, il turbofan Turbo Union TU RB199, erogava una spinta di ben 73 Kn. La potenza combinata dei due motori era in grado di spingere il Tornado fino alla velocità massima di 2.400 Km/h (Mach 2,2) ad alta quota e di ben 1,480 Km/h alle basse quote.
Per quanto riguarda l'armamento, il multiruolo era equipaggiato con 2 cannoni calibro 27 e fino a 9.000 Kg di armi (bombe e missili aria-aria, aria-terra e serbatoi supplementari).
Il prototipo del Tornado volò quasi cinque anni dopo la nascita di Panavia, decollando dall'aeroporto militare di Monaco-Manching il 14 agosto 1974.
Ai comandi dei collaudatori Paul Millet (BAC) e Nils Meister (MBB) il primo Tornado (P-01) dalla livrea bianco-rossa staccava dalla pista per un volo sperimentale durato mezz'ora, durante il quale l'aereo dimostrò pienamente le sue entusiasmanti caratteristiche, fatto che dimostrava che il divario tecnologico con gli Stati Uniti era definitivamente colmato. Il Tornado era una macchina affidabile e versatile, forte nel ruolo di difesa aerea come in quello della superiorità nella protezione delle truppe a terra, fino all'eccellenza nel bombardamento a bassa quota a terra e sul mare.
Il primo Tornado italiano volò dall'aeroporto di Torino-Caselle il 5 dicembre del 1975 pilotato dal pilota collaudatore Egidio Nappi, ma bisognerà attendere ancora 6 anni per la consegna del nuovo gioiello europeo ai reparti dell'Aeronautica Militare.
Durante le ultime fasi di sviluppo e di costruzione degli esemplari di pre-serie, la storia del Tornado fu caratterizzata da una "spy story" che venne alla luce in Germania. Nell'agosto del 1976 il giornale "Die Welt" fece trapelare la notizia dell'arresto di due cittadini, un belga e un tedesco, colti nell'atto di consegnare in una valigia il progetto del Tornado ad un ente spionistico del blocco sovietico e fermati in extremis dal controspionaggio della Germania occidentale.
Il primo esemplare operativo del Tornado fu consegnato in Italia al Reparto Sperimentale di Volo dell'Aeronautica Militareil 3 marzo 1981, mentre il primo Reparto a schierarlo in linea sarà il 154° Gruppo, parte del 6° Stormo basato a Ghedi (Brescia). Era il 27 settembre 1982.
LA STORIA OPERATIVA DEL TORNADO NELL'AERONAUTICA MILITARE ITALIANA
PRIMA GUERRA DEL GOLFO (1990-91)
Esattamente un decennio dopo la consegna del primo esemplare, i Tornado italiani furono per la prima volta impiegati nei cieli di guerra del Golfo Persico durante la crisi internazionale innescata dall'occupazione del Kuwait da parte delle truppe irachene di Saddam Hussein. All'Operazione "Locusta" parteciparono 6 Tornado provenienti dal 6°, 50° e 36° Stormo dalle basi di Ghedi, Piacenza-San Damiano e Gioia del Colle. Fu il primo intervento dell'Aeronautica Militare Italiana in un' operazione bellica dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. I velivoli in configurazione IDS (Interdizione e attacco al suolo) superarono le 500 ore di volo in 226 sortite dalla base di Al Dhafra (Emirati Arabi). Durante una di queste missioni fu abbattuto il Tornado M.M.7074 del Maggiore Gianmarco Bellini e del Capitano Maurizio Cocciolone. La notte tra il 17 e il 18 gennaio 1991, caratterizzata da avverse condizioni meteo, il Tornado italiano fu l'unico a raggiungere l'obiettivo a nord-ovest di Kuwait City. Durante l'incursione a bassissima quota il cacciabombardiere fu colpito e abbattuto dalla artiglieria contraerea irachena, mentre i due militari riuscirono ad eiettarsi. Fatti prigionieri dall'esercito di Saddam, saranno rilasciati alla fine del conflitto nel marzo 1991.
I BALCANI (BOSNIA 1995 e KOSOVO 1999)
I caccia multiruolo italiani presero parte all'Operazione NATO "Deny Flight", seguita alla risoluzione n. 816 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, con l'obiettivo di interdire il volo nello spazio aereo della Bosnia Erzegovina al fine di garantire la sicurezza di intervento dei caschi blu durante il conflitto nello stato della Ex-Jugoslavia, spesso bersaglio delle artiglierie serbo-bosniache. Essendosi rivelati insufficienti i primi interventi, che non riuscirono ad impedire il massacro di Srebrenica, gli alleati della Nato passarono ad una nuova operazione, in codice Decisive Endeavour, con la partecipazione di 8 Tornado. Parallelamente l'AMI impiegava i caccia multiruolo nell'operazione "Sharp Guard" a protezione delle unità navali NATO nell'Adriatico con la partecipazione di 8 velivoli Panavia "Tornado".
Tra il 1997 ed il 1998 la situazione nei Balcani precipitò nuovamente in seguito all'apertura della grave crisi del Kosovo, che portò a durissimi scontri e a massacri finalizzati alla pulizia etnica. Fallita la mediazione dell'ONU di Rambouillet, la NATO approvò l'intervento militare. Per 78 giorni i cacciabombardieri NATO bombardarono le installazioni militari e strategiche serbe. Tra questi l'Italia mette a disposizione 50 aerei tra i quali i Panavia Tornado (IDS e ADV) del 6° e 50° Stormo basati a Gioia del Colle e Piacenza. Dal 24 marzo 1999 i cacciabombardieri effettuarono centinaia di sortite, impiegando i missili AGM 88 "Harm", GBU-16 e bombe MK82 da 250 Kg.
AFGHANISTAN (2002)
I Tornado dell'AMI saranno impiegati nuovamente in Afghanistan nell'ambito della forza di stabilizzazione ISAF (International Security Assistance Force) schierati presso la base tedesca di Mazar-e-Sharif. Nel giugno del 2007 i caccia multiruolo sono nuovamente protagonisti all'interno della Joint Air Task Force (JATF) e costituiscono la forza aerea del Comando italiano di Herat, nella zona occidentale dell'Afghanistan, sostituiti successivamente dai caccia AMX. I Tornado impiegati nell'operazione appartenevano al 6° Stormo di Ghedi, attivi fino al 2009 nel gruppo "Devil" incaricato della ricognizione aerea finalizzata alla sicurezza della popolazione.
LIBIA (2011)
L'intervento dell'Aeronautica Militare Italiana sui cieli della Libia cominciò con la partecipazione alla "no fly zone" stabilita dalla risoluzione ONU nel marzo del 2011 allo scopo di proteggere la popolazione civile libica. Quando la NATO prese il comando delle operazioni, l'AMI diede la disponibilità di sette basi e dei propri aerei. Iniziava in quei giorni la più importante operazione militare per i velivoli italiani dalla Seconda Guerra Mondiale. Nell'operazione chiamata in codice "Odyssey Dawn" furono impiegati oltre agli F-16, agli AMX e agli Eurofighter, anche i "vecchi" Tornado pronti all'intervento sulla superficie della base aerea di Trapani-Birgi. I multiruolo Panavia nella versione EDR (Electronic Combat Reconnaissance) messi a disposizione dal 50°Stormo ebbero il delicato compito dell'inibizione e neutralizzazione dei radar nemici. Gli attacchi al suolo furono affidati anche ai Tornado in configurazione IDS (Interdiction and Strike) appartenenti al 6° Stormo, a cui sono stati affidati anche gli obiettivi di ricognizione e sorveglianza, affiancati dagli AMX e dagli aerei senza pilota Predator-B, che hanno realizzato oltre 300.000 fotografie ad altissima definizione sugli obiettivi militari e strategici.